Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/1038

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[p. 358 modifica] e molto meno perfetta. Come dunque la perfezione dell’italiana starà nel trecento? Altro è scrivere una lingua (come si scriveva l’antica teutonica, non mai ben formata né perfetta), altro è applicarla alla letteratura. Alla quale l’italiano non fu applicato che nel cinquecento. Nel trecento veramente e propriamente da tre soli (lasciando le barbare traduzioni di quel secolo): il che ognun vede se si possa chiamare perfetta applicazione alla letteratura. Se lo scrivere una lingua fosse lo stesso che l’applicarla alla letteratura, l’epoca della perfezione della latina si dovrebbe porre non nel secolo di Cicerone ec. ma nel tempo dei primi scrittorelli latini; ovvero, con molto piú ragione, in quello d’Ennio ec. e degli scrittori anteriori a Lucrezio, a Catullo, a Cicerone (contemporanei), giacché allora il latino fu applicato generalmente a lavori molto piú letterarii, che nella universalità del trecento. E cosí dico pure delle altre lingue o morte o viventi (12 maggio 1821). Vedi p. 1056.


*    Nei tempi bassi furono veramente δίγλωττοι i tedeschi e gl’inglesi, ossia la parte cólta di queste nazioni, che scrivevano il latino, se ne servivano per le corrispondenze, [p. 359 modifica]corrispondenze, lettere ec. e parlavano le lingue nazionali. E cosí pure gli italiani, i francesi, gli spagnuoli, che parlavano già un volgare assai diverso dal latino scritto. Ma questa:

1°, È una διγλωττία che, appartenendo allo scritto e non al parlato, non entra nel mio discorso. E la