Novelle (Sercambi)/Novella XXXII

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Novella XXXII

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Novella XXXI Novella XXXIII
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XXXII


Essendo molto piaciuta al preposto et alla brigata la novella ditta della nuova monaca, e volendo da’ religiosi sentire qualche moralità, disse loro che cominciassero. Loro presti disseno:

«Colei non è donna, ben che donna
dimostri per sua vesta
alcuna; <io> conterò che cosa è donna:
femmina per virtù diventa donna
s’ell’è in ogni atto onesta;
così ritorna femmina da donna
incontenente, s’ell’è disonesta.
Ogni vertù è per figura donna:
adunque non è donna
colei che ’l viso da vertù rivolve.
E non dé donna amar per folle amore,
ma il disio d’amore
dé acordar a quel che li occhi volve;
ché dé voler d’onesto amor l’efetto,
del disonesto no, ch’è van diletto».

Udito il preposto il bel dire, rivoltatosi a l’autore comandandoli una novella seguitasse fine alla città di Todi saranno giunti, l’autore disse che di una bella novella contentrà la brigata; dicendo: [p. 149 modifica]


DE AVARITIA ET LUXURIA

Di Pierozzo e monna Soffìa in Perugia.


Carissime donne, e vo’, omini desiderosi di udire alcuna volta l’inganni che si fanno alle donne che per denari vituperano e’ loro mariti e parenti, dico che innella città di Perugia, là u’ stanotte siamo dimorati, fu un banchieri e mercadante nomato Pierozzo, omo servente di denari e massimamente a’ soldati forestieri da’ quali avea molto guadagno. Avendo il ditto Pierozzo una moglie giovana di xxiiii anni bella e balda nomata monna Soffìa, e molte volte avendo fatto fallo al suo marito, più tosto per denari che per amore ad altri portasse, per la qual cosa in alcuno luogo stretto fu di lei parlato.

E infra l’altre volte che di lei si dicesse si fu un giorno presso a uno carnelevale dove era uno messer Bernardo tedesco, capo di xxv bacinetti e soldato in Perugia. Lo qual messer Bernardo, essendo giovano e cognoscendo monna Soffìa di Pierozzo, s’innamorò di lei, pensando se costei con altri ha fatto fallo, agevolmente doverne aver diletto. E datosi a sentire e vedere in che modo potrà il suo pensieri mettere in efetto, per una mezzetta mandò dicendo il suo volere.

La mezzetta, ch’era già stata altre volte per sì fatte cose a monna Soffìa, li narrò la intenzione di messer Bernardo. Monna Soffìa, sentendo quello che la mezzetta li avea ditto, non avendo di lei vergogna disse: «Se messer Barnardo mi vuol dar fiorini ii cento, io sono contenta; et in caso ch’e’ stia contento, vo’ che li dichi che domenica, che serà la domenica di carnelevale, doppo desnare (che ’l mio marito sarà ito ad Ancona per mercantia) vegna a me e portimi fiorini ii cento, e io serò contenta che stia meco lo dì e la notte seguente, e poi lo lunedì mattina si parta».

La mezzetta, udendo quello monna la puttana, o vuoi dire Soffìa, avea ditto, si partìo et <a> messer Bernardo andò e tutta l’ambasciata li disse. Messer Bernardo disse: «Troppo dé aver odorifera la sua guintana, che sarè’ vasto fusse moscato volerne tanti fiorini». E fra sé pensò un bel modo, e disse alla mezzetta: [p. 150 modifica]«Và e dì a monna Soffìa che io sono contento d’aregarli fiorini ii cento e star lo dì e la notte seco; ma perché altri non si pensi di noi male, dille che io merrò meco uno famiglio e senza a lui dire niente lo mandrò a fare alcuna imbasciata, e per questo modo persona non si potrà esser acorta che io a lei sia venuto». La mezzetta disse: «Bene avete ordinato». E tornò alla donna e tutto li disse. La donna contenta disse che bene avea fatto, e messosi mano a borsa le diè uno fiorino e <a> messer Bernardo mandò a dire che tutto era in punto e che lui s’aparecchi il giorno ad andare.

Messer Bernardo, avendo ordita la tela e bisognandola tessere, pensò chiedere in presto a Pierozzo marito di donna Soffìa fiorini ii cento. Et andato a lui disse: «O Pierozzo, io ho a le mani una mercantia al mio animo desiderosa, la quale m’è promessa per fiorini ii cento, e senza quella al presente stare non posso a questo soldo; e però ti prego mi debbi servire di fiorini ii cento, e come arò le mie prime paghe te li rendrò con quello merito vorrai». Disse Pierozzo: «Volentieri». Et aperta una cassa, li prestò fiorini ii cento, dicendo: «A me conviene andare ad Ancona per certe mercantie; come avete le paghe, serbatemi li denari». Messer Bernardo disse: «Se quello che m’è promesso innanti non facesse, volete che alla donna vostra questi fiorini renda?» Pierozzo disse: «Sí».

Presi questi denari — e Pierozzo messosi in punto per andare ad Ancona e partisi di Perugia l’altro dì — , messer Bernardo sta allegro. Monna Soffìa aspetta doppia piumata — prima fiorini ii cento, apresso la sua guintana riempiuta — , e sta molto contenta del partimento di Pierozzo.

Venuto la domenica di carnolovare, monna Soffìa invitata dalla vicinanza <se> a li orti volea andare, ella rispondendo: «Pierozzo mio è ito ad Ancona e non so come si stia: io non voglio oggi uscire di casa, ma lo dì di carnolovare se altro non sento verrò»; le vicine aconcionsi, se ne vanno a li orti a godere. Monna Soffìa sta a spettare.

Messer Bernardo preso uno suo famiglio, avendolo di tutto il suo pensieri informato seco lo menò a casa di monna Soffìa, e saglie in sala dove monna Soffia aspettava. Messer Bernardo fin[p. 151 modifica]gendosi disse: «Il vostro marito mi prestò fiorini ii cento, li quali non avendoli spesi ne li rendo che quando Pierozzo è tornato le li date». E misseli in sulla taula. Lo famiglio, informato, disse: «Messere, sapete che a casa dovete esser aspettato e non essendovi, nimo non saprà niente di voi». «Or», disse messer Bernardo, «ben hai ditto. E và e dì a chi viene che io verrò, tanto che questi denari abia anomerati». Lo fante subito si partìo.

Messer Bernardo disse: «Come ci venne fatto che il fante si ricordòe di quello avea a fare!» Monna Soffìa disse: «Per certo ogni cosa ci vien fatto: prima, il mio marito esser fuori; apresso, voi adutti li fiorini ii cento e ’n contrada non esser persona che veduto ci abbia. E però noi possiamo stare in buono agio oggi e stanotte». Messer Bernardo disse: «Voi dite il vero».

E inomerati li denari, messer Bernardo prese monna Soffìa e baciandola disse che le piacesse contentarlo di quello che più volte ha disiato. Monna Soffìa aparecchiato la sua guintana a ricevere li colpi della punta della lancia di messer Bernardo, distesasi sopra il letto riverta, la guintana aperta, messer Bernardo montato a cavallo colla lancia ritta percosse in guintana e fu di tutta la guintana vincente. E quattro volte, prima che sera fusse, la punta della sua lancia innella guintana di Soffìa misse e quella dentro tenendovi tanto che da se stessa la lancia n’uscìa. E come fu il dì tenuto vincitore della giostra, cosí la notte piú di sei colpi colla sua lancia innella guintana percosse. La mattina coronato di vittoria si partìo, e monna Soffìa allegra che la sua guintana avea portato l’onore sopra tutte le guintane di Perugia, e ralegrandosi de’ fiorini auti e molte volte innomerandoli.

E passato alquanti giorni della quaresima, Pierozzo tornò d’Ancona. Messer Bernardo ciò sentendo subito prese il suo secreto famiglio et a casa di Pierozzo se n’andò. E fatto richiedere Pierozzo, <Pierozzo che> sente che messer Bernardo lo richiede, disse che venisse su. Messer Bernardo, che avea il suo famiglio fatto comprare alquante anguille grosse et alcune tinche del lago di Perugia, è montato in sala. Subito Pierozzo dicendoli <che novità, messer Bernardo> presente monna Soffìa: «Voi sapete che mi prestaste fiorini ii cento quando vi partiste, per alcuno mio bisogno; e io [p. 152 modifica]quelli non potendo spendere li adussi a monna Soffìa vostra donna, come mi diceste, presente questo mio famiglio. E perché a me fu sommo servigio, posto che io quelli non spendesse vò’ che voi con monna Soffia abiate queste anguille e queste tinche e che le godiate per mio amore, non per rispetto del servigio ma per domestichezza». Pierozzo, che ode che alla moglie ha renduto li fiorini ii cento, non avendoli nulla ditto le disse: «Oh, tu non me n’hai ditto nulla». Lo famiglio astuto disse: «Pierozzo, in mia presenzia messer Bernardo lel diè».

La donna subito comprese la malizia di messer Bernardo e disse: «Io pensava dirtelo a più agio, ma poi che messer Bernardo dice che a me li rendéo elli dice vero; ben credea che fussero stati d’altra mercantia che di presto, e arei voluto che alla ragione della mercantia tu li avessi messi». Pierozzo disse: «Io lel prestai il giorno che di qui mi partì». Messer Bernardo: «Voi dite vero, e per certo il servigio fue a me grande e però sempre mi vi tegno obligato». La donna come baldanzosa disse: «O a me non vi tenete obligato? Già sapete che io sono una volta moglie di Pierozzo, e così dovete essere obligato a me come a lui». Messer Bernardo, che di lei avea avuto quello volea, cognoscendola cattiva disse: «Madonna, innelle nostre contrade li mariti portano le brachi et a loro si dé render reverenzia. Et io vo’ oservare la legge del mio paese però che a Pierozzo de’ denari prestati li son sempre obligato e non a voi». Pierozzo che ode sì bel parlare dice alla donna: «Messer Bernardo ha ditto quello che si conviene». E preso l’anguille e le tinche, messer Bernardo si partìo, e Pierozzo colla moglie rimane.

Monna Soffia vedendosi così esser beffata, pensò di non cadere in tal fallo mai con persona che per quel modo riabia quello che dato l’avesse. E così oservò poi.

Ex.º xxxii.