Pagina:Zibaldone di pensieri I.djvu/136

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110 pensieri (23-24)

maggiormente e metta fuori piú forza e facondia e piú energiche immagini e insomma sia piú pindarico, è difficile trovar canzone che non sia malamente e sporcamente e visibilmente e tenacemente imbrattata della pece del suo secolo; che nella prima parte appena appena si scorge qua e là come macchiuzze, e forse qualche canzona n’è libera affatto e può parere d’un altro secolo. In oltre la dicitura  (24) diventa meno elegante e pulita, e spesso le voci e le locuzioni, le metafore, i traslati sono prosaici. Insomma si vede molto il febbricitante e il mal lavorato e mal limato del seicento.


*   Son propri esclusivamente del Petrarca in quanto all’affetto, non solo la copia, ma anche quei movimenti pieni τοῦ πάϑους e quelle immagini affettuose (come E la povera gente sbigottita ec.) e tutto quello che forma la vera e animata e calda eloquenza. E dall’influsso che ha il cuore nella poesia del Petrarca viene la mollezza e quasi untuosità come d’olio soavissimo delle sue canzoni (anche nominatamente quelle sull’Italia), e che le odi degli altri, appetto alle sue, paiano asciutte e dure e aride, non mancando a lui la sublimità degli altri e di piú avendo quella morbidezza e pastosità che è cagionata dal cuore.


*   Il Filicaia va dietro al sublime e anche l’arriva, ma parlando sempre di cose della nostra religione ha tolto a imitare quel sommo sublime della Scrittura, e per questo sommo sublime si fa pregiare; che del resto, quando o non lo cerca o non lo arriva, non ha quasi cosa ch’esca gran fatto dall’ordinario, non ha punto di leggiadria mai, non ha in nessun modo la varietà del Testi ec. Ma, anche dove ha quel sommo sublime di stile simile allo scritturale e profetico, non è molto piacevole, per cagione della monotonia delle sue canzoni, e perché le impressioni di quel