Pagina:Parini, Giuseppe – Poesie, Vol. II, 1929 – BEIC 1890705.djvu/379

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traduzioni 373


vago egli pur di falsi beni e d’oro,
novo calle all’ibero in seno all’onde
discoprirá. Per le medesim’orme,
415emulator di lui, n’andrá Dercilla14,
che, de la guerra e de’ bei versi amico,
fia il cantore e l’eroe di quelle piagge.
Ma che vegg’io fra questi monti, a cui
par che s’appoggi il cielo? Ecco Carvallo,
420che giá dá in preda agli operosi ferri
del Potosi15 le cave. Oh qual di mali
esala dal lor sen turbine immenso!
L’alito velenoso, che fuor esce
dall’infelice suol, fa cenno altrui
425ch’a fuggir s’hanno i traditor suoi doni;
ma rende aviditade i cori audaci.
Allora, poi che gli scavati monti
e le pugne crudeli avran di gente
vuoto Spagna ed Europa e i lidi nostri,
430l’avarizia spietata insino ai negri,
per aprirsi altre vie fra questi abissi,
andrá mercando vittime16. Per tante
stragi qui fatte, d’un sol util dono
ricchi n’andranno dell’Europa i porti;
435e l’arbor fia, cui senza man cultrice
educò nel Perú natura17, e vuole,
che ponga in calma il sangue ne le vene,
allor che scorre periglioso e ferve.
Del resto Iberia per vani tesori
440qui i campi voterá d’armi e d’armati. —
     L’immagine crudel di tanti danni
move l’eroe cosí, che acceso ei grida:
— Oh fatai Potosi! oh infelice
ereditá! Dunque per vii metallo
445tanti popoli vari avran lor tomba
in quest’altro universo? In seno ai mari
ché non finii miei di, se tanti falli