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Novelle e racconti (Carrer)/I Fratelli

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I Fratelli, idillio

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La Famiglia del naufrago Fatti e parole, fiori e frutta
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I FRATELLI.

Idillio.

È l’ora del sagrifizio. Gl’incensi vaporano soavemente l’aria circostante all’altare, che, impregnata di quel profumo, si direbbe più atta a ricevere le sonore inpressioni dell’organo. Il sacerdote, tutto chino nella persona, è intento ad orare, e i cerei che scintillano sovra il suo capo sembrano scuotersi nelle loro fiammelle all’appressare del grande mistero.

Che vuole quella truce faccia d’uomo, che se ne sta ginocchioni a lato l’altare? Egli è prostrato dal canto ove il sacerdote poco prima ebbe a leggere la lezione dell’Apostolo delle genti. Con una faccia tanto truce che è egli venuto a fare nel recinto della pace, in ora tanto solenne? Ma la sua fisonomia si va più e più sempre mansuefacendo; diresti che ad ogni ondata d’incenso che sale, ad ogni nota della sacra armonia, ad ogni parola del divino uffizio, si spiccasse dall’anima turbolenta ed astiosa una parte della sua ferità! Non è a dubitare che quando il labbro del sacerdote pronunzii il commiato, colla faccia volta ai fedeli, chi era entrato nel tempio con pensieri di sangue, non ne esca desideroso di abbracciare il nemico.

Ma un rumore si è fatto udire fuori della porta, e un riverbero d’armi è guizzato sull’oppo[p. 310 modifica]sta parete, ov’è dipinta la faccia mansueta del Redentore con l’agnella sopra le spalle. Sottovia è una leggenda che dice: Io sono il buon pastore, venite a me perchè io vi amo. — A quel romore, a quel riverbero d’armi, la faccia dello sconosciuto torna a rannuvolarsi. Le mani, ch’erano per congiungersi ad orare, sviate da un impeto subitano, sono alla spada. E il sacerdote continua intanto ad offerir sull’altar il suo sagrifizio d’amore.

Dal lato opposto all’uomo inginocchiato, ossia dal lato ove fu letto il vangelo, entra un’altro uomo non dissimile punto del primo. Le porte della chiesa non sono interdette a chicchessia: i sicarii possono entrare essi pure, perchè il Dio che s’immola sull’are morì anche per essi. Gli occhi dell’uomo testè entrato colgono prima la faccia dell’uomo che pregava. Ritraendosi di là inorriditi, scontraronsi nel buon pastore ritratto sulla parete. Allora gli sorsero in cuore questi affetti: Che farai? In questo luogo? In quest’ora? Oh il fratricidio! Davanti l’altare? Nuovo Caino, hai forse invidia al fervore ond’egli è mosso a pregare? Ristette.

Una voce che pareva sorgere di sotterra, gli susurrava altamente: E s’egli ti fugge? Sono sette lunghi anni che tu lo cerchi! L’ipocrita! Il vile! Si ridusse a securtà nella chiesa. O forse che imprechi alla tua vita, e chiami Dio aiutatore della vendetta. Su via! E si moveva. Ma in piedi è anche l’altro. Si guatarono, si rico[p. 311 modifica]nobbero; sono dessi, i fratelli! Ma il sacerdote è nel mezzo; ha le mani alte, e nelle mani alcun che di misteriosamente tremendo. Prodigio! Diresti che gocciasse sangue, vivo sangue: appunto come sul Golgota. L’organo ha cessato le sue melodie: odi un confuso stridore come d’arpa cui rimangano improvvisamente spezzate le corde. Il sacerdote continua imperterrito il suo sacrifizio.

Sonosi uccisi? Fuggirono. Quell’odio sì antico, sì traboccato, ebbe a ritegno l’altare. Fuggirono; si erano trovati dopo sette anni, forse non si ritroveranno mai più. Partirono un verso oriente, l’altro verso occidente: il giro della terra è assai vasto, e movendosi con direzione opposta, hanno molto che fare prima di rincontrarsi. L’aure ritornarono a poco a poco odorose, la voce dell’organo si rifece soave. Solo al di fuori rimane ancora una livida traccia ne’ due opposti lati per dove passarono i truculenti, e di lontano direbbesi che si facesse udire la fuga affrettata di due cavalli che galoppano per opposto cammino.

Sette anni dopo, nel tempio stesso, a quella stessa ora, quando celebravasi il sacrifizio, l’uomo di sangue è rientrato. Ma il rivale? È lì ginocchioni nell’attitudine stessa di compunto raccoglimento. Questa volta la misericordia non vale: il tempo, anzichè attenuare, ha rincrudito la rabbia. Si avventa, ma il braccio fratricida non trova che una tomba, e un’immagine d’uomo, che [p. 312 modifica]in attitudine di preghiera sorge scolpito su quella. — Anch’io voglio essere qui sepolto! Oh almeno la tomba ricongiunga i fratelli! Fra tanto che arrivi il mio giorno, datemi il cappuccio de’ penitenti; io voglio salmeggiare dì e notte da lato a questo sepolcro.

Quando il pentito, rendutosi frate, ha terminato il suo salmo, una voce costantemente risponde: Amen! Nessuno saprebbe dire donde parta quella voce; giacchè gli altri frati si tacciono, guardandosi confusi l’un l’altro. Ma il pentito continua, e pare non d’altro consolarsi che di quella voce. Forse è la tomba che gli risponde?