Opere matematiche di Luigi Cremona/Trattato di prospettiva-rilievo
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26.
TRATTATO DI PROSPETTIVA-RILIEVO.
TRAITÉ DE PERSPECTIVE-RELIEF
par M. Poudra, officier supérieur d’état major etc. (avec atlas).
Paris, J. Corréard, 1860.
Il Politecnico, volume XI (1861), pp. 103-108.
Annunziamo con piacere un’importante publicazione del signor Poudra, valente cultore della geometria moderna, ben noto ai lettori del giornale matematico redatto dal signor Terquem.
“Tutte le arti d’imitazione hanno per fine di rappresentare l’apparenza offerta da un soggetto, per un punto di vista convenientemente scelto; è dunque ovvio che una rappresentazione qualsiasi deve sottostare, al pari di un disegno o di un quadro, a regole analoghe a quelle della prospettiva...
Quando si vuol fare la rappresentazione di una o più cose prese in natura e costituenti un soggetto, si può procedere in diverse maniere:
1. Si rappresenta l’apparenza che il soggetto offre da un punto di vista scelto acconciamente, sopra una superficie che chiamasi quadro, secondo l’ordinario metodo de’ pittori, dietro le regole della prospettiva. Il quadro è in generale una superficie piana; tuttavia può essere cilindrico, come ne’ panorami, ovvero sferico, come nelle volte. In questa maniera di rappresentazione, gli oggetti, che in natura hanno tre dimensioni, sono rappresentati da figure che ne hanno due sole; lo sfondo o rilievo non è figurato che per mezzo di effetti di prospettiva.
2. Quando gli scultori vogliono rappresentare un oggetto qualsiasi, come un personaggio o un soggetto di poca estensione, essi impiegano d’ordinario l’intero rilievo. Esso altro non è che la fedele imitazione del modello nelle sue tre dimensioni, ossia è ciò che in geometria appellasi una figura simile; tale rappresentazione porge, per un punto di vista qualunque, la stessa apparenza che il soggetto guardato dal punto corrispondente. Così si fanno le statue, che ponno divenire statuette o conservare le dimensioni naturali, ovvero in alcuni casi avere proporzioni più ragguardevoli. Ma quando l’artista vuol rappresentare un soggetto alquanto esteso, specialmente in profondità, quali sono per lo più i soggetti figurati dai pittori nei loro quadri, è manifesto ch’egli, per venirne a capo, dovrà rinserrare il suo lavoro entro uno spazio limitato, in guisa da farvi entrare l’imagine di oggetti spesso assai lontani. Cosi egli non può ritrarre che l’aspetto offerto dal modello considerato da un punto di vista scelto convenientemente; ma ha il vantaggio di poter diminuire lo sfondo nel senso de’ raggi prospettivi, senza tuttavia alterare l’apparenza: egli fa allora ciò che chiamasi basso rilievo.
I bassi rilievi sono dunque imitazioni della natura, rinchiuse in uno spazio che ha minore sfondo del soggetto.
Noi diciamo che queste costruzioni devono essere assoggettate a regole geometriche analoghe a quelle che governano la prospettiva piana; per dimostrar ciò risaliamo al principio generale su cui riposa la visione.
Tutt’i corpi illuminati in un modo qualunque diventano alla loro volta corpi rischiaranti, cioè corpi che rimandano luce in tutte le direzioni. Fra tutti i raggi che partono da un oggetto illuminato, ve n’ha un fascio che arriva all’occhio dell’osservatore e gli fa discernere l’oggetto. Questi raggi formano un cono il cui vertice e nell’occhio, e la cui base altro non è che la superficie visibile dell’oggetto: formano, cioè, il così detto cono prospettivo. Se sopra ciascun raggio di questo cono si prende un punto che tenga luogo di quello da cui il raggio si parte, e produca sull’occhio la medesima sensazione, è evidente che l’insieme di tutti i punti analoghi, terrà luogo dell’apparenza dell’oggetto proposto. Se tutti quei punti saran presi in una superficie piana, quali riuscirebbero intersecando il cono prospettivo con un piano, si avrà la prospettiva piana del modello, ed aggiungendovi i colori secondo le norme della prospettiva aerea, si avrà un quadro che potrà produrre una completa illusione.
3. Se in luogo di prendere que’ punti intermedi sopra una medesima superficie piana o curva, si determinano secondo una qualsivoglia legge di continuità, e si estende la costruzione non solo ai punti visibili del soggetto, ma anche a quelli che non lo sono, cioè a quelli che sono mascherati da altri punti più vicini all’occhio, è ovvio che si potrà formare, colla loro riunione, una figura in rilievo, cioè dotata di tre dimensioni come il modello, tale però che potrà avere assai meno di sfondo che quest’ultimo, e che tuttavia osservata dal punto di vista prescelto avrà l’identica apparenza. La figura così costruita è ciò che diciamo la prospettiva in rilievo del soggetto.
Se di questa figura non conserviamo che le parti visibili, tralasciando il rimanente, o meglio collegando fra loro le diverse parti, in modo da dare solidità all’insieme della costruzione, si avrà un basso rilievo. Il risultato così ottenuto non farà forse illusione come un dipinto, perchè d’ordinario non vi si aggiungono i colori; ma esso avrà altri preziosi vantaggi, quale è quello di poter essere costruito in materiali inalterabili al sole, alla pioggia; e d’essere perciò acconcio a servire d’ornamento all’esterno o nell’interno dei monumenti.
Dietro quanto s’è detto, se bastasse prendere ad arbitrio su ciascun raggio un punto, senz’obbligo d’osservare altra regola, vi sarebbe un’infinità di figure che potrebbero essere prospettive in rilievo di uno stesso soggetto. Ma la cosa è altrimenti. Ciò che si vuole rappresentare è bensì l’apparenza del soggetto guardato da un punto di vista unico; e se il punto da cui si ha a considerare la prospettiva fosse rigorosamente limitato, come sarebbe una piccolissima apertura praticata in sottile parete, potrebbesi a rigore, con una costruzione arbitraria, avere una figura che, per quell’unico punto, avrebbe la stessa apparenza del soggetto; onde una retta potrebbe essere sostituita da una curva essenzialmente piana, contenuta nel piano prospettivo della retta. Ma allora è evidente che se l’osservatore si scostasse dal punto di vista, la curva non rappresenterebbe più per lui una retta, e così dicasi del resto; epperò la figura costruita a quel modo non esprimerebbe il soggetto dato, ma sarebbe un’anamorfosi, cioè una figura che non offrirebbe l’imagine d’oggetti distinti, se non collocando l’occhio in una determinata posizione. Siccome effettivamente il punto di vista non può essere circoscritto in maniera sì assoluta; e l’occhio può ad ogni istante scostarsene, ed in sostanza un basso rilievo, del pari che un quadro, deve bensì rappresentare l’apparenza offerta dal modello per un unico punto di vista, ma con questa condizione essenziale, non mai bene dichiarata nei trattati di prospettiva, che tale rappresentazione sia anche sodisfacente per tutte le posizioni ove l’occhio possa naturalmente arrestarsi ad esaminarla; così ne risulta essere necessario non solo che ad un punto del modello corrisponda un punto della prospettiva in rilievo, ma inoltre che ad ogni retta compresa nel modello corrisponda sempre una retta, e per conseguenza che ad un piano corrisponda un altro piano.
Per conseguenza, se il soggetto da ritrarsi ed il punto di vista sono appieno determinati: se i piani che devono limitare la rappresentazione sono conosciuti pel loro sito, riguardo al soggetto ed al punto di vista; non vi potrà essere assolutamente che una sola figura, la quale sodisfaccia alle diverse condizioni suenumerate, epperò sia la prospettiva in rilievo del dato soggetto„.
Esistono già per la costruzione dei bassi rilievi regole geometriche che guidino l’artista nella sua composizione, come ve ne ha nella pittura? Se tali regole non sono osservate nella statuaria, è egli bene prescriverne, e saranno esse accettate, ovvero si reputeranno incompatibili col fine cui si mira nel basso rilievo e contrarie all’indipendenza reclamata dal genio dell’artista?
Queste domande si propose il signor Chasles nel rapporto ch’egli fece all’Accademia di Francia, intorno all’opera del Poudra. Alle quali egli assai saviamente seppe rispondere, interrogando la storia dell’arte.
“Basso rilievo è una costruzione poco sporgente da un fondo piano o curvo, destinata a rappresentare l’insieme di più oggetti formanti una scena, che può occupare, sopratutto in profondità, un’estensione più o meno grande. Le dimensioni di questa scena ponno trovarsi singolarmente diminuite di sfondo nel basso rilievo; e l’arte dello scultore consiste nello inspirare allo spettatore, come fa la pittura in un semplice quadro, non solo il sentimento delle forme particolari delle varie parti della scena, ma anche il sentimento delle loro posizioni rispettive e delle vere distanze de’ diversi piani in cui esse si trovano. Queste due condizioni riunite offriranno all’occhio e all’intelletto l’apparenza e l’imagine perfetta del soggetto, come esso esiste realmente e naturalmente; e tale è il più elevato fine che possa proporsi l’arte del basso rilievo.
Le decorazioni teatrali, benchè vi si faccia uso della pittura e di tutti i suoi spedienti per produrre illusione all’occhio, partecipano essenzialmente all’arte del basso rilievo e dipendono dalle stesse regole di costruzione, perchè la prospettiva vi si fa sopra piani differenti e diversamente spazieggiati.
Lo stesso vale dell’architettura de’ grandi edifizi, ove si ha a determinare, dietro quelle regole, la disposizione delle diverse parti del monumento, e le forme e proporzioni de’ suoi ornamenti, come colonne, statue, volte, ecc., avuto riguardo al loro allontanamento in isfondo ed in elevazione.
La composizione de’ giardini, uno de’ rami dell’architettura ove ha la più gran parte l’effetto prospettivo, desume anch’essa i suoi principj dall’arte del basso rilievo.
La scienza de’ bassi rilievi non è dunque circoscritta all’arte plastica, propriamente detta, ma è anzi suscettibile d’applicazioni svariate, aventi tutte per fine principale l’imitazione e l’illusione.
Ciò dovrebbe autorizzarci a sperare di rinvenire nell’antichità alcune tracce delle regole che hanno potuto guidare gli artisti nelle loro composizioni. Imperocchè è noto il gusto de’ Greci e de’ Romani pei templi e pei teatri, e si sa ch’essi avevano scritto sulla scenografia, la quale divenne un’arte particolare fondata sui principj della prospettiva.
La perfezione delle loro opere in tutto rilievo, comprovata dalle testimonianze di ammirazione che molti storici contemporanei ci hanno trasmesse e dai modelli che a noi sono pervenuti, sarebbe un altro argomento per pensare ch’essi abbiano coltivato con buon esito anche l’arte del basso rilievo.
Tuttavia i loro numerosi lavori in questo genere non rispondono all’idea che abbiamo enunciato sulla destinazione e sul carattere de’ bassi rilievi, considerati nella maggior perfezione, e, sotto questo aspetto, hanno dato luogo a vive critiche..... “Se ben si esamina la maggior parte de’ bassi rilievi antichi, si troverà ch’essi non sono veri bassi rilievi, ma opere di tutto rilievo, tagliate in due d’alto in basso, di cui una metà è stata applicata e fissata sopra un fondo tutto unito1„.
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Non prima del quindicesimo secolo l’arte del basso rilievo ha assunto presso i moderni il suo carattere d’imitazione. L’importante innovazione è dovuta a Lorenzo Ghiberti che nelle porte del paradiso applicò tutti gli aiuti della prospettiva lineare, di cui egli aveva già fatto uso con grande successo nella pittura.
“La buona prova fatta da Ghiberti fu l’origine della nuova scuola fondata sulla pratica della prospettiva. Questo genere s’incontra nella maggior parte de’ bassi rilievi degli scultori celebri del quindicesimo e del sedicesimo secolo... Nel secolo decimosettimo il basso rilievo fece un nuovo progresso che gli permise di emulare la pittura ne’ quadri storici in grande. Fu un altro italiano, il celebre scultore Algardi, che concepì e mandò ad effetto questa estensione dell’arte, componendo in basso rilievo un vasto quadro di storia. La riuscita fu prodigiosa, e d’allora in poi il basso rilievo divenne una nuova maniera di dipingere, i cui principj si identificarono con quelli della pittura propriamente detta.
Bisogna dunque distinguere, nell’arte del basso rilievo, la scuola antica e la moderna; gli spedienti di questa, sconosciuti alla prima o almeno da essa raramente e lievemente usati, sono dovuti alla pratica della prospettiva nella rappresentazione delle varie parti del soggetto e nel degradamento delle loro distanze.
Questa conclusione risolve la quistione che ci eravamo proposta e ci autorizza a dire, insieme coi grandi maestri e coi più giudiziosi apprezzatori delle loro opere, che per dare all’arte del basso rilievo tutta l’estensione e l’eccellenza di esecuzione di cui è suscettibile, è d’uopo assoggettarla alle leggi rigorose della prospettiva, nel modo che la pittura sì felicemente vi si è sottomessa, verso la stessa epoca del quindicesimo secolo.
Ma quali sono queste leggi rigorose desunte dai principj della prospettiva, che i moderni scultori hanno applicato con successo sì grande, da doverle risguardare come il vero fondamento dell’arte del basso rilievo? Ossia, per dare al quesito una forma più scientifica, diremo: dato un soggetto o modello, in qual modo si costruirà una nuova figura che offra in tutt’i sensi quelle degradazioni di distanze, quali si osservano nella semplice prospettiva sopra un piano?
Questa domanda costituisce un bel problema di geometria, indipendentemente dalle sue applicazioni all’arte del basso rilievo. Sarebbe assai interessante il poter rinvenire, in qualche scritto de’ celebri scultori che hanno seguìto Ghiberti nella sua felice innovazione, almeno un cenno delle regole ch’essi osservavano per isciogliere praticamente il problema. Ma sgraziatamente essi non ne fanno parola. Ghiberti aveva scritto un trattato sulla scultura, ov’è verosimile ch’ei dichiarasse alcune regole pratiche; ma quell’opera rimase manoscritta. Si dice che ne esista ancora una copia in una biblioteca di Firenze. Facciamo voti perch’essa richiami a sè l’attenzione del governo o di alcuno zelante cultore delle arti e della scienza...„
Il primo scritto in cui troviamo alcune regole per la costruzione de’ bassi rilievi è di Bosse (1648), il quale le aveva probabilmente ricevute dal celebre Desargues. Un altro scritto sui bassi rilievi fu publicato un secolo più tardi da Petitot a Parma. Ma le regole succinte di Bosse e di Petitot erano incomplete ne’ principj e nell’applicazione, e non formavano una teoria de’ bassi rilievi. Il primo libro, a nostra saputa, nel quale la cosa sia stata considerata sotto l’aspetto geometrico, benchè ancora esclusivamente pratico, è il Saggio sulla prospettiva dei rilievi di Breysig (1792).
“In seguito, il problema de’ bassi rilievi è stato trattato, sebbene per incidenza e con brevità, in un’opera di pura geometria, con quella precisione e con quella chiarezza che sono proprie delle teorie matematiche considerate in tutta la loro generalità e in quel grado d’astrazione che loro spetta. Alludiamo al Traité des propriétés projectives des figures dell’illustre Poncelet (1822). L’autore mirando ad applicare alle figure a tre dimensioni il metodo desunto dai principj della prospettiva lineare per la dimostrazione delle proprietà delle figure piane, imaginò un processo analogo di deformazione delle figure a tre dimensioni, ch’egli chiamò teoria delle figure omologiche o prospettiva in rilievo.
In queste figure i punti si corrispondono a due a due, e sono su rette concorrenti in uno stesso punto, chiamato centro di omologia; a rette corrispondono rette, e per conseguenza piani a piani; due rette o due piani corrispondenti si intersecano mutuamente sopra un piano invariabile, detto piano d’omologia.
Dopo aver fatto uso assai esteso di questo metodo, come mezzo di prova e di ricerca in geometria razionale, il signor Poncelet mette in chiaro che due figure omologiche riuniscono tutte le condizioni da osservarsi nella costruzione de’ bassi rilievi e nelle decorazioni teatrali. E l’autore finisce con queste parole: “nous laisserons aux artistes instruits le soin de développer ces idées de la manière convenable, pour les mettre à la portée du grand nombre de ceux qui exécutent„.
Tuttavia non era quest’opera riserbata agli artisti propriamente detti, qualunque fosse il loro merito, poichè essa esigeva necessariamente il geometra abituato alle speculazioni della scienza, il solo a cui appartenga di trattare le quistioni matematiche colla precisione e la lucidità che ne spianano tutti gl’impedimenti.
Il signor Poudra, antico allievo della scuola politecnica di Francia, si è proposto di dar seguito alle idee di Poncelet, e ciò lo ha condotto a comporre un’opera (or qui annunziata), che presentata all’accademia delle scienze ne fu approvata.
L’opera è divisa in due parti; nella prima l’autore tratta, da un punto di vista generale, la costruzione delle figure omologiche ossia la prospettiva in rilievo; e nella seconda tratta delle applicazioni particolari di quella teoria alla costruzione de’ bassi rilievi propriamente detti, alle decorazioni teatrali ed all’architettura dei grandi edifici.
Termineremo colle parole del signor Chasles:
“Senz’avere il pensiero di prescrivere agli artisti l’uso esclusivo delle regole rigorose, basate sulla teoria geometrica sviluppata dal Poudra, noi esprimeremo però il convincimento che, in tutti i lavori d’arte ove si miri all’imitazione, per mezzo d’effetti d’apparenza e d’illusione, si potrà sempre consultare con frutto questo libro, ove allato di regole sicure e precise quanto quelle della prospettiva piana, di cui la pittura fa un sì felice uso, trovansi acute osservazioni e giudizi motivati che si cercherebbero forse invano in altri scritti composti in un intento puramente artistico„.
- Testi in cui è citato Noël-Germinal Poudra
- Testi in cui è citato Michel Chasles
- Testi in cui è citato Lorenzo Ghiberti
- Pagine con link a Wikipedia
- Testi in cui è citato Abraham Bosse
- Testi in cui è citato Girard Desargues
- Testi in cui è citato Ennemond Alexandre Petitot
- Testi in cui è citato Johann Adam Breysig
- Testi in cui è citato Jean Victor Poncelet
- Testi in cui è citato Charles Perrault
- Testi SAL 75%