Pagina:Boccaccio-Caccia e Rime-(1914).djvu/23

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Avvertenza xv


La successiva morte di questa, che, dati quattro figli al marito, dispensate intorno a sé gioie e piaceri, illusioni e rovine, si estingueva poco più che trentenne il 6 aprile 1345, non è invece ricordata nelle Rime. Lontano dalla capricciosa contessa di Mileto, ormai rassegnato all’abbandono dopo l’ultimo incontro così poco felice, il Boccacci avea certo sentito nascere in sé quello stato d’animo che maestrevolmente dipinge nel proemio del suo capolavoro: ‘Il mio amore, oltre ad ogni altro fervente, e il quale niuna forza di proponimento o di consiglio o di vergogna evidente, o pericolo che seguir ne potesse, aveva potuto né rompere né piegare, per sé medesimo in processo di tempo si diminuì in guisa, che sol di sé nella mente m’à al presente lasciato quel piacere, ch’egli è usato di porgere a chi troppo non si mette ne’ suoi più cupi pelaghi navigando: per che, dove faticoso esser solea, ogni affanno togliendo via, dilettevole il sento esser rimaso.’

Se non che la morte della donna restituì, per un meccanismo psicologico abbastanza spiegabile, la vita al ricordo di lei: e, privilegiata anche nel sepolcro, la Fiammetta ebbe l’onore di sopravvivere nell’ingegno e nel cuore del suo antico amante, il quale di lei diede il nome alla più gioconda e spensierata delle sette gentili novellatrici del Decameron e in una decina di sonetti ad imitazion del Petrarca (XCVII-CVI) la spiritualizzò sino a rivestirla dell’aureola di un altissimo ufficio morale.

Quest’ultimo stadio del processo evolutivo che subì l’amore per Fiammetta è dell’età più avanzata, e però coevo alle altre rime di carattere morale ond’è, se non dovizia, non iscarsa rappresentanza nella rac-