Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. III, 1974 – BEIC 1804859.djvu/112

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venti che raccontano le loro pene a’ loro estinti, e insieme con questo il lezzo de’ cadaveri avvolto agl’incensi, e le cittá meste di effigiati scheletri, e le anime del purgatorio che chiedono gemendo il loro riscatto agli eredi, ti dá un chiaroscuro di un effetto irresistibile, che non solo c l’impronta naturale di questo mondo della morte popolato dalle illusioni de’ viventi ma è lo stesso genio di Foscolo, mescolanza di sentimentale e di energico, giunta ora ad una perfetta fusione, e divenuta l’unitá e la sostanza del suo mondo.

L’oscillazione che produsse questa creazione nel cervello di Foscolo fu cosí potente, che per lungo tempo gli tenne agitate le fibre, quasi armonia giá muta che si continua ancora nel tuo orecchio. E altri sepolcri vi fermentavano sotto altri nomi, e uscivano fuori a frammenti, come i versi della Sibilla, senza che gli fosse possibile venire ad una compiuta formazione. Rimasero progetti, come l’Alceo, l’Oceano, la Sventura. Di quei frammenti insieme connessi e aggiustati uscirono ultimamente le Grazie. Il concetto è quel medesimo che ne’ Sepolcri. È il mondo umano e civile che succede all’etá ferina. Ma nel cammino il concetto si è aggrandito, o ha preso l’aspetto di un poema. Non è il suono della coscienza umana innanzi alla tomba, che è una vera situazione lirica, cioè a dire l’anima in una condizione determinata, che le mette in moto il suo mondo interiore, ma è la storia e la metafisica di questo mondo interiore, una storia dell’arte ne’ suoi inizii, nel presente e nell’avvenire. Non è dunque piú una poesia, ma una lezione con accessorii poetici. Né è maraviglia che di questo Carme rimangano vivi alcuni accessorii interessanti, senza che tu abbia una idea ben chiara del dove o come sieno appiccati aa una totalitá artificiale e laboriosa. Peggio è che, per rendere poetica la sua storia, Foscolo l’ha fatta sotterranea, soprapponendovi una storia delle Grazie, come un involucro di quella, involucro denso e intricato, e che se talora ha qualche interesse, è meno per quello che significa, che per quello che esprime. Il mele è dolce a mangiare; ma quel mele di Vesta, gustato dall’Ariosto, quei favi che gli fura il Berni, e che sfuggono in parte al