Pagina:Tragedie di Eschilo (Romagnoli) I.djvu/350

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NOTE ALLE “SUPPLICI„

Pag. 15, v. 3. - Il vindice torello oltremarino è Epafo, figlio d’Io (vedi introduzione). Egli, allettando l’origine argiva delle Danaidi, deve impetrare per esse il soccorso degli Argivi, e cosí vendicarle della tracotanza dei cugini.

Pag. 16, v. 11. - Assai nota è la favola di Procne. Non intendiamo bene perché Eschilo la dica inseguita dallo sparviere: aveva certo in mente qualche particolare della leggenda e qualche favola che piú non conosciamo.

Pag. 16, v. 18. - Ossia, canto in lingua ellena. Cosí interpreta lo scoliaste: meglio, penso, del Westphal, il quale crede si parli del modo musicale ionio.

Pag. 17, v. 3. - Il paese bruno è l’Egitto: analogamente, nelle iscrizioni egiziane l’Arabia è detta il paese rosso.

Pag. 23, v. 19. - Sembra veramente innegabile che il v. 216 vada subito dopo il 212. Non seguo però l’ordinamento del Hermann, seguito dal Wecklein, col quale non si ottiene una perfetta concinnità di battute, e manca un verso alla sticomitia. Nella disposizione che adotto, e che non implica gran mutamento, ambedue gli inconvenienti riescono eliminati.

Pag. 24, v. 2. - L’aligero di Giove — dice lo scoliaste — è il Sole, che ridesta gli uomini al pari d’un gallo.

Pag. 24, v. 4. - Giove uccise Asclepio, figlio d’Apollo, per punirlo d’aver risuscitato un morto. Apollo per vendetta sterminò i Ciclopi, figli di Giove: e questi mandò Apollo in bando dall’Olimpo, a custodire in Tessaglia gli armenti di Admeto.

Pag. 24, v. 8. - Di Posidone.