Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/4290

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[p. 236 modifica] nel resto d’Europa, né per l’una né per l’altra parte (Firenze, 18 settembre 1827).


*    «C’est en conséquence de ces cruelles opinions, que l’on a vu enseigner publiquement, à la honte du Christianisme, que l’on ne devoit pas garder la foi aux hérétiques; sentiment que Clément VIII, qui d’ailleurs étoit assez honnête homme pour un Pape, approuvoit, ainsi que s’en plaint amèrement le Cardinal d’Ossat. L’inhumaine décision du concile de Constance, sur le mépris des saufs-conduits, est aussi le fruit de cette [p. 237 modifica]pernicieuse doctrine» (Hist. du concile de Constance, préface de Lenfant, p. 47). Examen critique des Apologistes de la religion chrétienne, par M. Fréret, chap. X, édit. de 1766, p. 188-9. (Firenze, 19 settembre 1827).


*    Io non credo vero quel che dicono i critici che gli antichi, per esempio ebrei, greci, latini orientali ec. non avessero nelle loro lingue il suono del v consonante, ma solo l’u vocale. Credo che il vau dell’alfabeto ebraico non sia veramente altro che un uau o u, credo che gli antichi latini non avessero segno nel loro alfabeto per esprimere il v consonante, e che il V non fosse in origine che un u; ma con ciò non si prova altro se non che gli antichi non ebbero il v nel loro alfabeto, il che non prova che non l’avessero nella lingua. Considerato come un’aspirazione (non altrimenti che l’f, il quale ancor manca negli antichi alfabeti, giacché il fe ebraico fu anticamente pe, e il φ greco è una lettera aggiunta all’alfabeto antico, e considerata come doppia o composta, cioè di π e di κ, ossia come un π aspirato), esso v, per l’imperfezione degli antichi alfabeti, mancò di segno proprio, giacché non si ebbe bastante sottigliezza per separarlo dalle lettere su cui esso cadeva, per avvedersi che esso era un suono per se, un elemento della favella. Perciò da