Quattro destrier, quasi le piante alati
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XVII
AL SIG. GIACOMO CORSI
Biasimo d’Amore.
Quattro destrier, quasi le piante alati,
A coppia a coppia ubbidïenti al freno,
Per monti me conducono, e per prati,
Ed io mille piacer chiudo nel seno.
5Godo, che Roma, ove speranze altere,
Ma sempiterni affanni han posto albergo,
Io legge prescrivendo al mio volere,
Quasi sviato, ho pur lasciato a tergo.
Sì per lungo sentier fresch’onde e pure,
10E sento mormorare aure serene,
Ed alternare infra le frondi oscure
Rosignuoli, dell’aria alme Sirene.
Ma tra’ piacer, che desïati io provo,
Quel, che più vivo mi si chiude in petto,
15È che verso la patria i passi io movo,
Ov’entro due begli occhi è ’l mio diletto.
Incauta lingua a rivelar veloce
Ciò che mio proprio onor vuol che s’asconda
Ove ne vai? Ma che dico io? La voce
20Ah che del cor le passïon seconda.
Or se rossa la guancia, e basso il guardo
Mi condanna a portar colpa d’amore,
Vagliami almen, che s’io vaneggio, ed ardo,
Io non son lento a confessar l’errore.
25Ben grave error, che a desïar m’adduce
Ognor beltà, che di mia morte è rea;
E fammi in terra ricercar la luce
Che nel chiaro del ciel cercar dovea.
Corsi, quegli occhi e quelle chiome d’oro
30Al Ciel, che sembra, che n’aspetti e chiami,
Innalzar mi doveano; ed io di loro,
Per quaggiù dimorar, fatti ho legami.
Sì delle pene mie certo e sicuro
Sol prezzo lei, che miei desiri accende,
35Ne prendo a rammentar, come atro e scuro
Generoso sepolcro alfin m’attende.