Osservazioni sulla morale cattolica/Capitolo II

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CAPITOLO SECONDO


SULLA DIVERSA INFLUENZA DELLA RELIGIONE CATTOLICA, SECONDO I LUOGHI E I TEMPI.


Toutefois l’influence de la religion catholique n’est point la même en tout tems et en tout lieu; elle a opéré fort différemment en Françe et en Allemagne de ce quelle a fait en Italie et en Espagne.... Les observations que nous serons appelés à faire sur la religion de l’Italie ou de l’Espagne pendant les trois derniers siécles, ne doivent point s’appliquer à toute l’Église catholique... pag. 410.


Per dilucidare questo punto, il quale, come si vedrà, non è qui d’una importanza meramente storica, è necessario rammentare il disegno del cap. CXXVII, del quale osserviamo una parte. Esso è espresso nell’intitolazione del capitolo medesimo: Quelles sont les causes qui ont changé le caractère des Italiens, depuis l’asservissement de leur républiques. E se ne assegnano quattro: la prima, e la sola di cui mi propongo di ragionare, è la religione. L’autore, entrando a spiegare la parte che questa ebbe, secondo lui, nel produrre un tal cambiamento, si fa un’obiezione dell’unità della fede; poichè, vincolando essa, come dice benissimo, tutti i membri della religione cattolica a ricevere gli stessi dommi, a sottomettersi alle stesse decisioni, a formarsi con gli stessi insegnamenti, pare che questa religione deva essere piuttosto una cagione d’uniformità tra i vari popoli che la professano, che di differenze. Ciò non ostante, soggiunge, l’influenza della religione cattolica non è la stessa in ogni tempo e in ogni luogo; essa ha operato diversamente in Francia e in Germania, che in Italia e in Spagna.

Per indurre una diversità d’influenza, non ostante l’unità della fede mantenuta da tutti i cattolici, io credo che non si possano trovare cagioni che di tre sorte.

I. Leggi o consuetudini disciplinari, le quali non sono parte della fede.

II. Alterazioni insensibili e parziali della dottrina, o inesecuzioni e violazioni della disciplina essenziale e universale, le quali, lasciando intatto in teoria il principio dell’unità, possono portare una nazione o una frazione di essa, per lungo tempo o per intervalli, con maliziosa cognizione [p. 434 modifica]di causa o ignorantemente, a operare e parlare in fatto, come se avesse rinunziato all’unità.

III. Circostanze particolari di storia, di coltura, d’interessi, di clima, non legate direttamente con la religione, ma così legate con gli uomini che la professano, che l’influenza della religione resta da esse o bilanciata o elisa o impedita o facilitata, più presso gli uni che presso gli altri.

Se l’illustre autore avesse cercate in queste tre classi le cause particolari degli effetti diversi e speciali, che asserisce aver la religione prodotti in Italia, io mi sarei guardato bene d’entrare in una tale questione; perchè, o le sue ragioni mi sarebbero parse concludenti, e avrei goduto d’imparare, come m’è accaduto in tant’altre parti di questa Storia; o non m’avrebbero persuaso, e sarebbe stato uno di que’ casi ne’ quali avrei creduto che il silenzio fosse migliore della dimostrazione. Ma siccome quelle cose che s’assegnano da lui come cagioni di dannosa influenza sugl’Italiani, sono la più parte, non usi nè opinioni particolari a loro, ma massime morali, o prescrizioni ecclesiastiche venerate e tenute da tutti i cattolici, in Francia e in Germania non meno che in Italia e in Spagna; così chi le condannasse verrebbe a condannare la fede cattolica: conseguenza che troppo importa di prevenire.

L’autore stesso, nominando a varie riprese, nel corso delle sue riflessioni, semplicemente la Chiesa, lascia dubitare se intenda d’attribuire ad essa le dottrine che censura, o se voglia dire: la Chiesa in Italia. Verificare il preciso senso delle sue parole in questo caso, non è cosa possibile, nè utile; onde io mi restringerò a dimostrare l’universalità e la ragionevolezza di quelle massime e di quelle prescrizioni censurate da lui, che sono cattoliche.

Citerò spesso scrittori francesi, non solo per la loro decisa superiorità in queste materie, ma perchè la loro autorità serve mirabilmente a far vedere che queste non sono dottrine particolari all’Italia; e che la Francia non differisce da essa in ciò, fuor che nell’avere avuto uomini che le hanno più eloquentemente, cioè più ragionatamente, sostenute e difese.

La più splendida prova poi dell’universalità di queste massime morali sarà tratta dalle Scritture, dove sono per lo più letteralmente; dimanierachè si può affermar francamente, che non sono, nè possono essere controverse da de’ cattolici di nessuna nazione.

Le prescrizioni della Chiesa riguardanti la morale si possono dividere in due classi, cioè:

Decisioni di punti di morale, con le quali la Chiesa attesta che la morale confidatale da Cristo è quella, e non un’altra che si voglia fare adottare decisioni, alle quali i fedeli hanno obbligo d’aderire; ovvero:

Leggi per regolare, nelle parti essenziali, l’uso dell’autorità conferita ugualmente alla Chiesa dal suo Fondatore, d’applicare gli aiuti e i rimedi spirituali, che hanno tutti origine da Lui.

Per l’une e per l’altre si può chiamare in testimonio qualunque cattolico di Francia e di Germania, con la certezza di sentirlo rispondere che sono in vigore sia nell’una, sia nell’altra nazione. Si citerà, dove occorra, il Concilio di Trento, come il più recente e il più parlante testimonio di questa uniformità di dottrina: uniformità legata, dommaticamente e logicamente, come dev’essere, con la perpetuità di essa.

Le Concile de Trente, dice l’illustre autore, travailla avec autant d’ardeur, à réformer la discipline de l’Église qu’à empécher toute réforme dans ses croyances et ses enseignemens1. Nessun cattolico potrà [p. 435 modifica]esprimere con più precisione e con più forza la fermezza de’ Padri di quel concilio nel rigettare ogni riforma nella fede. Cosa (giova ripeterlo) contradittoria, e quindi impossibile, non meno che empia; poichè equivale a rinnegare la stessa identica autorità di cui si fa uso; equivale a dire credete a me, che non credo a me: v’insegno una verità, riservandomi ad avvertirvi, a miglior tempo, che è un errore, come fo, in questo momento, con quella che v’ho data altre volte per verità.

Ora, a Trento sedettero vescovi di quelle quattro nazioni; e come c’erano andati con la testimonianza delle loro chiese sui punti controversi di fede e di morale, ne partirono con la testimonianza della Chiesa universale. D’allora in poi il concilio di Trento fu specialmente il punto a cui ricorsero tutti i cattolici; e, per provare la fede di tutti i secoli, consegnata e sparsa in tanti concili, non ebbero, in moltissime questioni, a far altro che citare quel concilio che l’aveva riprodotta, e per così dire riepilogata. Il gran Bossuet lo pose per fondamento alla sua Esposizione della fede cattolica, per attestare i punti di morale e di disciplina essenziale, alcuni dei quali, censurati nel Capitolo sul quale sono fatte le presenti osservazioni, lo erano pure a suoi tempi, benchè con argomenti affatto diversi.

E nella sua corrispondenza col Leibnitz, lo stesso Bossuet rigetta sempre come non ammissibile la proposizione di riesaminare le decisioni del concilio di Trento. Je voudrais bien seulement vous supplier de me dire.... si vous pouvez douter que les décrets du Concile de Trente soient autant reçus en France et en Allemagne parmi les catholiques, qu’en Espagne et en Italie, en ce qui regarde la Foi; et si vous avez jamais ouï un seul catholique, qui se crût libre à recevoir, ou à ne pas recevoir la Foi de ce Concile2. Ora, i decreti del Concilio di Trento riguardanti la morale, che saranno citati in queste osservazioni, sono sopra punti che, per consenso di tutti i cattolici, fanno parte della fede.

In quanto agli abusi e agli errori popolari, importa d’accennare, una volta per sempre, che non sono imputabili alla Chiesa, la quale non gli ha nè sanciti, nè approvati. Ho fiducia di provare, che non sono conseguenze legittime nè del domma nè della morale della Chiesa. Se alcuni le hanno dedotte da essa, la Chiesa non può prevenire tutti i paralogismi, nè distruggere la logica delle passioni. Quando però mi parrà che questi mali siano minori in realtà che in pittura, io non lascerò di farlo osservare; ma solamente per la giustificazione della Chiesa, sulla quale se ne vuol far ricadere il biasimo. Se alcuno vorrà credere che questi inconvenienti siano particolari all’Italia, io non m’affaticherò per levargli una tale opinione. S’avverta però che le citazioni degli scrittori francesi verranno in molte parti a provare incidentemente il fatto contrario; poichè si vedrà che, nello stabilire le verità cattoliche, hanno combattuti quegli errori e quelle illusioni, come esistenti in Francia. Così non fosse! perchè può mai per un cristiano diventare una consolazione dell’orgoglio nazionale il vedere la Chiesa meno bella in qualunque parte del mondo?

Dovunque sono i fedeli retti, illuminati, irreprensibili, sono la nostra gloria: dobbiamo farne i nostri esemplari, se non vogliamo che siano un giorno la nostra condanna.




Note

  1. Hist. des Répub., It. T. XVI, pag. 183
  2. Lettre à M. Leibnitz, du 10 janvier 1692. Œuvres posthumes de Bossuet., T. I, pag. 349