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Pagina:Zibaldone di pensieri VII.djvu/442

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(4497-4498) pensieri 433

sublime, il grande ec. Vedi la p. 4492, fine e segg.) al vero, o al cosí detto vero. È naturale e conseguente che un secolo impoetico voglia una poesia non poetica, o men poetica ch’ei può; anzi una poesia non poesia (2 maggio).


*    Alla p. 4273. Cosí gli stranieri, dopo avere snaturata la loro scrittura per voler esprimer con essa piuttosto la pronunzia latina che la volgare, abituati poi a questo snaturamento, anzi dimenticatolo, e pigliando  (4498) per naturale e per logico il loro modo di scrivere, vengono a snaturare la pronunzia latina, facendo dal latino scritto al pronunziato quella differenza che sono usati e necessitati a fare dalla pronunzia alla scrittura de’ loro volgari (2 maggio 1829, Recanati). È naturale e conseguente, che chi scrive male la propria lingua, legga male le altre. Massime quelle che non gli sono note se non per iscrittura (2 maggio).


*    Alla p. 4496. Come parvolus per parvulus: e regolarmente dopo vocale, come lacteolus, flammeolus, bracteola, lanceola, Tulliola, filiolus ec., e cosí ne’ verbi. - Fors’anche la nostra forma in atto attare (attolo attolare), probabilmente da acchio ec. piuttosto che da asso. E quindi anche la diminuzione ec. in etto ettare, otto, utto ec. ec. E quindi anco la francese in et ette etter eter, ot ote (barbote) otte otter oter ec. (becqueter, piquer - picoter): e la spagnuola in ito ecito ec. oto ec. Certo poi la spagnuola in ico ecico ec. ec. ec. (3 maggio 1829).


*    Che libertar sia un liberatare o liberitare (meritare - mertare), è provato anche da libertus, participio aggettivato, mera contrazione di liberatus.


*    L’assenza di ogni special sentimento di male e di bene, ch’è lo stato piú ordinario della vita, non

  Leopardi. — Pensieri, VII       28