Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/24

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[p. 110 modifica] diventa meno elegante e pulita, e spesso le voci e le locuzioni, le metafore, i traslati sono prosaici. Insomma si vede molto il febbricitante e il mal lavorato e mal limato del seicento.


*   Son propri esclusivamente del Petrarca in quanto all’affetto, non solo la copia, ma anche quei movimenti pieni τοῦ πάϑους e quelle immagini affettuose (come E la povera gente sbigottita ec.) e tutto quello che forma la vera e animata e calda eloquenza. E dall’influsso che ha il cuore nella poesia del Petrarca viene la mollezza e quasi untuosità come d’olio soavissimo delle sue canzoni (anche nominatamente quelle sull’Italia), e che le odi degli altri, appetto alle sue, paiano asciutte e dure e aride, non mancando a lui la sublimità degli altri e di piú avendo quella morbidezza e pastosità che è cagionata dal cuore.


*   Il Filicaia va dietro al sublime e anche l’arriva, ma parlando sempre di cose della nostra religione ha tolto a imitare quel sommo sublime della Scrittura, e per questo sommo sublime si fa pregiare; che del resto, quando o non lo cerca o non lo arriva, non ha quasi cosa ch’esca gran fatto dall’ordinario, non ha punto di leggiadria mai, non ha in nessun modo la varietà del Testi ec. Ma, anche dove ha quel sommo sublime di stile simile allo scritturale e profetico, non è molto piacevole, per cagione della monotonia delle sue canzoni, e perché le impressioni di quel [p. 111 modifica]sommo sublime essendo troppo veementi non possono durar gran tempo e si spengono, e il lettore ci si assuefà, sí che con quella monotonia, viene a rendersi il sublime inefficace, e le odi stucchevolucce. Le migliori sono quelle per l’assedio e la liberazione di Vienna, e tra queste a mio giudizio quella che incomincia Le corde d’oro elette. Sono anche queste macchiate qua e là del seicentismo. Le parole, locuzioni, metafore prosaiche non mancano, come quello: A tua pietà m’appello della prima canzone, e nella seconda: E al tuo soldo arrolata è la vittoria.


*   Nuova strada per gl’italiani s’aperse il Chiabrera, solo veramente pindarico, non escluso punto Orazio, sublime alla greca omerica e pindarica, cioè dentro grandi ma giusti limiti, e non all’orientale come il Filicaja, sublime, colla conveniente e greca semplicità, per mezzo dell’accozzamento τῶν λημμάτων, come dice Longino, cioè di certe parti della cosa che unite tutte insieme formano rapidamente il sublime, e un sublime come dico, rapido inaffettato e insomma pindarico; robusto nelle immagini, sufficientemente fecondo nell’invenzione e nelle novità, facile appunto come Pindaro a riscaldarsi infiammarsi sublimarsi anche per le cose tenui e dar loro al primo tocco un’aria grande ed eccelsa. Fu ardito caldo veemente urtantesi nelle cose, ardito nelle voci (come instellarsi, inarenare) nelle locuzioni nelle costruzioni, nel trarre dal greco e latino le forme cosí de’ sentimenti, (come: canzona 70 eroica, Meco non vo’ che vaglia sí sconsigliata voce; e altrove: A me non scenda in cor sí ria parola: e nota ch’io dico le forme de’ sentimenti e non i sentimenti) come delle parole, nel che alle volte fu felice, come, canzone eroica 23: Qual non fe’ scempio sanguinoso acerbo L’aspro cor dell’Eacide superbo? canzona eroica 71, Sol fe’ contrasto il gran sangue di Guisa, ec. Imitò anche bene i [p. 112 modifica]greci e Pindaro e Orazio nell’economia del componimento. E certo alle volte è nobilissimo tanto pel sentimento quanto per le parole; ma pochissimi pezzi finiscono di piacere; non arriva quasi mai, non ostante quello che s’è detto del suo stile estrinseco, alla felicità d’espressione e alla bellezza della composizione delle parole d’Orazio; è oscuro assai spesso per le costruzioni, gli equivoci (non già voluti, come i seicentisti, ma non avvertiti o trascurati), la soppressione delle idee intermedie ne’ passaggi (se ben questa è naturale, perché