Novelle (Bandello)/Seconda parte/Novella XIX

Da Wikisource.
Seconda parte
Novella XIX

../Novella XVIII ../Novella XX IncludiIntestazione 30 luglio 2010 75% novelle

Seconda parte - Novella XVIII Seconda parte - Novella XX

Il re Lodovico undecimo con arguto risposta


morde Lodovico suo genero duca d’Orliens.


Il signor conte di Pontremoli ci ha narrato molte belle cose in commendazione del re Lodovico undecimo, padre di Carlo ottavo, che al tempo di papa Alessandro sesto col braccio del duca di Milano venne in Italia e senza romper lancia prese il regno di Napoli, ben che assai poco, per il tristo governo dei ministri che vi lasciò, lo tenesse. Fu il detto Lodovico re uomo di suo capo, e vivendo il padre, che Carlo settimo si chiamava, venne in discordia seco; e fuggendo fuor del reame di Francia, si condusse in Borgogna, ove da Filippo duca d’essa Borgogna fu graziosamente raccolto, col quale dimorò fin a la morte del padre. Fatto dapoi re di Francia, ebbe assai che fare, e secondo che egli dal padre era fuggito, un suo fratello da lui discordandosi, fu cagione che tutto il reame de la Francia andò sossopra e quasi tutti i baroni di detto regno contra lui rebellarono. Ma tra gli altri che piú infesti gli furono, fu Lodovico duca d’Orliens, che fatto re di Francia si chiamò Lodovico decimosecondo. Ora il detto Lodovico undecimo essendo in Parigi dai baroni assediato, e con aiuto di Francesco Sforza, primo di questo nome, duca di Milano, che gli mandò Galeazzo suo primogenito sotto la cura dei conte Gasparo Vimercato, liberato da l’assedio, fece di modo che con ingegno ed arte superò tutti i baroni rubelli, dei quali alcuni fece morire. E per meglio stabilir le cose sue, diede una sua figliuola per moglie, che Giovanna si chiamava, a Lodovico duca d’Orliens; la quale egli dopo la morte di Carlo ottavo suo cognato repudiò e prese la reina Anna, stata moglie d’esso Carlo. La duchessa Giovanna si ridusse a Burges in Berrí, ove fabricò un santissimo monastero di monache ed ivi visse molto santamente, e dopo morte si dice che ha fatto di molti miracoli. Ma torniamo al proposito nostro. Io vi dico che la detta Giovanna duchessa d’Orliens era di corpo assai mal formata, perciò che era forte sciancata da uno dei lati. Oltra questo, il suo viso non era di quegli angelici e belli del mondo, ma teneva un poco di quelli dei Baronzi; degli occhi, pareva che l’uno guardasse a oriente e l’altro verso occidente; il naso era forte camuffo, con una bocca di rondinella. E se la natura nel formarle il corpo le era stata madrigna, quanto piú l’aveva composta brutta tanto nostro signor Iddio l’aveva fatta d’animo veramente regio e generoso. Erano poi in lei tutte quelle donnesche vertú e doti che ad ogni donna di grandissimo stato si ricerchino. Ora avvenne un dí, che essendo il re in una sala ove tutti i baroni de la Francia si ritrovarono, che erano venuti ad Ambosia ove il re congregati gli aveva per gli affari del reame, per intender l’openione de la piú parte di essi baroni e signori; avvenne, dico, che essa madama Giovanna volendo partir di sala e andar in camera, prese licenza dal re suo padre e si partí. Come ella fu di sala uscita, il duca d’Orliens suo marito cominciò a la presenza del re e di tutti i baroni a lodare e senza fine magnificar la moglie, dicendo che egli non aveva mai conosciuta la piú gentile, discreta ed avveduta donna in tutta Francia, né altresí la piú costumata di quello che era sua moglie. E poi che gli onesti modi, le cortesi maniere, le gratissime accoglienze, le pronte e sagge risposte, l’antiveder accorto e provido ed i consegli prudentissimi con il savio governo ebbe con molte ed accomodate parole alzato fin a le stelle, e quanto piú si possa lodato ed essaltato, cominciò ad entrare in un altro campo e voler correr un arringo in lodar le bellezze di lei. E quivi il buon duca disse che sua moglie era bellissima e che aveva un polito e leggiadro viso, con mille altre favole. Il re che le lodi appartenenti a l’animo de la figliuola aveva volentieri e con piacer grandissimo ascoltato, perciò che chiaramente conosceva che il genero diceva il vero, essendo la figliuola gentilissima e da bene, non averebbe voluto che il duca fosse passato piú avanti. Ma come egli sentí lodarla de la bellezza del volto e di proporzione de’ membri, di cui chi non era piú che ceco la vedeva priva e forte manchevole, si turbò molto e mostrò la turbazione in viso, tenendosi senza dubio esser da suo genero beffato, e credendo che cosí come egli diceva le manifestissime bugie in dir che la moglie era bellissima, che anco con animo contrario avesse detto le lodi de l’animo. Il perché, come scaltrito che era ed avveduto, dissimulò piú l’ira che puoté e deliberò con una mordacissima risposta, senza mostrar ne le parole sdegno alcuno, di vendicarsi. Onde al genero rivolto, che tuttavia le bellezze de la moglie andava lodando, cosí disse: – Duca d’Orliens, voi certamente dite il vero e mi piace molto che conosciate le vertú di mia figliuola, vostra moglie. Ma a tante lode quante voi le date, io voglio che un’altra volta quando perfettamente la vorrete lodare, voi le diate un’altra eccellentissima lode che data non le avete, assicurandovi che voi direte la pura veritá. E questa è che mia figliuola di madre onestissima e pudicissima nacque. – Il duca, udita questa parola, tutto nel viso arrossí, ed abbassati gli occhi a terra, piú non parlò, perciò che publica fama e chiaro grido era che la madre del duca mentre visse era stata poco pudica ed onesta del suo corpo; la quale era stata figliuola del duca di Cleves. Certamente il detto fu mordacissimo; nondimeno fu gentilmente usato a luogo e tempo, e non parve che si fosse ito a posta a cercare.


Il Bandello al suo compare


Antonio Maria Colorno Fantino


Eccovi, compar mio carissimo, che la fortuna m’ha dato comoditá di potervi donar una de le mie novelle e farvi intender cosa che pur vi fará ridere, essendo voi cosí cordial amico di quei religiosi che santamente vivono e nemico di quelli che si danno a le lascivie e piaceri. Eravamo a Pinaruolo in quei dí che il signor Cesare Fregoso era luogotenente generale in Italia del re cristianissimo, nei quali un soldato del signor Malatesta d’Arimini, trovando un povero prete che si giaceva con una donna, a quello tagliò via con i testimonii il membro e per téma de la giustizia se ne fuggí. E ragionandosi diversamente tra i soldati di questo fatto secondo che l’openioni degli uomini sono diverse, vi si trovò Barrahan sergente maggior del campo, il quale sorridendo disse: – Non vi meravigliate di ciò che ha fatto Colla da Bretinoro contra il sere, perché la gelosia è una mala bestia e fa far di questi e di maggiori errori, cosí acceca ella i cervelli agli uomini come a loro s’appiglia. Ma se a me toccasse a dar il castigo, mi pare che la pena si deveria dar a la donna, che voleva tener i piedi in una scarpa e d’una figliuola far dui generi. A casa mia si dice: «Castiga la cagna, se non vuoi che consenta al cane». Ma sia come si voglia: io mai non studiai, né son dottore che sappia decidere le questioni. Ben, se non vi spiace, vi narrerò un caso avvenuto ad un prete di Bergamasca, al quale stette molto bene ciò che fatto fu, poi che egli, due e tre volte essendosi di giorno empito i fianchi, vi volle anco ritornar la notte. – Pregato dai compagni che dicesse ciò che voleva, narrò la novella che io ora vi mando, parendomi certo, come la leggete, vedervi smascellatamente ridere e dire: – Ecco che ser Bachiocco ha avuta la sua. Vada mò a tentar le nostre donne. In fé di Dio che egli ha ciò che merita. – Sí che, compar mio, sapendo che la novella molto vi piacerá, ve la dono e voglio che col vostro nome in fronte sia letta e veduta. State sano.