<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/1207&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20130712200922</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/1207&oldid=-20130712200922
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 1207 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 1modifica]* Quante cose si potrebbero dire circa l’infinita varietà delle opinioni e del senso degli uomini rispetto all’armonia delle parole! Lascio i diversissimi e contrarissimi giudizi dell’orecchio sulla bellezza esterna delle parole, secondo le diversissime lingue, climi, nazioni, assuefazioni, ed intorno alla dolcezza, alla grazia, sí delle parole che delle lettere e delle pronunzie ec. In un luogo parrà graziosa una pronunzia forestiera, in un altro sgraziata quella e graziosa un’altra pur forestiera, secondo i differenti contrasti colle abitudini di ciascun paese o tempo, contrasti che ora producono il senso della grazia ora l’opposto ec. ec. Vedi p. 1263. Lascio le differentissime armonie de’ periodi della prosa parlata o scritta, secondo, non solamente le diverse lingue e nazioni e climi, ma anche i diversi tempi e i diversi scrittori o parlatori d’una stessa lingua e nazione e d’un medesimo tempo. Osserverò solo alcune cose relative all’armonia de’ versi. Un forestiero o un fanciullo balbettante, sentendo versi italiani, non solo non vi sente alcun diletto all’orecchio, ma non si accorge di verun’armonia né li distingue dalla prosa, se pure non si accorge e non prova qualche piccolo, anzi menomo diletto nella conformità regolare della loro cadenza, cioè nella rima. La quale sarebbe sembrata [p. 2modifica]spiacevolissima e barbara agli antichi greci e latini ec., alle cui lingue si poteva adattare niente meno che alle nostre ed a quelle stesse forme di versi che usavano, che bene spesso o somigliano o sono a un dipresso le medesime che parecchie delle nostre, massimamente italiane. E di piú sarebbe stata loro piú facile, stante il maggior numero di consonanze che avevano ed anche