Pagina:Deledda - Cosima, Milano, Treves, 1937.djvu/225

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note 175


«Tribuna», Roma, Natale 1886. Su d’A. citato con onore dalla D. vedi Tipi e paesaggi sardi, nella «Nuova Antologia» del 16 dicembre 1901. Nel romanzo Colombi e sparvieri (1912) il protagonista adolescente parla, cap. VII, delle sue letture dannunziane: «I romanzi e le novelle di G. d’A. ci rivelavano un mondo incantato e malefico, una plaga dolce e ardente piene di fiori velenosi e di frutti proibiti... In quel tempo rileggevo Terra vergine e sognavo grandi fiumi luminosi, tutto un paesaggio caldo e fantastico, con isole coperte di canne e di giuncheti ombreggiate da boschi di salici e di pioppi, velato di vapori rosei e popolati di donne belle e voluttuose: e queste donne le vedevo coperte anch’esse di veli fluttuanti, coi capelli sciolti e gli occhi in color di viola come il cielo del crepuscolo. Il mondo reale intorno a me era invece nitido e duro; un mondo fatto di rocce e di macchie dai rami contorti... e le donne erano vestite di nero e di giallo, di panno ruvido...».

La D. nutrì sempre una viva ammirazione per il grande scrittore abruzzese. Da ragazzetta era innamorata del De Amicis. Avrebbe voluto avere (Frammenti di memorie infantili, nel volume Nell'azzurro, raccolto nel 1890) «la penna d’uno dei nostri più grandi scrittori — del De Amicis, per esempio — per scrivere le memorie della mia infanzia». Ma poco più tardi, in Fior di Sardegna (pag. 218), con maggiori ambizioni, «oh la penna, la penna di Victor Hugo per un’ora sola, per descrivere queste lotte interne, queste tempeste in un cranio...». Sulle prime simpatie letterarie della giovinetta Grazia vedi Stella d’Oriente in «Avvenire di Sardegna», Cagliari 1889: vi si fanno i nomi di Moore, Byron, Hugo, Dumas, Sue («gran romanziere glorioso o infame secondo i gusti, ma certo molto atto a commuovere l’anima poetica di un’ardente fanciulla»), Cavallotti. Più tardi lesse Balzac, Amiel, Scott, Manzoni, Grossi, Guerrazzi, Pellico, Metastasio, Goldoni; poi s’accostò ai contemporanei: Fogazzaro, Verga, Stecchetti, d’Annunzio, Ada Negri, Aurelio Costanzo, poi ad altri stranieri: Carmen Sylva, Elena Vacarescu, Turgheniev, Gogol, Tolstoi, Gorki. Più tardi ancora si appassionò di Dostoievschi.


Pag. 50.

Lo stesso stornello (mutos) cantano, sulla fine della prima parte di Cenere (1903), la prostituta cagliaritana Marta Rosa, e la giovine Gavina di Sino al confine (1909), «col solo motivo