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senza andare sul luogo (a quel tempo Chateaubriand, Lamartine andarono in Oriente a cercare ispirazioni, e Manzoni va a Lecco, a Bergamo, ai luoghi che vuol ritrarre); quel sostituire l’uomo, la natura, la storia al lavoro dell’immaginazione, allo studio su’ modelli quello della storia, di prima mano — era un progresso che Manzoni faceva fare alla forma artistica. Aggiungete un’altra influenza benefica che nasce dallo studio della storia, nell’arte. Chi non ha conoscenza del mondo, come avviene ai giovani, manca d’una qualità principale per ben condursi nella vita: la «misura», il «limite»; cioè quel trovare nell’illimitato della fantasia il limite che dà il mondo, la storia. In Alfieri, Foscolo, Monti, l’origine del rettorico è il poco sentimento della misura. Lo Jacopo Ortis è certo un bel lavoro; ma perché dopo una volta non si legge? Perché dopo gli applausi va a raggiungere gli scaffali ove dormono le mediocrità? Perché tutt’i sentimenti vi sono oltrepassati. La conoscenza del mondo, della storia, può, con una viva coscienza del mondo ideale, farne trovare il «limite».
Vedrete i frutti benefici di questa teoria di Manzoni sugli artisti del secolo XIX, che hanno il sentimento del «limite» più sviluppato che quelli del XVIII. Ciò è di vero nella esagerazione della poetica manzoniana.
Che v’è di falso? L’esagerazione appunto. Egli è come ogni uomo che, avendo per la prima volta trovato un nuovo indirizzo, lo esagera. Ha confuso la parola «positivo» con la parola «reale», ha detto: — Il poetico è l’inventato, il positivo è l’esistenza — . Questa idea falsa ha falsato la sua poetica obbligandolo a sforzi colossali, senza che sia riuscito nell’intento.
Artisticamente il «reale» è superiore all’«ideale» e al «positivo». Una cosa può essere avvenuta e non esser «reale» in senso artistico, come il volgare, il difforme, l’insignificante: tutto ciò ha realtà, ma è senza significato rispetto all’arte. Invece, una cosa può non essere avvenuta, eppure essere potentemente reale se lo spirito ha avuto la forza di fame un individuo: spesso l’individuo prodotto dall’immaginazione è più possente dell’individuo che ci vien dato dalla realtà storica.
Manzoni con quella sua concezione s’ha creato una difficoltà