Osservazioni di Giovanni Lovrich/Del Corso della Cettina, il Tilurus, o Nastus degli antichi/§. 5. Corso della Cettina da Dragovich insino ad Æquum

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§. 5. Corso della Cettina da Dragovich insino ad Æquum

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§. V.

Corso della Cettina da Dragovich insino ad Æquum.

S
Eguitando il corso del Fiume Cettina dalla parte sinistra sette miglia in circa lontano dalle sorgenti, v’è il Vallone di Dragovich. Questo luogo, che sembra veramente una spelonca de’ ladri, e che lo fu più volte asilo, è abitato solamente da Calogeri, che possiedono quantità di terreno all’intorno, che potrebb’essere molto opportunamente impiegato al sostentamento dì alcune povere Famiglie Morlacche, cui manca. Io mi vi portai colla speranza di trovar qualche Iscrizione, portata quì da Monti superiori vicini, ove si narra, che vi sien orme di due stabilimenti Romani, uno de’ quali è più tosto esteso, e [p. 32 modifica]forse ella era una Città, di cui mi resta ignoto il nome. Non mi è riuscito peraltro di trovar veruna Iscrizione, poichè tutte, ed erano molte furono impiegate nella fabbrica del nuovo Convento de’ Calogeri. In un angolo della loro cucina, che molto eccede in nerezza la loro barba, leggesi questo frammento

PANES FECIT

SE VIVO SI

BI, ET SUIS FE

CIT.

Mi fu parlato di una Caverna a mezzo il Monte, situaro quasi perpendicolarmente sopra il Convento, ed andai a visitarla, ma dopo poco cammino convenne tornar indietro, poichè non avea meco i requisiti necessarj, per calarmi in giù da un’altezza di cinque, o sei passi. Fui assicurato da Calogeri, che penetrarono molto più addentro di me, che ivi si trova un Fiumicello sotterraneo, ed è quello, ch’esce fuori alle radici del Monte, e dopo meno di due tiri di moschetto si unisce colla Cettina. E come dopo l’angusto passo, per cui si entra nella Caverna vi sono vestigi di muraglie, i Calogeri conservano delle nojose Storielle, che ne’ primi tempi quello era il domicilio de’ loro Precessori, che facevano colà penitenza. Abbiamo osservato altrove di quante superstizioni riempian il capo de’ Morlacchi del loro rito su questo particolare. Ma questo sarebbe il meno, se non si abusassero della timida ignoranza de’ loro seguaci, de’ quali non sono già Sacerdoti, ma Padroni, e servendosi delle potenti armi della Scomunica intimoriscono il Popolo, che a guisa delle pecore corre die[p. 33 modifica]tro alle loro opinioni, che la esperienza à dimostrate in molt’incontri poco sane. In simil guisa si sa, che dominavano sopra i Moscoviti avanti Pietro il Grande. Un Frate Zoccolante fece di essi il seguente ritratto. „Tutto il sapere de’ Calogeri consiste nello scorticare i devoti: Perchè l’elemosina non cessi mai di correre nelle loro mani, danno ad intendere, che àn da fabbricare Altari, far Croci di argento, ed altro a capriccio.„ Qualche Calogero ritorce l’argomento. Io per non inimicarmi con veruno, do ragione a tutti, e due.

Proseguendo il cammino lungo le sponde della Cettina, che formando piccioli declivj, scorre lentamente per due miglia, ove riceve un buon capo di acqua, nomata Dabar, cui rubba quel pregio, che acquisterebbe correndo da per se sola per più tratto di cammino. Due miglia sotto Dabar passando alla parte destra della Cettina, v’è un picciolo torrente, detto zcerno-urilo, cioè fonte nera. L’acqua di questa fonte dev’essere pregna di particelle ferree, da che il Monte è abbondantissimo di ferro, e se l’interno dovesse corrispondere alla superficie, ella sarebbe una miniera considerabile, e lo diverebbe ancora più per la estensione di tre miglia, che sono da zcerno-vrilo ai mulini di Silovizca, ove da per tutto esteriormente si trovano de’ pezzi minerali di ferro. Io ne portai alcuni meco a Padova, e fui assicurato dal Signor C. Carburi, rinomato Professor di Chimica nella Università della Città stessa, che indicano essere di una buona miniera. Lo stesso mi fu confermato dal Chiar. Signor Giovanni Arduini, molto sperimentato in questa materia. Quindi è, che bisogna attentamente esaminare, e vedere i Monti della Dalmazia avanti di decidere „ch’eglino non ànno verun ca[p. 34 modifica]rattere de’ Monti minerali„ 1. Ma non solamente di ferro i nostri Monti abbondano, si à trovato in qualche luogo, che si deve passare sotto silenzio, dell’oro e dell’argento, e specialmente di questo ultimo in gran copia. Nè si creda, che io tralasci di nominar i luoghi, ove si trovano, per far mistero: No. Quelli, che fan mistero fra noi in proposito di Mineralogia sono impostori, che si ostinano di raccontar una cosa, perchè non la sanno; oppure sono ignoranti, che vedon l’oro, e l’argento nelle Piriti, e persino in certi pezzi di Ardesia, e sperando di arricchirsi, duran fatica a comunicar la propria fortuna ad altri, perchè ad essi loro non venisse tolta.

O vanas hominum mentes! O pectora cæca!

Io non ò esaminato, se a Promina vi sieno miniere considerabili, come volgarmente si crede, ed alcuni Scrittori pure lo assicurano. È cosa indubitabile, che colà vi sono molte spaziose Caverne, onde sarebbe da internarsi coladdentro per vedere, se vi fossero indizj de’ Monti minerali, o ressidui delle miniere, che anticamente si pretende, che si scavassero. Io poi non intendo, come il Monte Promina possa aver analogia colle miniere, la qual cosa, dice il Fortis, avrà fatto ingannare alcuni Dalmatini di creder, che ivi ne dovrebbe essere argento, ed oro. 2 Ma il Fortis probabilmente confonde il Monte Mossor sopra Clissa con quel di Promina, che secondo le voci po[p. 35 modifica]polari è termine corotto di Mons auri, e questo colle miniere potrebbe avere analogia. Se poi Mossor derivasse da Mons auri, che io già non credo, sarebbe da rintracciar sulla sua vetta la miniera, che Plinio ripone in summo cespite3 quale sendovi, non sarebbe fuor di ragione il credere, che il Fiumicello Hyader, ora Salona porti dalle origini sue nell’uscire della arena non affatto priva di pagliuzze di oro, che il Fortis si à chiarito, che non è punto vero.

In faccia al Monte Minerale di ferro, le cui radici bagna la Cettina, cinque miglia sotto Dabar vi è il Fiumicello di Peruchia, che facendo una picciola teatrale caduta, per poco gode di girsene senza la Cettina stessa. L’acqua di Peruchia è celebre fra gli abitanti de’ suoi contorni, perchè eccita assai bene l’appetito, e mi dissero alcuni, ch’è molto opportuna per quelli, che avessero voglia di darsi al celibato. Mi fu detto ancora, che ne’ tempi estivi pizzichi di salsedine, cosa mirabile in tanta copia di acqua, come Peruchia. Comunque si sia però, è da credere, ch’ella avesse di molto buone qualità, perchè i Romani s’inducessero a farla passare per mezzo di arcate sopra il Fiume Cettina, e condurla nella Città di Æquum, sette miglia lontana, come vedremo dippoi. Un miglio sopra Peruchia, o poco più, v’è una Caverna, detta Metagliavizca. Dopo che si à bene camminato entro di essa, andando a mano sinistra per impraticabili sentieri si arriva in un luogo, ove tutte le pareti della Caverna sono composte su[p. 36 modifica]perficialmente di una specie di terra ampelitica, mescolata con della ocra di ferro, e creta. Trovai anche de’ pezzi di pietre calcaree cristalizzate, figlie di un antico Vulcano, colà successo.

Un miglio, e mezzo in circa da Merigliavizca dicosta a Settentrione giace la Caverna, chiamata Ponikva. Sull’ingresso di essa v’è un Ponte, scavato dalle acque nel Colle, di otto passi di corda, e presso che tanti di saetta. Egli si rende utile al commodo passaggio de’ Villici, a cagione di un enorme Lago, che ne’ tempi autunali, e Vernali sotto lui formasi, e che dàFonte/commento: Pagina:Osservazioni di Giovanni Lovrich.djvu/269 origine ad uno strepitoso Torrente, che in poca distanza converte la picciola Campagna di Bitelich del giro di tre miglia in un Lago considerabile, e nulla ostante le voragini, che lo ricevono, alle volte sormonta le colline, che fan corona alla campagna stessa, e vassi a perdere nella Cettina un po’ sotto a Zeleni-Vir, che per la sua innarrivabile profondità vien così detto, cioè, Voragine verde. In questa voragine pretendesi, che vi sien delle Trote, e de’ pesci di smisurata grandezza, e si narra, che i pescatori ne stanno lontani per timore di non vedersi da essi pesci, rivolto lo Zopolo4, ch'è quella brachetta, che adoprasi ne’ nostri Fiumi. Da Peruchia facendo la Cettina una piciolissima cadura a Silovizza scorre con maestà per cinque miglia, poco più sino a Rumin, Fiume che dalla sua Fonte, mi parve di lasciar [p. 37 modifica]escir più acqua, che qualunque Fonte della Cettina, presa a parte, nè à bisogno di acque, che in lui si scarichino per andarsene con decoro, cui perde dopo un Abbondante mezzo miglio, unendosi cola Cettina. Sopra Rumin a Tramontana, intorno a due miglia di distanza, v’è una Caverna, che merita di essere veduta pel suo nobile, e magnifico ingresso. Io non la ò esaminata internamente che ala parte destra, (poichè vi sono due rami) nè vidi gran pregio ne’ lavori degli stillicidj. Si osserva però una infinità di Vasche, che cominciano a formarsi dalle acque, in cui si scorge il principio di una mirabile Maestria della Natura. Alla parte sinistra di questa Caverna non si può andare senz’ajuto di scala, o di corda. Il Fiume Rumin, oltre gli altri pesci, somministra un abondante numero di Tinche, che nullaostante l’annuo esterminio, che ne fanno gli abitanti, si conservano in sì gran copia, che se vi si porgesse il rimedio di non lasciarle pescar ne’ tempi delle loro congiunzioni matrimoniali, sarebbe sperabile, che le Tinche di Rumin, facendole seccare, unitamente a quelle delle altre acque, e specialmente della Cettina, potessero divenire un buon, ed utile capo di commercio, e sarebbono preferibili a certi disgustanti, e schifosi pesci, per cui tanto soldo negli altrui Stati annualmente si consuma. Si uniscano alle Tinche le Anguille, e varj altri generi di pesci de’ Laghi, e de’ Fiumi della Dalmazia, e si vedrà, che si avrà pochissimo bisogno de’ pesci forestieri, parlo de’ più cattivi. Non è però l’arte pescatoria sì male intesa fra i nostri Morlacchi, che i pescatori non sappiano pigliare de’ pesci in quantità. Il solo difetto è di non saper pescar a tempo. Il modo, con cui pescano le Tinche, è il seguente. Si formano molte canestre [p. 38 modifica]ovali di tante bacchette incroccichiate, ed intralciate con un’apertura conica nel mezzo, e le si pongono in diversi siti nell’acqua. I pesci, che van guizzando pell’acqua s’imprigionano inavvertentemente nelle canestre, e non possono, più liberarsene. Queste canestre somigliano, a mio credere, ai Lavorieri, che li adoperano nelle Lagune dell’Adriatico, e che „sono que’ ricinti di canne, come dice il Fortis, maestrevolmente piantate, ne’ quali internate, che sieno le Anguille (od altro pesce) non trovano più il modo di uscirne.„

  1. Fortis Vol. 1. p. 129.
  2. Vol. I. ivi.
  3. Ut nuper in Dalmatia, principatu Neronis singulis diebus etiam quinquagenas libras fundens, cum jam inventum in summo cespite. Plin. Hist. Nat. lib. 33. cap. 4.
  4. Zopolo in Illirico si dice Lagia. Ella è una barchetta scavata in un grande Albero, che non à nè puppa, nè prua, ma si guida, come si vuole, e somiglia a queste antiche barchette, credo io, di alcuni Popoli della Germania, che Tacito chiama „Mutabile ut res possit hinc vel illinc remigium.