Pagina:Boccaccio, Giovanni – Opere latine minori, 1924 – BEIC 1767789.djvu/313

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nota 307

il proprio carteggio, mettendo insieme le lettere ricevute e le scritte da lui, ma appena un frammento c’è pervenuto di quest’epistolario1: e solo da esso conosciamo la XI.

La divulgazione fu quanto mai stentata e, possiamo dire, disgraziata: disgraziata sino ai nostri giorni, anche dopo sostituita alla penna d’oca la stampa. Ci fu solo uno studioso che, sulla fine del XIV o nel principio del secolo XV, mise insieme una piccola collana di otto epistole (IX, XV-XXI): ed è un benemerito, che dispiace di non poter individuare. La XXIII si divulgò appoggiandosi ai mss. del Bucc. c.; quattro (X, XIII, XXII, XXIV) pervennero sino a noi isolatamente, chi sa come; di due la versione volgare fece porre in oblio la dettatura latina originaria, che per l’una (V) è totalmente perduta, per l’altra (XII) ridotta appena ad un miserevole frammento2.

Naturalmente, questi rilievi si riferiscono alle sole lettere dettate a scopo di corrispondenza effettiva e con intendimento serio; essi prescindono pertanto dalla prosa scherzosa al Bardi contenente il pezzo in dialetto napoletano e dalla consolatoria a messer Pino de’ Rossi, assai largamente diffuse: il carattere di tali scritti richiede infatti ch’essi siano allogati fuori del vero e proprio epistolario. In questo l’unica lingua usata dallo scrittore è la latina, dalle prime esercitazioni giovanili agli ultimi tempi della vita; ciò non esclude, ben inteso, che il Bocc. possa essersi valso anche del suo fiorentino per comunicazioni epistolari d’indole assolutamente famigliare o in relazioni d’affari o d’ufficio3. Quanto alla lettera volgare a messer Cino da Pistoia, è noto che si tratta d’una grossolana falsificazione del Cinquecento4.



  1. Cfr. p. 332.
  2. Le giustificazioni di quanto son venuto affermando in queste righe si troveranno qui avanti, dove si parlerá delle lettere singole.
  3. Di nessuna è rimasto, non che il testo, il piú tenue ricordo, ove si eccettuino quelle lettere di ragguaglio scritte nel 1365 da Avignone alla Signoria di Firenze, le quali furon citate dai compilatori della terza impressione del Vocabolario degli Accademici della Crusca, 1691, nella tavola degli autori (I, p. 36: «Lettere di M. Gio. Boccaccio scritte alla Repubblica Fiorentina da Avignone. Testo originale nell’Archivio delle Riformagioni»), ed andarono poi smarrite meno di mezzo secolo piú tardi (cfr. la quarta impressione del Vocabolario, a p. 19 del vol. VI, ch’è del 1738; Manni, Ist. del Decam., pp. 39-40; Baldelli, Vita cit., p. xlv).
  4. Fu edita primamente dal Doni nelle Prose antiche, di cui dirò nella n. seguente, e quindi passò in varie stampe delle lettere sino all’ultima del Corazzini, che sará citata tra breve: qui sta tra le «attribuite» al Bocc., ossia tra le giudicate false