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Per lo spiritismo/XIX

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XIX. E perchè l'intelligenza occulta pensa separatamente dal medio

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XIX. E perchè l'intelligenza occulta pensa separatamente dal medio
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Ma non fidiamoci delle intelligenze occulte. Verifichiamo le loro asserzioni domandando loro delle prove, e giudichiamo chi siano da ciò che dicono e da ciò che fanno. Le prove che danno, ossia i fenomeni medianici, sono di due specie: intellettuali e fisici. Queste due specie non sono mai del tutto separate, o almeno in questo caso non si può dire che siano fenomeni medianici; così la intuizione di un pensiero, se sola, non ci darebbe nemmeno il pretesto di attribuire questo pensiero ad una intelligenza fuori della nostra; e il moto di un tavolo senza causa apparente non darebbe alcun diritto a supporre che la causa occulta di questo moto fosse un’intelligenza. Pure questi fenomeni si possono distinguere in due classi in quanto talvolta predomina l’aspetto fisico e talvolta l’intellettuale; per es. nella scrittura automatica di un medio il più importante è il contenuto intellettuale [p. 156 modifica]dello scritto, mentre nella scrittura diretta, (cioè nella scrittura senza le mani del medio), il più importante è il fenomeno fisico.

Vediamo prima le prove intellettuali o psicologiche. E cominciamo colla più debole di tutte, che è appunto la più frequente. Sia un medio scrivente, il quale riceve comunicazioni da un’intelligenza occulta, la quale asserisce di non essere quella del medio, ma non dice nemmeno di essere quella di un defunto; o asserisce d’esser quella di un defunto, di cui però non vuol dire il nome: o dice il nome del defunto, ma rifiuta di dar prova della sua identità con lui. In questo caso noi dobbiamo dire che, sebbene sia possibile che la comunicazione venga da un defunto, è molto meno improbabile che venga dall’incosciente del medio, perchè l’ipotesi dell’incosciente del medio è molto piú naturale (ossia si scosta molto meno da ciò che già sappiamo o crediamo della natura) che quella dello spirito di un defunto; e perchè il medio si vede e lo spirito no. Ma bisogna concedere che se l’ipotesi dell’incosciente è meno diversa da ciò che già sappiamo della natura, non è però eguale a nulla di ciò che sappiamo; che, se non è maravigliosa, è però nuova e strana. Infatti:

1° Quando il medio tiene un dialogo coll’intelligenza occulta che gli dirige la mano, le intelligenze sembrano due, almeno nel modo di manifestarsi; il medio ha la coscienza e l’intuizione delle domande, mentre le risposte gli sono date come se non fossero pensate da lui; e alle [p. 157 modifica]persone presenti il medio comunica i suoi pensieri parlando, mentre l’intelligenza occulta risponde per iscritto. Sono due intelligenze che comunicano fra loro con mezzi diversi, e che quindi sembrano anche pensare separatamente. Ora l’ipotesi che queste due intelligenze siano in realtà una sola, la quale si esprime diversamente secondo che i suoi pensieri sono dentro o fuori di ciò che i tedeschi chiamano, da Herbart in poi, la soglia della coscienza, che la parola venga dall'io cosciente e lo scritto da quello che il Myers chiama subliminal self, è un’ipotesi che non trova molte analogie nella natura. Cerchiamo infatti queste analogie:

Che il medio non pensi ciò che scrive, si può spiegare dicendo che pensa senza saperlo; come il fegato può funzionare senza che ne abbiamo coscienza, così il cervello; la cerebrazione incosciente è ormai ammessa. Ma ciò non ispiega tutto; perchè qui c’è anche la mano del medio che si muove senza che egli lo voglia.

Rispondono che, come ci sono dei pensieri incoscienti, ci sono anche dei moti involontarî. Ma i moti involontarî che conosciamo non bastano a spiegare la scrittura automatica. Perchè i moti involontarî che conosciamo sono moti riflessi, o moti istintivi, o moti abituali. Ma l’istinto di scrivere non esiste; la scrittura è una cosa che s’impara a scuola con molta difficoltà. Nè lo scrivere può essere un moto riflesso come quello prodotto dal solletico. E per abitudine e distrazione si potrà firmare per una volta con un nome invece che con un altro, ma [p. 158 modifica]non si può scrivere una sentenza, o una quartina, o una pagina di morale che si scrive per la prima volta. Ciò mi rammenta quel delinquente, che, interrogato perchè avesse tagliato la moglie in trentadue pezzi, rispondeva Signor presidente, è stato un gesto d’impazienza!

Rispondano pure che il moto della mano del medio può essere bensì volontario, ma diretto da una volontà incosciente; come può essere il medio che pensa senza saperlo, può esser lui che scrive senza volerlo. Anche la volontà viene dal cervello; si tratta sempre di cerebrazione incosciente. E la possibilità di questa spiegazione si prova coll’analogia del sonnambulismo. Il sonnambulo è un uomo addormentato che fa incoscientemente delle cose intelligenti: in sonnambulismo si sono scritte delle ricette, dei sonetti e delle prediche. - Ma noi rispondiamo che il sonnambulo è addormentato ed il medio è sveglio.

- Ma, possono dire, il medio sarà un sonnambulo sveglio; voilà tout.

- Ma non è poco. Un sonnambulo che scrive è uno che, sognando di scrivere, spinge il sogno fino a scrivere davvero. Ma un sonnambulo sveglio è uno che sogna ed è sveglio nello stesso tempo; è una contraddizione; e per evitar la contraddizione bisogna dire che non è un solo essere pensante; che il medio si scinde in due, uno sveglio ed uno addormentato.

- È appunto quello che ha detto il Taine e che crediamo noi. La medianità scrivente, quando è sincera, [p. 159 modifica]proviene da uno sdoppiamento psicologico del medio1. Lo sdoppiamento della personalità è un fenomeno già ben constatato nella patologia dello spirito.

- Sì, ma lo sdoppiamento di cui parlate non può spiegare quello del medio, perchè non ha con esso alcuna analogia. Conosco anch’io la storia della Félida X, raccontata dal dottor Azam, dal dottor Dufay, e ormai ripetuta a sazietà; so anch’io che essa si trovava prima normalmente sveglia, poi viveva per qualche tempo in uno stato di sonnambulismo, che essa chiamava il suo secondo stato; che in ognuno dei due stati essa si dimenticava interamente di ciò che le era accaduto nell’altro, in modo che aveva due memorie distinte; che nel suo secondo stato aveva più salute, e miglior carattere; che il secondo stato ha finito in lei per sostituire il primo e diventar normale. Conosco anch’io i casi analoghi della sonnambula di Pierre Janet, che ora si credeva Lucia, ora Adriana, e di cui l’una non conosceva l’altra; e della sonnambula di Charles Richet, di cui egli distingueva gli stati coi nomi di Leonia I e Leonia II, una delle quali diceva male dell’altra. Ognuna si scindeva in due persone; ma erano persone alternanti; prima dormiva l’una, poi l’altra; così si potrà dire che nel sonnambulismo è sveglio l’incosciente, mentre il cosciente dorme. Invece nel caso [p. 160 modifica]della medianità sarebbero svegli ambedue, poichè, notate bene, discorrono fra loro. Qui c’è uno sdoppiamento in due personalità simultanee.

Anzi, non ci sarebbe sdoppiamento, bensì, (poichè l’intelligenza occulta si presenta ora pel morto A, ora pel morto B, e così via), si tratterebbe addirittura di una moltiplicazione, anzi, come sostiene Pierre Janet nel suo Automatisme psychologique, di una decomposizione della personalità. Ma non ci sono analogie che bastino a spiegarla. So bene anch’io che nel sogno c’è uno sdoppiamento, anzi un frazionamento drammatico della personalità. In sogno noi discorriamo con altre persone, le quali sono ancora noi. In quella commedia che si chiama sogno noi siamo, come diceva un tedesco, protagonisti e parti secondarie, poeta e pubblico, siamo anzi il teatro stesso. Ma l’analogia non calza. Egli è vero che quando sogno di discutere con un altro, attribuisco a lui il mio pensiero incosciente o il pensiero del mio incosciente. Ma io dormo; ed egli non scrive. Invece il medio è sveglio; e non sogna che l’altro scriva, bensì quest’altro scrive davvero.

So bene che ci sono anche esempi di dualismo in persone sveglie. Ci sono nei manicomj delle persone che discorrono con persone invisibili per noi, che esse dicono di vedere e udire. E ci sono persone in condizioni simili a quelle dell’Irlandese, (descritto dallo Stead), che credeva il suo corpo abitato da due anime, l’una cattolica e feniana, l’altra protestante ed orangista; egli tentava di [p. 161 modifica]mantener la pace, mettendo a sinistra il cattolico, a destra il protestante; ma, siccome parteggiava per il cattolico, non mangiava che alla sinistra, per ridur l’altro colla fame; e il giorno di St. Patrik, santo nazionale, era una casa del diavolo. Molti esempj simili si leggono negli annali dei manicomj; ma si tratta sempre di allucinati e di pazzi; quindi non c’è mai uno sdoppiamento reale come nel caso d’un medio: l’intelligenza, colla quale il medio tiene il suo dialogo, esiste realmente, poichè scrive. Che se trovaste esempj di persone nelle quali si manifestasse realmente e simultaneamente doppia intelligenza e doppia volontà, gli spiritisti risponderebbero che questi sono veri ossessi, sono medii afferrati da cattivi spiriti; e come si fa a provare che hanno torto?

Egli è vero che il fenomeno della scrittura automatica, se non si spiega con alcune di queste analogie, potrebbe forse spiegarsi con una combinazione di queste analogie; e che spiegare per analogia non significa spiegar con casi perfettamente eguali (altrimenti non ci sarebbe bisogno di cercar una spiegazione), ma con casi rassomiglianti; (s’intende bene, rassomiglianti per qualche carattere essenziale). Non ci è dunque lecito concludere dai soli argomenti addotti fin qui che il dualismo che si riscontra nella scrittura automatica non possa essere un caso più complesso e più conclamato del dualismo che c’è in noi fra l’io cosciente e l’automa con cui è misteriosamente unito e forse sostanzialmente identico. Ma abbiamo diritto di dire che sarebbe per la psicologia un caso nuovo e strano. [p. 162 modifica]

2° Credo poi che sarebbe tale anche per la fisiologia. La fisiologia vuole, e a ragione, che il pensiero abbia una base fisica. Perciò sembra che, mettendo l’intelligenza occulta nel medio, cioè in un organismo, ci mettiamo più d’accordo colla fisiologia. Ma, lasciando stare che, se lo spirito è incorporeo senz’esser immateriale, potrebbe offrire una base fisica invisibile, e che quindi la sola superiorità dell’incosciente sarebbe quella di offrirne una visibile, l’incosciente presenta alla fisiologia difficoltà di altro genere. Se si ammette un dualismo psichico nel medio, bisogna ammettere, in lui anche un dualismo fisiologico. Una funzione diversa, vuole un organo diverso; è questo il principio che conduce ora i fisiologi a localizzare le diverse funzioni pschiche in diverse parti del sistema nervoso.

E per localizzare l’incosciente, per fargli un posto nel cervello, c’è una ragione anche più forte della precedente, ed è che nel nostro caso non si tratta soltanto di funzioni diverse, ma di funzioni contrarie, anzi contradittorie, che assolutamente non possono star assieme. Mi spiego vedere i colori e udire i suoni sono funzioni diverse, ma non contrarie, per cui non sarebbe assolutamente necessario che il centro ottico fosse fuori del centro acustico; ma sentire il proprio pensiero e non sentirlo sono contradittori; quindi il centro incosciente deve esser fuori del cosciente. Nel caso di Félida X, che per quindici giorni è una persona e poi per un mese è un’altra, si può ammettere un solo cervello che è prima in uno stato e poi [p. 163 modifica]in un altro; ma un cervello che sente e non sente simultaneamente, è qualcosa come un cervello cotto e crudo nello stesso tempo; quindi nel medio scrivente, se è un sonnambulo sveglio, bisogna ammettere due centri nervosi che pensano separatamente.

E tanto più bisogna farlo in quanto l’intelligenza occulta non è un personaggio momentaneo, ma un alter ego, che il medio può evocare per anni.

Ed è precisamente quello che si fu costretti a fare. Alcuni, come il Bérillon, e quelli ch’egli cita, ammettono un dualismo degli emisferi cerebrali. Altri, per es. l’Hartmann (in Aksákow, p. 569), invece di dare al personaggio sonnambolico del medio (come egli lo chiama), un emisfero, gli assegna i centri subcorticali. Altri, che ci fa conoscere il du Prel nella sua Filosofia della Mistica, pongono il pensiero del sonnambulo nel sistema ganglionare, specialmente nel plesso solare.

Ora il localizzare questo incosciente non è molto facile, perchè quasi tutti i posti sono occupati. Egli è vero che non sono occupati definitivamente; anzi, le contraddizioni dei fisiologi sulla localizzazione sono tante (come si vede bene dall’ultimo libro del Soury), che l’incosciente può allogarsi provvisoriamente dove vuole.

Ma quando i psicologi spiritualisti accampano l’argomento dell’unità di coscienza, i fisiologi lo eludono spiegando l’unità di coscienza colla continuità del sistema nervoso. Ora qui ci sarebbe la continuità senza l’unità di coscienza. Il medio si trova confinato, per ipotesi, in [p. 164 modifica]un emisfero del suo cervello (anzi, pel materialista è quell’emisfero), e non sa nulla di ciò che pensa l’altro, se non ha la bontà di dirglielo; e quest’altro, invece di comunicargli direttamente il suo pensiero per mezzo del corpo. calloso e delle commissure, di dargli cioè la coscienza e l’intuizione di ciò che pensa, preferisce scrivergli. E si noti che per scrivergli bisogna che muova il braccio destro, del quale è padrone anche il medio cosciente, e perciò agisca su un centro motore comune, che obbedirebbe a due padroni, a meno che si voglia appunto considerare la scrittura automatica dei medi come una malattia del centro grafico, di uno dei quattro centri ipotetici del linguaggio (parlare, comprendere chi parla, scrivere e leggere).

S’aggiunga che l’incosciente del medio non è solo un essere pensante di cui il medio non ha coscienza, ma un essere pensante che non ha coscienza di sè; altrimenti il medio penserebbe con doppia coscienza, come nello strabismo può veder doppio; oppure il medio darebbe alloggio ad un vero parassita, a un vero vampiro, che lo ingannerebbe coscientemente. E questo essere, che pensa senza saperlo, crede d’esser un morto, invece di esser un pezzo d’un vivo, e vuol darlo ad intendere all’altro.

Ora so bene che i fisiologi possono rispondere colla solita ragione degli spiritisti: che sebbene una cosa sia inesplicabile, o almeno non ancora spiegata, può esser vera. Ma allora devono comprendere anche un’altra ragione: che, quando si spiega così poco, non bisogna respinger a priori le ipotesi degli altri. [p. 165 modifica]

Insomma il medio scrivente può dire: «Io non so chi scriva; ma sento che non sono io; dunque fra me e lo spirito di un defunto, chi scrive sarà piuttosto lui, non io. E tanto più inclino a crederlo, se scrive precisamente che è lo spirito di un defunto». E a questo non si può rispondere che così: «La tua credenza, che non sei tu che scrive, può esser un errore; come gli uomini credono sentire che la terra non si muove, solo perchè non sentono che si muove, così tu credi di aver coscienza di non scrivere, solo perchè non hai la coscienza di scrivere; ma può darsi che tu scriva senza averne coscienza, ossia che chi scrive sia il tuo incosciente invece di un defunto. Ora quest’ipotesi è preferibile, perchè tu ti vedi, mentre il defunto non lo vedi». - Ma il medio può replicare: «Colla vostra ipotesi, faccio economia di uno spirito, ma non economia di personaggi; giacché restiamo sempre in due, io e il mio incosciente, che pensiamo separatamente. Ed il mio incosciente è un personaggio non meno ipotetico e non più intelligibile dello spirito. Il solo vantaggio della vostra ipotesi è che questo personaggio può non essere uno spirito, perchè posso prestargli un pezzo del mio sistema nervoso».


Note

  1. Nota alla 2a ed. — Per citare l’ultimo libro su questo argomento si veda A. Binet Les altérations de la personnalité, Alcan, 1892, spec. III, 7: Le dédoublement de la personnalité et le spiritisme.