Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/929

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[p. 273 modifica] (Annali di Scienze e Lettere, Milano, 1811, gennaio, vol. V, n. 13; Wilkins, Grammatica della lingua sanskrita, articolo tradotto da quello di un cospicuo letterato nell’Edinburgh Review, p. 28, 29, 31 fine ― 32 principio e 32 mezzo, 35 fine ― 36 principio) e altre parti dell’India, (ivi, 28 fine) e segnatamente sotto nome di lingua pali in tutte le nazioni poste all’oriente della medesima India (ivi, 36); quella lingua che Sir William (Guglielmo) Jones, famosissimo per la cognizione sí delle cose orientali sí delle lingue orientali e occidentali (ivi, 37 principio e fine), non dubitò di dichiarare essere piú perfetta della greca, piú copiosa della latina, e dell’una e dell’altra piú sapientemente raffinata (ivi, 52); quella lingua dalla quale è opinione di alcuni dotti inglesi del nostro secolo, non senza appoggio di notabili argomenti e confronti, che sieno derivate o abbiano avuto origine comune con lei le lingue greca, latina, gotica, e l’antica egiziana [p. 274 modifica]o etiopica, come pure i culti popolari primitivi di tutte queste nazioni (ivi, 37, 38 principio e fine); questa lingua, dico, antichissima, ricchissima, perfettissima, avendo otto casi, non si serve delle preposizioni coi nomi (i suoi otto casi rendono superfluo l’uso delle preposizioni, ivi, 52 fine), ma le adopera esclusivamente da prefiggersi ai verbi, come si fa in greco, laddove, sole, rimangonsi prive affatto d’ogni significato (ivi). Cosí che tutte le sue preposizioni sono destinate espressamente ed unicamente alla composizione e a variare e moltiplicare col mezzo di questa i significati