O inclita Ferrara
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III
PER ERCOLE PIO
CONDOTTIERE DE VENEZIANI
Morì innanzi che si combattesse a Lepanto.
O inclita Ferrara,
Benchè forte e possente
Godi felice degli Estensi Eroi,
Non men dolce e men cara
5Sia mia cetra dolente,
Il pio Guerrier piangendo, e gli onor suoi:
Qual gemma d’India, o qual tesor fra noi
Può ristorare il danno
Di grand’Alma rapita?
10O quale incanto mitigar l’affanno
Può di mortal ferita?
Ah! che morte ha le lagrime compagne,
Ed è ria Tigre chi talor non piagne.
Vide le pie sorelle
15Già tanto il Po lagnarsi,
Che trasformaro nel dolor sembianti,
Quando dall’auree stelle
Cadde Fetonte, e sparsi
Corser di Febo i corridor fumanti:
20E del Sigeo su’ gioghi onda di pianti
Per le guance divine
Tetide bella asperse;
Ed ella svelse dalle tempia il crine,
Misera allor che scerse
25Domito Achille da mortal saetta,
D’Asia, e di Troja singolar vendetta.
Ben già con flebil voce,
Ben con pianto materno
Tentò sottrarlo alle battaglie estreme;
30Ma l’anima feroce
Tutto recossi a scherno:
Spirto vago d’onor morte non teme.
Quale entro i voti alberghi orribil freme
Orba Libica belva,
35Che se rugge o se stride,
Lunge rimbomba al gran furor la selva;
Tal pianse il gran Pelide,
Visto Patroclo insanguinar la strada
Per l’alta piaga dell’Ettorea spada.
40Ratto l’ire funeste
Sparse per l’aria, e spense
In lungo obblio l’empia discordia e rea;
Quinci l’armi riveste,
Che adamantine immense
45Temprò Vulcan nella spelonca Etnea:
Ardea lo scudo, il duro usbergo ardea,
Ardea l’asta pugnace
Tra’ grandi aurei splendori;
Ma l’elmo altier dell’immortal fornace
50Vivi anche leva ardori:
Tale in sul Xanto ei formidabil corse,
E corse sì che i venti anco precorse.
Tra mille piaghe e mille,
Tra gente or vinta or morta
55Ettorre ei trasse a dura strage oscura:
Non sia vanto d’Achille;
Che spazïosa e corta
Vita mortal sempre è di Dio misura.
Ben ei l’acerba in vendicar ventura
60Del caro amico estinto,
Ogni furor dispiega;
I piè trafigge al Cavalier già vinto,
E tra le rote il lega;
Tre volte intorno alla muraglia ei gira
65De’ patrii alberghi, e seco dietro il tira.
Volve il carro e rivolve
Il Tessalo giocondo,
I destrier sferza ed implacabil fiede:
Ma tra sangue e tra polve
70Volvesi Ettorre immondo,
E dall’alte sue torri Ecuba il vede.
Forse talora odio mortal concede
Inasperir lo sdegno;
Ma se troppo trascorre,
75E varca l’ira di ragione il segno,
Mai sempre in Ciel s’abborre;
Poco dunque da lunge un Sole apparse,
Che il tutto incenerì, distrusse ed arse.
Fra tue dolci quadrella
80Tendi ora un dardo acuto,
O Musa, e canta di Peleo doglioso,
Che alla sì ria novella
Divelse il crin canuto,
E franse con dura unghia il sen rugoso.
85Già di nobile Ninfa inclito sposo
Stirpe s’udìa promessa,
Quasi celeste in terra;
Ed ora in sul fiorir la piange oppressa
Nella primiera guerra;
90Nè mira se a battaglia altri risorga,
Che più sussidio a sua vaghezza porga.
Pur con l’orribil sorte,
Pur col pianto di Troja,
Molto può consolar ne i dì felici
95L’inaspettata morte;
Che non è poca gioja
Tirar seco cadendo anco i nemici:
Quinci contempro, o Pio, modi infelici,
E miei funesti carmi
100Giungo a’ funesti suoni;
che sorgi armato, e nel gran dì dell’armi
Non folgori e non tuoni,
Nel più bel corso tuo morte t’invola,
Nè sangue Turco il tuo morir consola.
105Mal felice Guerriero,
Da te per certo in vano
Fu di battaglia la dura arte appresa,
Se nel conflitto altero
Alla tua nobil mano
110La più bell’opra esser dovea contesa.
Speranze infauste! all’onorata impresa
Vestisti i duri acciari,
Desti l’insegne a i venti,
Per fare i pregi tuoi sorger più chiari;
115Ma suon d’alti lamenti
È succeduto alla sperata gloria,
E ria pompa di Morte alla vittoria.