Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/1652

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[p. 289 modifica] cose, della certa e inevitabile miseria umana, il cui cuore non si apra all’allegrezza anche la piú viva (e tanto piú viva quanto piú vana), alle speranze le piú dolci, ai sogni ancora i piú frivoli, se la fortuna gli sorride un momento, o anche al solo aspetto di una festa, di una gioia della quale altri si degni di metterlo a parte. Anzi basta un vero nulla per far credere immediatamente al piú profondo e sperimentato filosofo che il mondo sia qualche cosa. Basta una parola, uno sguardo, un gesto di buona grazia o di complimento che una persona anche di poca importanza faccia all’uomo il piú immerso nella disperazione della felicità e nella considerazione di essa, per riconciliarlo colle speranze e cogli errori. Non parlo del vigore del corpo, non parlo del vino al cui potere cede e sparisce la piú radicata e invecchiata filosofia. Lascio ancora le passioni, che, se non altro, ne’ loro accessi si ridono del piú lungo e profondo abito filosofico. Un menomo bene inaspettato, un nuovo male ancora che sopraggiunga, ancorché piccolissimo, basta a persuadere il filosofo che la vita umana non è un niente. Vedi Corinne, t. II, liv.14, ch. 1. [p. 290 modifica]pag. ult. , cioè 341. Ciò che dico del filosofo dico pure del religioso, non ostante che la religione, tenendo dell’illusione, e quindi della natura, abbia tanta piú forza effettiva nell’uomo (8 settembre, dí della natività di Maria SS., 1821).