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Nuovo vocabolario siciliano-italiano/LE

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LE

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LA LI

[p. 528 modifica] Leali. V. liali e seguenti.

Lealtà. s. f. Fedeltà, candidezza nel prometter ed osservar la parola: lealtà.

Lebbra. s. f. Spezie di malattia della pelle: lebbra.

Lebbru. s. m. T. zool. Quadrupede piccolo noto, con dita alle zampe: lepre. || sapiri unni cci dormi lu lebbru, sapere il verso, conoscere tutto: vedere dove la lepre giace; star sicuro: tener il capo tra due guanciali. || cuori di lebbru, timido. || lu lebbru assicuta lu cani, quando le cose vanno al rovescio. || pigghiari decozioni di pedi di lebbru, fuggire. || cu’ du’ lebbri voli assicutari, l’una e l’autra veni a perdiri, chi vuol far due cose a un’ora, non ne fa nessuna: chi due lepri caccia, l’una non piglia e l’altra lascia. || è lebbru, ma di vulpi avi tri parti, si dice di chi s’infinge.

Lecca. Nella frase firriari la lecca e la mecca, andare girando per il mondo.

Leccu. s. m. Quel suono con cui si chiamano, o s’incitano a camminare i cavalli o le altre bestie da soma; onde fari lu leccu: dar la voce, sdrisciare. || leccu. V. lecu. Onde fari lu leccu, imitare. || Esca, allettamento, cosa che attrae: lecco.

Lèchiru. add. Scaltro, astuto (Rocca).

Lècitu. V. licitu e derivati.

Lècu. Protesi di ecu. V. Anco i Toscani hanno questa protesi: leco.

Lècuru. s. m. T. zool. Uccello verde e giallo con macchie nere; la femmina è nera nella testa, e bianca sotto la gola; il maschio ha la gola scura: lucherino, lècora. Fringilla spinus L.

Lèfanu. s. m. T. zool. Locusta maschio: lupicante.

Leffa. s. f. Foglia delicata del ciafaglione (Gr. λεφος: velo).

Lega. s. f. Unione con patto fra più individui o stati: lega. || fari lega o essiri di lega, esser d’accordo: essere a una lega. || Unirsi, accompagnarsi anco nelle idee: far lega, accordare. || Misura di tre miglia: lega. || Qualità, mescolanza di metalli secondo diverse proporzioni: lega.

Legaccia. V. ligaccia.

Legali. add. Di o da legge, secondo la legge: legale. || In forma di s. giureconsulto: legale.

Legalità. s. f. Qualità di ciò che è legale: legalità.

Legalizzari. v. a. Render legale, autentico: legalizzare. P. pass. legalizzatu: legalizzato.

Legalizzazzioni. s. f. Il legalizzare: legalizzazione.

Legalmenti. avv. Secondo la legge: legalmente.

Legami. s. m. Cosa con che si lega, ma usato più nel senso fig. legame.

Legari. v. a. Attaccare, unire con laccio, corda, ecc.: legare. || Far legati, cioè lasciti: legare. P. pres. leganti: legante. P. pass. legatu: legato.

Legatàriu. s. m. Quegli in pro di cui è fatto il legato: legatàrio.

Legateddu. V. legatuzzu.

Legatu. s. m. Il lasciato altrui per testamento: legato.

Legatuzzu. dim. di legatu: legatuzzo.

Legazzìa, Legazzioni. s. f. Ambasceria: legazione. || – apostolica, privilegio dei Re di Sicilia di rappresentar da sè il legato papale, ora abolito: legazione apostolica.

Leggenna. V. liggenna e seguenti.

Leggerizza. V. liggirizza.

Leggermenti. avv. Con leggerezza: leggermente.

Leggeru. V. lèggiu. || fig. Volubile: leggiero.

Leggiamenti. V. leggermenti.

Leggibbili. add. Che si può leggere: leggibile.

Leggioni. s. f. Corpo determinato di soldati; gram numero: legione.

Lèggiri. v. a. Scorrere coll’occhio e raccorre coll’occhio le lettere stampate e scritte: lèggere. || leggiri li corna, far un’aspra riprensione: far una spellicciata, spellicciare. || leggiri ’n frunti, conoscer a’ contrassegni: legger in fronte o nel volto. || Prov. ognunu sapi leggiri a lu so libbru, ognuno sa le cose sue: ognuno legge le sue carte. || leggiri currettu, leggere senza incespicare: leggere corrente. P. pass. liggiutu o lettu: letto (A. V. ital. leggiuto).

Lèggiri. s. m. Il leggere, lettura: lèggere. || Pron. cci voli lu leggiri di pasqua, esser lungo stucchevolmente come il passio: esser più lungo del sabato santo.

Leggislativu. add. Aggiunto della potestà di far leggi: legislativo.

Leggislaturi. s. m. Chi fa leggi: legislatore.

Leggislazzioni. s. f. Formazione di leggi: legislazione.

Leggista. s. m. Chi attende allo studio delle leggi: legislatore.

Leggittimari. V. liggitimari e seguenti.

Leggìttimu. V. liggìtimu.

Lèggiu. add. Che non ha molta gravità: leggiero, leggieri. || Snello, veloce: leggiero. || leggiu di panni, vestito d’abiti leggieri: leggiero di panni. || a leggiu, posto avv., leggermente, lievemente. || Per adagio. || jiri a leggiu, andar piano piano: andar adagio. || stari a leggiu: con leggiero desinare. || Detto di terra, vale senza seminata: vota. || Detto di bestia, senza soma: vota. Sup. leggissimu: leggierissimo.

Lèggiu. avv. Leggermente: leggiero.

Leggìu. s. m. Strumento sul quale si sostiene il libro: leggìo.

Lèiri, Lèjiri. V. leggiri (Sp. leer) (A. V. ital. lejere. Vita di Cola di Rienzo).

Lemmu. s. m. Vaso fondo di terra cotta, ad uso [p. 529 modifica] di lavare stoviglie o che: catino, còncola. || Sproposito: scerpellone. (Gr. λεβης, vaso in cui lavansi i piedi. Pasq.).

Lena. s. f. Respirazione: lena. || Posa, riposo: lena. || met. Vigore, forza da durar nella fatica: lena. || a tutta lena, posto avv., con ogni possibile sforzo: a basta lena. || fetiri la lena, puzzar il fiato.

Leniri. v. a. Raddolcire, rammorbidare: lenire (Mort.).

Lenitiveddu. (D. B.) dim. di lenitivu.

Lenitivu. add. Che ha forza e virtù di raddolcire, lenificare: lenitivo. S’usa anche s.

Lentamenti. avv. Con lentezza: lentamente.

Lenti. s. f. Cristallo convesso da ambe le parti: lente. || Quegli occhiali che non istanno fissi agli occhi: lenti. pl.

Lentiscu. V. stincu.

Lentissimamenti. avv. sup. Lentissimamente.

Lentu. add. Tardo, pigro: lento. || Contrario di teso, di tirato: lento, lente. || Detto di fuoco, non gagliardo: lento.

Lentu. avv. Lentamente: lento. || lentu lentu, lentissimamente: lento lento.

Lenturi. s. m. Lentezza: lentore. || Poca vigoria a cagione d’infermità: lentore.

Lenza. s. f. Fascia di pannolino: lenza. || Cordellina di crine a cui s’appicca l’amo per pigliar i pesci: lenza. || Fascia o altra legatura di cui ci serviamo per uso di stringere: strettoja. || a lenza, posto avv., pronto, disposto. || mittirisi a lenza, tender alcuna insidia, mettersi all’ordine. || mettiri a lenza, far mancare l’abbondanza di checchessia, tenere stretto a danaro: tener a stecchetto, tener corto. Significa pure: tener a dovere. || stari a lenza: star corto a... scarso di... || Star a dovere. || lenza di cimedda: lenza da cannella. || – di funnu: lenza immobile o di fondo. || – a manu: lenza a mano. || lenzi lenzi. dicesi di stoffa logora, stracciata, che casca: strambelloni, brandellata. || lenza di muraturi: corda (D. B.). || tagghiari lenzi di carni, dir a uno il peggio che si può: levar i brani o i pezzi di alcuno. || Listino bianco che si mette nei collari dei preti: velino, collarino. || murari a lenza, colla guida della corda; murare a corda.

Leopardu. s. m. T. zool. Fiera simile al tigre, macchiato di nero, ha la coda lunga: leopardo. Felis leopardus L.

Lepidamenti. avv. Facetamente: lepidamente.

Lepidizza. s. f. Facezia: lepidezza.

Lèpidu. add. Piacevole, giocondo: lèpido. Sup. lepidissimu: lepidissimo.

Lepra. V. lebbra.

Lepru. V. lebbru.

Lepuri. s. m. Grazia, garbo: lepore.

Lepurusamenti. avv. Graziosamente. (Pasq.)

Lepuruseddu. add. dim. Alquanto lepido.

Lepurusu. add. Con lepore, grazioso.

Lèrcamu. V. èrramu.

Lèsina. s. f. Strumento appuntato con cui si fora la pelle, il cuojo per cucirlo: lèsina. || met. D’uomo intrigante: fintone, ficchino. || E d’uomo avaro, spilorcio: lèsina. || studiari la lèsina, essere ristretto, far da spilorcio: studiar la lèsina. || lesina d’inchiantiddari, usata dai calzolai: lèsina da solettare. || – di junciri, altra specie: lesinina.

Lesinanti. (Mal.). add. Avaro, sordido: lesinante, lesinajo, stillino.

Lesineddi. V. asineddu. || V. lisinedda.

Lesioni. s. m. Offesa, danno: lesione. || Presunzione, arroganza, fasto: spocchia. || Ambizioncella. || Tal certa vanità, ricercatezza di attillatura: lindezza. || chi lesioni hai?: che pretensioni hai? || Crepatura sottile nel muro: pelo. Onde fari lisioni: far pelo, incrinare, quando le mura di volte comincian a dar segni di crepamento.

Lesivu. add. Che porta lesione: lesivo.

Lestamenti. avv. Con lestezza: lestamente.

Lestu. add. Destro, pronto: lesto. || Astuto, assentito: lesto. || Allestito, apparecchiato: lesto, fornito. || Pronto. || essiri lestu di manu, esser ladro: esser lesto di mano. || cu’ è lestu è mortu, si dice per ischerzo a chi dice esser lesto, e vale che allora uno non ha altro da fare quando vien la morte. || lestu lestu, fatto alla presta: lesto lesto. || è lestu, è finito, è morto, è spacciato, si dice di cosa e di persona: è bell’e ito. || è lestu iddu, quando uno monta tosto in bizza: eccolo lì! || lestu comu un gattu, agile: lesto come un gatto. || Per avv.: lesto. Fanf. nota nel suo Voc. d. u. Tosc. come i Toscani soglion usare gli aggettivi spesso come avv. Sup. lestissimu. lestissimo.

Lestu. avv. Lestamente: lesto.

Lesu. add. Da ledere: leso. || lesu di testa, pazzerone: cervellino. || lesu vale anche acconcio in vestiti: attillato, lindo. || Stravolto, pieno, presuntuoso: trònfio. || essiri lesu di una cosa, vantarsene, farsene bello: tenerci, andarne superbo. O anche: piccarsi di una cosa.

Letamaru. V. munnizzaru.

Letamenti. avv. In modo lieto: lietamente.

Letami. s. m. Stabbio, concime: letame.

Letargu. s. m. Oppressione di cerebro cagionata da come continuo sonno: letargo. || fig. Indolenza crassa: letargo.

Letarisi. V. litarisi.

Letificari. v. a. Far lieto: letificare (Mort.).

Letìzzia. s. f. Contentezza derivata dal godimento presente di cose che dan gusto, gioja: letìzia.

Letta. s. f. Il leggere: lettura. || Per quantità, e si dice di ingiurie, parole ecc. p. e. una letta di paroli: una carta d’ingiurie (Guerrazzi), una buona rincanata, una bottacciata (Nerucci). || diriccinni ’na letta: dirgliene una fitta. S’intende sempre di parolacce o villanie.

Letterali. add. Secondo il significato della parola, alla lettera: letterale.

Letteralmenti. avv. Secondo la lettera, la parola: letteralmente.

Letteràriu. add. Appartenente a lettere: letteràrio.

Letterateddu. dim. di letteratu: letteratino, letteratello (il secondo sa di spregio).

Letteratu. s. m. e add. Che sa di lettere: letterato. Sup. letteratissimu: letteratissimo.

Letteratuni. accr. di letteratu: letteratone.

Letteratura. s. f. Scienza di lettere; l’insieme delle opere letterarie: letteratura. [p. 530 modifica]

Lettu. s. m.Arnese da dormirvi su, noto: letto. (pl. letti e lettira). || Appoggiatojo o sostegno a checchessia: letto. || Lo strame che si mette sotto alle bestie per coricarvisi: letto delle bestie. || Ne’ cocomeri, zucche e simili, la parte che posa in terra. || Il fondo de’ fiumi, mari, ecc.: letto. || Quell’asse dove i fornai mettono il pane prima di infornarlo, coprendolo anco con una coperta di lana. || – di lu conzu, i lacci della palamite quando son gettati a mare o lor vengono attaccati i sugheri: la trave. || – sbattutu: spiumacciato. || – di viaggiu: portatile. || – di campu: letto da campo, tavolato pei soldati. || – di riposu: lettuccio. || – di zita : letto geniale. || – a du’ piazzi, per due persone: letto a due. || T. fond. di caratt. Pezzo di ferro grossetto, largo un pollice, lungo quanto è larga la cartella, a traverso cui è fermato, e che dall’un de’ capi termina nella forchetta: pezzo lungo (Car. Voc. Met.). || jiri a lettu comu li gaddini, a buon’ora: andar a letto quando i polli. || cunzari lu lettu, raccomodarlo: acconciare, fare o rifare il letto; e scunzari lu lettu: disfar il letto. || fig. Preparare o acconciar checchessia, disporre: far letto. || Prov. a lettu strittu curcati ’mmenzu, per non cadere, e in senso fig. bisogna cercar il certo quando vi son cose dubbie: in letto stretto mettiti nel mezzo. || essiri jittatu ’nt’on lettu: giacere a letto. E si dice più espressivamente quando uno è ammalato, o grave o da molto, essiri ’nt’on funnu di lettu: essere in fondo di letto. || primu lettu, secunnu lettu, prime o seconde nozze. || isari lu lettu, alzar le materassa, rammontandole: abballinarlo. E si dice fig. quando il povero va arricchendo che si fa il letto migliore, si compera i trespoli ecc.: || Prov. lu lettu è rosa, o è bona cosa, si nun dormi s’arriposa, il letto è sempre buono: il letto è buona cosa chi non può dormir riposa. || stari a lettu e nun durmiri è ’na pena di muriri, è chiaro. || aviri lu pani a lu lettu, presa l’idea dei fornai che fanno stare il pane prima di infornarlo un poco a riposare, e si dice fig. per indugiare onde riuscir meglio allo scopo. || unni è lu lettu è lu rispettu, là ove si soggiorna si hanno e si usano i riguardi. || lettu, tavula e focu nun ti dicinu levati di ddocu, o lettu e focu nun ti partiri di ddocu, piaccion sempre: dice il foco sta qui un poco; dice il letto sta qui un pezzetto. || lu lettu e lu focu fannu addivintari l’omu dappocu: letto e fuoco fan l’uom dappoco. || lettu caudu fa minestra fridda, chi dorme non guadagna il desinare: il letto caldo fa la minestra fredda. || lettu metti affettu, si dice a chi non si marita di genio, sperando che poi il convivere faccia nascere l’affetto: la tavola e il letto mantien l’affetto. Si può dir pure contro que’ consorti che dormono separati, onde il prov. toscano dice: chi si divide di letto divide l’affetto.

Lettu. P. pass. di leggere: letto.

Lettura. s. f. Lezione, il leggere: lettura. || T. tip. Specie di carattere: lettura.

Letturatu. s. m. Grado dei dottori: lettorìa. || T. eccl. Il secondo dei quattro ordini minori: lettorato.

Letturi. add. Leggitore, chi legge: lettore. || Maestro di scuola: maestro, precettore, (e ant. lettore da leggere). || Colui che legge o insegna in alcuno studio o accademia: lettore. || Chi esercita il lettorato: lettore.

Lettureddu. dim. di letturi: maestrello, maestrino, precettorello.

Letturicchiu. vilif. e dim. di letturi: maestrucolo, precettorello.

Letu. add. Pieno di letizia: lieto. || a leta facci, lietamente, o con serenità. || Prov. cu’ nun è letu d’iddu nun è letu di nuddu, chi non è lieto per sè, non può mostrarsi lieto per altri. || nè tu letu, nè io cuntenti, non ha a goder nessuno. || quannu li leti mancianu, li miseri cucinanu, cosi è ancora la società che per godere alcuno bisogna che altri patisca. Verrà la volta che si godrà tutti.

Lèusi. V. lesina. || – di spata: elsa. (Pasq.).

Leva. s. f. Strumento meccanico di varie fogge per rimuovere o alzar pesi: leva. || fari leva, sollevare checchessia con leva: mettere o dar leva. || T. mil. Coscrizione forzata di soldati: leva. || tiru di leva, tiro di cannone all’atto di partire: tiro di leva. || Rete lateralmente retta dalle lance ed in cui si prendon i tonni: leva. || Arnese con cui si alza una parte della carrozza quando si deve levar una ruota; se è di legno dicesi a forficia, se a vite a napulitana (Mich, Siciliano).

Levamacchi. s. m. Colui che fa il mestiere di cavar le macchie dagli abiti: cavamacchie.

Levanti. V. livanti.

Levatacchi. V. levamacchi.

Levatrici. s. f. La donna che assiste la partoriente e raccoglie il parto: levatrice.

Levi. add. Leggieri: lieve, leve. || levi levi, posto avv., pian piano: di lieve modo.

Levigari. v. a. Render ben liscio e pulito: levigare. P. pass. levigatu: levigato.

Levimenti. avv. Leggermente: lievemente, levemente.

Levìsticu. s. m. T. bot. Pianta che fa il seme in ciocche come il finocchio: levistico. Ligustrum vulgare L.

Lèvitu. s. m. Pasta inforzata per fermentar il pane: lièvito, fermento. || moddu e levitu, a uomo tardo, pigro: accidioso, neghittoso.

Lezzioni. s. f. Il leggere: lezione. || Quella parte di cosa insegnata volta per volta dal maestro; lezione. || Capitolo breve che recitan gli ecclesiastici al mattutino: lezione. || Quel che sia scritto in tale o tal altro modo, nel codice o testo che altri consulta: lezione. || dari lezzioni, insegnare: dar lezione. || pigghiari lezioni, imparare. || dari una lezzioni, gastigare: dar una lezione.

Lezziunedda. dim. di lezzioni: lezioncella, lezioncina.

Lezziununa. accr. di lezzioni.

Supplemento

[p. 1150 modifica] Leffia. V. millafia. (In S. Giov. di Cammarata).

Lerda. V. letta al § 2 (ln Trapani).

Lesina. Sorta d’uccello: monachino (In Catania).