Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
annotazioni. | 291 |
CVII.
E Tibullo:
Carior est auro iuvenis, cui levia fulgent |
Ibidem. Quis me uno vivit felicior?
Similmente nel Culice:
Quis magis optato queat esse beatior ævo? |
Plauto avea detto:
Quoi hominum adæque nemo vivit fortunatior. |
CIV.
Pag. 188. Credis me potuisse meæ maledicere vitæ?
Questo si direbbe, voler nascondere il cielo col vaglio. Ritornato fra le braccia della sua donna, fra gli amplessi e i delirii d’una fresca riconciliazione il poeta non crede possibile, ch’egli, che ama ed ha amato cosi perdutamente, tam perdite, abbia potuto dir male dico-