Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. III, 1928 – BEIC 1739118.djvu/445

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nota 439

Chi esamina minutamente il Furioso vede che siamo ben lontani da quell’unitá idiomatica che s’osserva per es. nelle Prose del Bembo. Il perché fu giá accennato. L’Ariosto si creò, senza preoccupazioni di scuola, un magnifico strumento d’espressione, molto originale e molto a lui caro; ed obbedí ai grammatici, ma di mala voglia e a capriccio. Scriveva come il suo genio gli dettava, e poi correggeva qua e lá e lasciava correggere. Ma una revisione, a dir cosí, sistematica, tale da accontentare un pedante, non s’ebbe mai. E cosí troviamo espressioni che sanno molto del dialetto, che in un luogo son corrette, in altri no, mentre pure fra la seconda e la terza ediz. si sa che trascorse un decennio.

Sarebbe agevole, almeno nella gran maggioranza dei casi, uniformare. A questo partito s’attenne il Ruscelli, senza curarsi affatto d’indovinare i gusti dell’Ariosto (o dei suoi consiglieri); poiché, come grammatico infallibile, correggendo era ben sicuro di rendere un gran servizio al suo poeta. Fu ben pettinato, e se lo meritava, a tacer d’altri, dal Morali (Introduz., p. vii ss.). Piú rispettoso si dimostra il Barotti, ma in ogni caso è pur egli ben lungi da una rigorosa fedeltá; né piú del Barotti può vantarsene il Reina. Chi per primo ritornò scrupolosamente all’ediz. del ’32 fu il Morali, se pure in parecchi luoghi muta senza avvertire, ed in altri avvertendo, e non sempre forse con ragione. Dietro le sue orme cammina quel valoroso filologo che fu il Panizzi, superandolo in esattezza.

Inutile dire che fu da noi rispettata in tutto, o quasi, la gran varietá che s’osserva nella lingua di C, certi di far cosa gradita a chi intenda gustare nella sua purezza la poesia dell’Ariosto.

Continue sono le lusinghe che offre il testo del Furioso a quelli che un poco sentono la vanitá di correggere. E sarebbe, ripetiamo, cosí facile. Basterebbe andar dietro alla «consuetudo corrigendi»: il male si è che con l’Ariosto le consuetudini contano piú o meno. Cito solo un es. Il Morali trova in C qualche sanza XXIII 90, 2, 120, 1, XXV 11, 1, e corregge senza. Egli dovette pensare che ai sanza delle prime edd. l’Ariosto diede la caccia, e ne rimutò non so quanti: parrebbe dunque abbastanza legittimo il procedimento. Ma nota che il Poeta, pur buttando a mare molti sanza, si guardò bene dal rifare in quelle ottave che gli piacevano, ove era caduto sulla rima (cfr. XVIII 27, 5, XX 20, 5, XXXII 99, 1 ecc.). Si vede dunque quanto sia pericoloso voler mettere dell’ordine, se ordine si può chiamare, in questa faccenda.