Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/4043

Da Wikisource.
Pagina 4043

../4042 ../4044 IncludiIntestazione 8 dicembre 2016 100% Saggi

4042 4044

[p. 420 modifica]


*   Ἀργεῖος-argi-v-us. Orazio e Ovidio alla greca comune, argeus, l’uno in un luogo e l’altro in un altro. Cosí da ἀχαιός, oltre achaeus, achivus che forse è piú proprio latino e piú volgare, e achaeus sarà solamente letterario, come anche argeus senza fallo; e forse altri simili (8 marzo. 1824).


*    Né la occupazione né il divertimento qualunque, non danno veramente agli uomini piacere alcuno. Nondimeno è certo che l’uomo occupato o divertito comunque, è manco infelice del disoccupato, e di quello che vive vita uniforme senza distrazione alcuna. Perchè? [p. 421 modifica]se né questi né quelli sono punto superiori gli uni agli altri nel godimento e nel piacere, ch’è l’unico bene dell’uomo? Ciò vuol dire che la vita è per se stessa un male. Occupata o divertita, ella si sente e si conosce meno, e passa, in apparenza, piú presto, e perciò solo gli uomini occupati o divertiti, non avendo alcun bene né piacere piú degli altri, sono però manco infelici: e gli uomini disoccupati e non divertiti sono piú infelici, non perché abbiano minori beni, ma per maggioranza di male, cioè maggior sentimento, conoscimento, e diuturnità (apparente) della vita, benché questa sia senza alcun altro male particolare. Il sentir meno la vita e l’abbreviarne l’apparenza è il sommo bene, o vogliam dire la somma minorazione di male e d’infelicità che l’uomo possa conseguire. La noia è manifestamente un male, e l’annoiarsi una infelicità. Or che cosa è la noia? Niun male né dolore particolare (anzi l’idea e la natura della noia esclude la presenza di qualsivoglia particolar male o dolore), ma la semplice vita pienamente sentita, provata, conosciuta, pienamente presente all’individuo, ed occupantelo. Dunque la vita è semplicemente un male: e il non vivere, o il viver meno, sí per estensione che per intensione, è semplicemente un bene, o un minor male, ovvero preferibile per se ed assolutamente alla vita ec. (8 marzo 1824). Vedi p. 4074.