Poesie (Eminescu)/XXXI. Fremito di selva
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XXXI.
FREMITO DI SELVA.
Trasalendo scintilla il lago
e si culla sotto il sole;
io, guardandolo dal bosco,
lascio rapirmi dalla malinconia,
5e ascolto dall’ombra
il pitpalac!
Dalle sorgive e dai torrenti
l’acqua croscia sonnolenta;
dove, tra i rami, il sole
10penetra nell’onde,
paurosa ella nei flutti
si precipita.
Canta il cuculo; i merli, i tordi
cantano. Chi li sa ascoltare?
15Degli uccelli (nascoste
tra’ rami) cinguettan le tribù,
e parlan con tanto numerosi
significati ascosi!
Il cuculo domanda: — «Dov’è
«20la sorella de’ nostri sogni d’estate?
«Flessuosa e innamorata,
«dallo sguardo stanco,
«come una fata che appare
«a tutti?»
25Il vecchio tiglio ha steso un ramo
perch’ella possa sfiorarlo;
il tiglio giovane per farle vento
e per rapirla, colle sue braccia, in alto,
ancora piove i suoi fiori
30su lei.
E la fontana si domanda triste:
— «Dov’è andata la mia regina?
«Disfacendo la morbida treccia,
«nell’acqua mia specchiandosi il volto,
«35mi sfiorerà ancora, pensosa,
col piede?
Ho risposto: — «Cara mia selva,
«ella non viene, non verrà più,
«solo voi, querce, restate ancora
«40a sognar gli occhi di viola
«che mi sorrisero blandi
«tutta l’estate!»
Oh, eran belle le alture,
quando mi son legato con lei!
O favola piena d’incanto,
30ch’oggi sei oscurata,
dovunque tu sii, torna ancora,
siam soli ancora!