Poesie (Parini)/VII. Odi/IX. Alceste
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IX
ALCESTE
Al medesimo improvvisatore.
Ne’ piú remoti secoli
apparver strane cose,
che poi son favolose
credute a questa etá.
5Lascio conversi in alberi,
in sassi, in fonti, in fiumi
e gli uomini ed i numi;
cose che il vulgo sa;
sol parlo d’un miracolo,
10ch’or niegan le persone,
non so se per ragione
o per malignitá.
Questo è una donna egregia,
che, per salvar da morte
15uno infermo consorte,
lieta a morir sen va.
Ed ei, da morte libero
e da la moglie insieme,
odia la vita e geme,
20e vuol la sua metá;
fin che un amico intrepido,
per lui sceso a lo inferno,
la toglie al fato eterno;
e intatta a lui la dá.
Alceste, Admeto ed Ercole
a te, gentil cantore,
poetico furore
veggo che inspiran giá.
Dunque il bel caso pingine;
e fa’ de’ prischi tempi
veri parer gli esempi
d’amore e d’amistá.
Sai che d’Admeto pascere
Febo degnò gli armenti:
sai che de’ suoi lamenti
ebbe di poi pietá.
Oh quanto a tai memorie
avrá diletto! Oh quanto
dal sublime tuo canto
rapito penderá!