Pagina:Boccaccio, Giovanni – Opere latine minori, 1924 – BEIC 1767789.djvu/306

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VII. — Due codici hanno conservato a noi quest’importante carme, la cui autenticitá è stata ultimamente rivendicata contro i dubbi d’una critica tratta in inganno soprattutto dall’essersi fidata d’un testo assai difettoso1: colpa delle stampe che s’ebbero sin qui. Queste si riducono in sostanza ad una sola: quella che sul fondamento del ms. Marciano lat. XIV 223 (M) diede nel 1834 D. de’ Rossetti in appendice al vol. III dei Poëmata minora quae extant omnia del Petrarca da lui raccolti2; da essa procedono le ristampe del Pingaud3 e del Corazzini4. Ora M, pur non essendo quel mostruoso apografo che il Rossetti rappresentò5, è realmente assai poco corretto (basti dire che salta via del tutto i vv. 10 e 171!): ma per giunta fu letto male e riprodotto peggio, cosí che la lezione risultò per ogni sua parte infelice. Mette poi in evidenza la poca bontá di M il confronto col testo offerto dal ms. Bodleiano 558 di Oxford (O), da noi giá conosciuto6 e che fu esaminato da due dei maggiori boccaccisti del secolo scorso, senza per altro che ciò mutasse la sorte sventurata del componimento7. Su O, cc. 63 v-67 r8, è fondato il testo che, accolto



  1. Cfr. Massèra, art. cit., III, pp. 41-44. Contemporaneamente a questo scritto, e in coincidenza con alcune ragioni d’ordine interno in esso contenute, il Wilkins, che giá aveva riconosciuto l’autenticitá del carme (An introd. Bocc. bibliogr. cit., p. 117), dichiarava non esservi ragioni sufficienti «for questioning Boccaccio’s authorship of the Versus pro Africa» (cfr. Modem Philology, XXV [1927], pp. 115-6).
  2. App. iii, p. 47 sgg.; per la sua fonte, cfr. p. 73, 11. 1. Il ms. M appartenne precedentemente a Iacopo Morelli, il quale aveva anche pensato di pubblicare il carme (cfr. Baldelli, Vita di G. Bocc., pp. xlvii e 209, n. 2); alcuni suoi appunti presi a tale scopo sono nel Marc. lat. XIV 312, cc. 13-14. Questo ms. fu giá citato dal Narducci sotto la segnatura antica RR. LXXXII (Di un Catalogo cit., p. 11).
  3. F. Petrarchae Africa, Paris, 1872, pp. 363-70 (con qualche arbitraria correzione della prosodia, per es. ai vv. 155 e 156, nel quale ultimo fu congetturalmente restituita la lezione giusta fĕrox in luogo di fēlix del Rossetti).
  4. Nel vol. che citerò qui avanti, pp. 243-51.
  5. Egli disse che i versi sono «scritti a caratteri non belli, senza quasi alcuna interpunzione» (né l’uno né l’altro asserto risponde alla veritá), ed aggiunse che sono «pieni zeppi di scorrezioni tali, che per rettificare e talvolta per intendere il testo ci volle non poco di studio e di fatica». Qui fu appunto il guaio!
  6. Cfr. p. 265.
  7. Più scusabile il Baldelli, il quale non conosceva il carme se non per quanto gli era stato fatto sapere dal Morelli, e tuttavia sospettò che i versi letti nel cod. di Oxford fossero una cosa stessa con quello (Vita cit, p. xlvi sg.; l’identitá fu affermata a p. 209, n. 2); invece l’Hortis, che parlò del ms. nella sua bibliografia del Bucc. carm., segnalò l’esistenza della poesia (op. cit., pp. 911-2).
  8. Precede il titolo: Versus domini Iohannis Boccacci ad Affricam d. Francisci