Poesie (Parini)/IV. Le odi/XVI. Il dono
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XVI
IL DONO
(Alla marchesa Paola Castiglioni)
[1789-90]
Queste che il fero allobrogo
note piene d’affanni
incise col terribile
odiator de’ tiranni
5pugnale, onde Melpomene
lui fra gl’itali spirti unico armò;
come, oh come a quest’animo
giutigon soavi e belle,
or che la stessa Grazia
10a me di sua man dielle,
dal labbro sorridendomi,
e da le luci onde cotanto può!
Me per l’urto e per l’impeto
de gli affetti tremendi,
15me per lo cieco avvolgere
de’ casi, e per gli orrendi
de i gran re precipizii
ove il coturno camminando va,
segue tua dolce immagine,
20amabil donatrice,
grata spirando ambrosia
su la strada infelice;
e in sen nova eccitandomi
mista al terrore acuta voluttá:
25o sia che a me la fervida
niente ti mostri, quando
in divin modi e in vario
sermon, dissimulando,
versi d’ingegno copia
30e saper che lo ingegno almo nodri:
o sia quando spontaneo
lepor tu mesci a i detti;
e di gentile aculeo
altrui pungi e diletti,
35mal cauto da le insidie
che de’ tuoi vezzi la natura ordi.
Caro dolore, e specie
gradevol di spavento
è mirar finto in tavola
40e squallido e di lento
sangue rigato il giovane
che dal crudo cinghiale ucciso fu.
Ma sovra lui se pendere
la madre de gli Amori,
45cingendol con le rosee
braccia si vede, i cori
oh quanto allor si sentono
da giocondo tumulto agitar piú!
Certo maggior, ma simile
50fra le torbide scene
senso in me desta il pingermi
tue sembianze serene;
e all’atre idee contessere
i bei pregi, onde sol sci pari a te.
55Ben porteranno invidia
a’ miei novi piaceri
quant’altri a scorrer prendano
i volumi severi.
Che far, se amico genio
óo si amabil donatrice a lor non diè?