Osservazioni di Giovanni Lovrich/Del Corso della Cettina, il Tilurus, o Nastus degli antichi/§. 8. Dell'acqua di Sutina, e luoghi aggiacenti

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§. 8. Dell'acqua di Sutina, e luoghi aggiacenti

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§. VIII.

Dell’acqua di Sutina, e luoghi aggiacenti.

V
’È un piccolo rivolo, non perenne in tutte le stagioni dell’anno, che attravversa Caracascizca, da cui prende il nome, e di verno diventa un torrente considerabile. Ora lungo le rive, ed ora sopra il letto di esso, io, mi posi a camminare non già per esaminare, se i suoi colli situati più addentro sieno di Natura Vulcanica, o s’ei conduce lave ferruginose, nere, ed altre pietre ora grigie, ora rossiccie della istessa Natura, come osservò il Fortis, ma solamente per vedere d’onde trae la sua origine, e fui chiarito, che l’acqua di Sutina, e Caracascizca sono due nomi, ed un’acqua sola. Il Torrente di Sutina non à una sorgente precisa, bensì viene formato dalle acque eventuali de’ Monti, e da taluni piccioli rusceletti, e fonti, che in lui perdonsi, tra’ quali non si lascia di numerare il torrente detto Gipalovo Urilo, ch’è nella Valle di Luçane, posto a Tramontana riguardo a Sutina. E lasciando da parte la quantità degli strati, in cui si trovano de’ Corpi marini, io volli far replicate osservazioni sopra l’albero anti-Diluviano, se così è lecito chiamarlo, che il Fortis lascia decidere a chi ne sa più di lui da qual antica accetta ci sia stato tagliato. Io per me direi, che basta un uomo non prevenuto per isciogliere tal difficoltà. La ragione, che il Fortis adduce per provar la sua antica verità è, che il tronco dell’albero era mezzo [p. 47 modifica]sotterrato, allor quando ei colle proprie mani cavando la terra, lo à messo a netto. Ma doveva egli ancora riflettere, che quellaFonte/commento: Pagina:Osservazioni di Giovanni Lovrich.djvu/269 terra potea cader dall’alto, giacchè il tronco era posto in un sito, molto atto a trattenerla. E poi se il tronco dovesse vantar grande antichità, perchè non gli è succeduta qualche incrostazione da tempi così rimoti ai nostri? Io però con tutta modestia venero la opinione del Fortis, come la più comunemente abbracciata. Ma non so comprendere qual utile si possa cavare dal carbon fossile, e dalla terra ampelitica, che suggerisce il Fortis, come cosa proficua al risparmio de’ gran boschi del littorale per la destillazione dell’acqua vite. Da un simil suggerimento dedurebbe taluno, che vi sia per la estensione di qualche miglio di questo carbon fossile. Ella non è così. Avrei sommo rimorso di assicurare così in su due piedi, che il carbon fossile si estendesse più di cento passi Geometrici. Le pareti del Vallone, per cui passa l’acqua di Gipalovo Urilo, sono solamente composte di tanti strati di carbone. Internandosi nel Monte, egli sparisce. Di gran profitto in vero egli è questo ritrovato agli abitanti delle marine per la conservazione degli alberi! Credat Judæus Apella. Ma seguitando a camminare sopra il letto del Torrente Sutina poco all’insu sopra Gipalovo-urilo, si comincia entrare in un Vallone, che si estende per tre miglia in circa, per cui scorre quasi perennemente l’acqua, e deve attraer a se qualunque Storico Naturale, cui porgerebbe occasione di far delle utili osservazioni. I due Monti, che formano questo Vallone sono altissimi, e molto alpestri, ma decorati dagli alberi in modo, che fanno dimenticare buona parte della orridezza, propria della loro situazione. L’acqua di Sutina avanti di metter ca[p. 48 modifica]po in Cettina sotto Æquum dalla parte superiore ove fu la Città, corre lo spazio di otto miglia in circa, ed arrivando a Caracascizca prende il nome di quella Villetta lasciando il primiero. Questa mutazione de’ nomi fece credere al Fortis, ed anche assegnare nella sua carta Topografica, che Cararascizca, e Sutina sieno due acque diverse: ei peraltro è molto scusabile, che non avea bene osservato il loro corso lungo le rive. Che se ciò fatto avesse, io mi persuado, neppur avrebbe scritto, che la Campagna di Sign „ è resa insalubre dall’acqua di Sutina, che vi si perde impaludando, „ ma di ciò torneremo a dire.

Oltrepassata Sutina, si entra nella Campagna di Much, che si estende per tre miglia, e più in lunghezza, ma ella è poco larga. Questa Campagna è celebre per la distinta, e buona qualità di formento, che produce. „ La più osservabile cosa, dice il Fortis, che io abbia colà veduto, furono de’ gran massi di Breccia macchiata di pagonazzo, e di altri belissimi colori. Superbe Colonne, e magnifici monumenti potrebbonsene lavorare, se il luogo fosse meno lontano dal mare, o più praticabili le strade intermedie. „ Io me ne intendo poco per parlar con ischiettezza di questa Breccia, di cui il Fortis farebbe tanti bei lavori; ma se la esperienza puote insegnar qualche cosa, si sa, che si potrebbe eseguire un qualche pezzo d’imbusto, e cose simili, non essendo costante la Breccia stessa ne’ suoi colori. Anche io avea portato meco dalla Dalmazia un superbo pezzo di di marmo, e mostratolo ad un Professore, mi disse. „ Il marmo sarebbe bello, se le stratificazioni del Monte, ov’è trovato, corrispondessero a questo pocolino, „ che non corrispondevano. Se io mi avessi dilettato di ciarlataneria, avrei fatto in[p. 49 modifica]traprendere un viaggio inutilmente a qualche intendente di questa materia, dandogli ad intendere, che vi avrebbe trovato il proprio conto. Ma il Cielo mi guardi da sì fatte imposture! Verso il Monte a Tramontana si osservan delle rovine, ricoperte di terra, e di erba, di un qualche stabilimento Romano, e non oserei decidere, se colàFonte/commento: Pagina:Osservazioni di Giovanni Lovrich.djvu/269 veramente vi fosse mai stata una Città, o no. Fra quelle rovine, vicino ad un acqua detta Stobrez si trovò, cinque anni fà, la seguente Iscrizione, che prometteva tesoro alla gente superstiziosa, ed ignorante

M. VALERIO
     DONICO
NATUS DOMO
CELEIA. E. .7. CHOR. III.
ALPINORUM. FECIT.
HERENNIA PUDEN. .
IIΠΛ



i Π CONIUGI

BENE MERENTI.

Io fui a visitare tutt’all’intorno la Chiesa di S. Pietro Situata su di una picciola collinetta, per veder se vi fosse qualche Iscrizione, ma indarno. Mi fa detta una cosa, che veramente fa compassione, che questa Chiesa, che avrebbe bisogno di essere dilatata per lo accrescimento della popolazione, che si fa di anno in anno, non la vogliono disfare alcuni Villici, perchè La tradizionale ignoranza à conservato loro, ch’ella è la prima di tutte le Chiese Cristiane, fabbricate in Dalmazia. In fatti è degno di essere lasciato ai posteri un sì prezioso monumento [p. 50 modifica]dell’antichità. Io non consiglierei però un Antiquario di muover un passo per vederlo. Il pio Parocco di S. Pietro, avendo intese le mie premure, s’inviò meco per un miglio di strada ad una Chiesa, dedicata alla B. Vergine, ove in un angolo esterno di un altare fuori della Chiesa mi fece leggere la Iscrizione, che siegue.

CASTORI ET POLLUCI

SACERUM

FABERICIA PIERIS

V. S. L. M.

E per secondare vieppiù il mio intento, mi condusse all’altro Parocco della Madonna, perchè mi dasse qualche lume migliore, se ne avesse. Qual diversità! In tuono grave il vecchio Zoccolante, che si apparava a celebrar la messa, e che non avea, ancora bene spogliati i pregiudizj della fanciullezza, (quai consistono in creder gli Storici Naturali pazzi, e gli antiquarj scava-tesori) mi disse, che „ questo è un operare contro le Leggi del Principato l’andar per le Ville a legger le Iscrizioni per iscavar de’ Tesori. „ Ma Padre, io gli dissi, sapete voi a qual uso sieno fatte tutte le Iscrizioni? Eh! rispose, siete giovine per volerla impor a me. Era in mia compagnia il ragguardevole Signor Co: Giuseppe Osner, che a cagion di onore mi giova nominarlo, per le singolari qualità, che lo distinguono, il quale abbandonate le delizie dell’Italia se ne venia meco per questi luoghi alpestri, amando meglio di osservar quì le prodezze della Natura, che altrove le finezze dell’arte. In presenza dunque di questo rinomato Soggetto forestieere mi spiaceva, che il mio Zoccolante Nazionale balbettasse [p. 51 modifica]in Italiano le suriferite pazzie. Gli dissi in Illirico, ch’è vergogna il dimostrarsi così scemo di cervello appo un Forestiere, ed. egl’inconsideratamente tornò a confermar la propria opinione, ed impaziente mi chiedea cosa volesse significare la Iscrizione, incastrata nella rozza muraglia dell’altare. Allora io, quasi sdegnato, gli dissi, facendo un misto di lingua Illirica, ed Italiana; Padre, la Iscrizione, che si legge nella muraglia del vostro altare è un voto, dedicato a Castore, e Polluce, ch’erano del numero degli Dei de’ Romani, e somiglia a que’ voti, che i Morlacchi giornalmente vi lasciano in Chiesa, colla differenza, che i Romani offrivano i voti alle false Deità, e li scolpivano ne’ sassi, perchè restassero memorie eterne, ed i Morlacchi gli offrono al vero Dio, ed a’ suoi Santi in lamette di argento, che non vi sarà già pericolo, che voi le lasciate a’ posteri. Il Frate non voleva intender ragione, ed io era più pazzo a contrastar con esso lui, e prendendo finalmente il congedo me ne andai in santa pace. Si dice, che all’intorno delle Montagne di Much vi fieno delle miniere di rame, e di ferro. Ciò si potrebbe dare, ma io non le ò vedute, nè voglio contar su le voci popolari.

Ghisdavaz, e Prugovo, che sono in qualche modo dalla parte dell’ostro rispetto alla Campagna di Much, sono due ingrate Valli, che richiedesi la schiena degli abitanti, che per dura necessità si degnano trattar la zappa, per ricavar qualche utilità dal prodotto de’ grani. Ma quel, ch’è peggio la Valle di Prugovo si converte di Verno in un profondissimo Lago, e non vi si ponno per conseguenza seminar i grani i più utili. „ Il Fiume di Salona, dice il Fortis, ch’esce già formato dalle radici del Monte, e quello de’ mulini di Traù devono probabilmente [p. 52 modifica]l’origine, e gli accrescimenti loro alle acque, che si sprofondano da questa, e simili Valli sotterra. “ 1 Si può dare, che l’acqua de’ mulini di Traù nasca dalle acque sotterranee della Valle di Prugovo, ma il fiume Salona si à osservato, che à dell’analogìa più tosto colla Cettina. Ò udito dire, che una volta si provò gettare varj sacchi di paglia in una delle voragini di Prugovo, e fu osservato, che questa paglia si trovò in un’acqua dolce ne’ scogli di Sibenico. Ma creda chi vuole a questa favola, io no. Ai tre di Luglio l’anno scorso in Dalmazia si sentì un fracasso di tuono a Ciel sereno. È cosa da ridere il sentire alcune opinioni Fisico-volgari fra noi su questo punto. Dicevano taluni di aver veduta una testa, che gettava fuoco da tutte le parti, e che in un batter di ciglio passò dall’Occidente all’Oriente. Ò sentito io pure il romore, ma non vidi testa di sorte alcuna, che butasse, fuoco, che che con prestezza mi sia posto ad osservare. Alcuni altri si mettevano in costernazione, che non dovesse predir qualche funesto accidente questo fenomeno inusitato. Diversi Morlacchi dicevano poi, che la causa dello strepito fosse stato un foco violento, escito delle viscere della terra ne’ contorni di Prugovo, nel luogo, detto, Zcerniçin Lugh. Questi ultimi ragionavano meglio degli altri, ma la maggior parte degli abitanti di que’ contorni mi assicurò, che ciò non è punto vero, io però non ebbi l’agio di esaminar personalmente la verità.

  1. Vol. 2. p. 56.