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III

IL MONDO DEL PETRARCA


I difetti che vengono da moda e da false opinioni non viziano essenzialmente l’ingegno, che si fa sempre largo. In tutta una scuola poetica, dove dominano certi difetti trasformati in legge, i grandi poeti vi si accomodano, perché anche loro ci credono. Ma il genio li tira inconsapevolmente, ponendoli in situazioni che li appassionano, e brilla in mezzo ai difetti, e talora giunge a cacciarli via del tutto. Questo possiamo dirlo di Fra Guittone, Guido Cavalcanti e Dante, predecessori del Petrarca. Gli altri poeti non escono dalla mezzanitá; hanno un contenuto reso triviale dal tempo e raffinato; e spesso congiungono una ricercatezza convenzionale di concetto con una forma ancor barbara: perché il concetto viene loro d’altronde giá bello e formato, e la lingua debbono formarla essi, e non sanno. Perciò merito non piccolo è di Guido Guinicelli e Cino da Pistoja, l’avere dirozzata e rammorbidita la lingua; e, se non fecero piú, gli è che la natura non avea lor conceduto di musicale altro che l’orecchio. In Fra Guittone spunta il primo raggio di poesia. Ordinariamente scrive come gli altri, scrive per esercizio letterario. Ma il nostro Guittone, assalito da scrupoli, volge le spalle al mondo ed alla donna, e si rende frate; e, come il mondo e la donna lo insegue anche nel monastero, rimane sospeso tra cielo e terra, non sa essere né tutto di Dio né tutto del diavolo, ed in un flutto di contraddizioni gli escono dal petto commosso accenti patetici, e diviene