Poemi italici/Tolstoi/VI

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Tolstoi - V Tolstoi - VII
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VI.



E vide il vecchio, e gli mormorò: «Pace!»
E il vecchio scosse il capo: «Andai lontano,
3per aver lei, da tutto ciò che piace!»

«Io fui cacciato»: mormorò il silvano.
E poi soggiunse: «e mi sbalzò sul flutto
6d’ogni procella il folle vento vano.

Così mostrai le piaghe mie per tutto.
Altro non fui che pianta di mal orto,
9pianta silvestra senza fior nè frutto.

A me fu questo che tu vedi, il porto.
Per questa selva m’aggirai cattivo
12e lasso e tristo e cieco e nudo e morto.

Morto non pur, ma come non mai vivo.
Era il mio nome per fuggir disperso,
15qual foglia secca su corrente rivo.

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Dante, il mio nome. Ero nel nulla immerso,
quando, guardato in viso la ventura,
18sorsi e descrissi tutto l’universo.

Descrissi l’uomo, e il sonno nell’oscura
selva e il risveglio, e l’apparir di fiere,
21l’una che attrae, la coppia che spaura.

Mi seppellii sotterra per vedere.
Vidi nè vivi i più nè morti, vidi
24gli uomini bestie e l’anime più nere.

Ebbro di lai, d’urli, di guai, di gridi,
mi lasciai sotto capovolto il male,
27e giunsi a santi solitari lidi.

A un santo monte su per aspre scale
salii, dove la pena era gioconda.
30Gli angeli ventilavano con l’ale.

Nel fuoco entrai. N’ebbi la vista monda.
Entrai là dove bene è ciò che piace,
33e l’uomo oblìa, poi si rinnova, all’onda

di sacre fonti. E ritrovai la pace».