<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2766&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20151206112804</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2766&oldid=-20151206112804
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 2766 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 419modifica] sono del genere umano anzi gli nocciono. Siccome appunto i nemici nocevano o cercavano di nuocere a quella società, dentro i limiti della quale si conteneva tutta quella famiglia umana a cui gli antichi si stimavano appartenere. E come a chi prendesse a difendere o a vendicare la sua società contro gli animali nocivi sarebbe lode il non perdonar loro in alcuna maniera, ma sterminarli tutti a poter suo; cosí agli antichi era lode l’inumanità verso i nemici, che non si reputavano aver diritto all’umanità, non istimandosi aver nulla di umano, cioè nulla di comune con quegli uomini che li combattevano; e l’eccesso o il sommo grado di questa inumanità si giudicava proprissima dell’eroe. Massimamente che tutte le passioni o azioni forti erano fra gli antichi stimate molto piú degne, o certo piú [p. 420modifica]eroiche che le deboli; e quindi la spietatezza verso chi non aveva alcun titolo alla clemenza, quali si stimavano