Per S. Margherita

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Gabriello Chiabrera

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Per S. Carlo Borromeo Per S. Agnese
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IX

PER S. MARGHERITA

ALL’ECCELLENTISSIMA

D. MARGARITA MADRUCCI

DUCHESSA ALTEMPS.

     Se dell’alma Donzella, onde t’appelli
O nobil Donna, ami ascoltare i pregi,
Come detta ragione, i versi miei,
Per sè medesmi vili, a te fian chiari,
5Poichè prendono a dirti i suoi trofei:
Per certo all’alto, e tuo gentile ingegno
Men chiara e men soave rimembranza
Sarebbe canto di sentirsi indegno:
Non è per te di popolar Parnaso
10Volgar soggetto, una virtute eccelsa,
D’uno eterno valor fulgido specchio,
E del Cielo un trionfo è tuo diletto:
Nè con nome diverso ha da chiamarsi
Di Margarita il fier contrasto in terra,
15Quando pur col morir sorse alla vita.
Ella fermò la mente, e fe’ pregarsi
D’amore indarno; lo sfrenato orgoglio
Dell’iniquo Tiranno ebbe in dispregio,
E contra il minacciar mostrossi scoglio:
20E ciò fu sul fiorir di gioventute,
Allor che il mondo rimirar non suole
Splender virtute. Come tigre Ircana
Sul nido depredato orribil freme,
Fremea del fiero Olibrio il cor superbo;
25Nè potendo espugnar l’alma costante
Della vergine bella, in ira sorse,
E recossi a vergogna essere amante.
Spirto, che dell’inferno ode la voce,
Sempre a’ comandi di ragione è sordo.
30Quinci sentenza divulgò feroce
Olibrio, e condannò la fresca etate
Della Donna innocente a fier martiri.

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L’empio fece stancar verghe ferrate,
E forti braccia in sulle carni ignude;
35E quanto più le membra eran sbranate,
Ei più gioiva, e dando a lei tormenti
Porgea sollazzo a sue vaghezze crude:
E già dal collo, e già dal petto eburno
Più d’un rivo di sangue ampio correa;
40Ed ella, i fulgidi occhi al ciel conversi,
Sospir non scioglie, ma del duol sofferto
Al grandissimo Dio grazie rendea:
Nè vanamente, che nell’aer tetro
Angelo apparse, e medicò le piaghe.
45E d’eterna bellezza ei le cosparse.
Che fe’ l’empio Tiranno, ove ei le vide?
Ah, che d’acerba spuma empie le labbra:
Ah, che batte le palme, e fra bestemmie,
Quasi belva rabbiosa ulula e stride.
50Con asprissimi nodi ei le rilega
Crudele ambe le gambe, ambe le braccia;
Le braccia oimè, cui non adegua neve
Dell’Appennin sulla più chiusa sponda;
Indi in gran vaso vuol che si rauni
55D’acqua non picciol mare, ed indi impone,
Che sommersa s’affoghi in mezzo all’onda:
Dunque in fondo a quel pelago repente
Ei traboccolla, ma la voglia iniqua
Del rubellante a Dio vien dileggiata.
60La sacra Donna non tuffossi appena
In quel malvagio umor ch’ella risorse:
Ciò come avvenne? e di che parte mosse,
Chi la soccorse? dall’Olimpo scese
Forza, che tutta l’aria empieo di lume,
65E che la terra infino al centro scosse.
Allora in mille pezzi andaro i lacci,
Ed ella franca dimostrò la fronte
Tutta serena, a rimirarsi come
Pura Colomba, che lavò sue piume
70In bello argento di corrente fonte.
Allo splendore, ed al fragore immenso
Abbarbagliata dileguò la turba
Da lui raccolta; ma d’Olibrio l’alma
Schizza per gli occhi fuore atro veneno,
75E più s’infuria, e più diventa infesta:
Alza voce incomposta, al fin comanda,
Che della tanto al Ciel cara Donzella
Caschi recisa l’onorata testa.
La santa Donna alla crudel parola
80Fassi gioconda, e le ginocchia pone
In sulla terra; indi si reca al petto
Ambe le braccia, e riguardando il cielo
Al sempiterno Dio suoi prieghi espone.
Nè molto va, che l’empia spada innalza
85Il rio ministro, e lascia gire il colpo
Sul collo eburno: tra sanguigni rivi
La cara testa da lontano sbalza
Con bei sembianti, avvegnachè non vivi,
Ed il corpo gentil, fatto di gelo,
90Giù traboccò sulla sprezzata polve.
Ma la bella alma di sue pene altiera
Se ne volò trionfatrice in cielo:
Ivi tra vivi lampi a’ cor divoti
Non mai cessa giovar con sua preghiera.
95Però con tutti i sensi a lei conversi
Ardisco supplicar, ch’ella rimiri
Sopra la nobil Donna, a cui consacro
Il poco chiaro suon di questi versi:
Faccia lieti e contenti i suoi desiri
100Perfettamente; e chiuda sempre il varco
Al temuto furor de’ casi avversi,
Finchè nel ciel soggiorni eternamente.