Racconti sardi/Di Notte/IV

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IV.

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Di Notte - III Il Mago
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IV.


— E chi ci assicura che tutta questa storia non sia una fiaba?... — esclamò Tanu con voce terribile.

Elias chinò il capo e nei suoi occhi morì la speranza. Dal volto dei suoi giustizieri, niente commossi dalle sue parole, egli vedeva la sua condanna, e provava il sovrumano strazio del condannato a morte nel fior degli anni, ma non voleva dimostrarlo per non parer vile.

— È vero! — disse, — nessuno può difendermi...

Rivolse uno sguardo a Simona, ma gli occhi della giovine erano lontani dai suoi, e d’altronde?

Anche volendolo essa non avrebbe potuto salvarlo.

— Tu morrai! — sentenziò cupamente il padre. [p. 38 modifica]

Si fece un lungo silenzio. La sorte di Elias era decisa; egli non doveva uscire da quella casa fatale dove dieci anni prima aveva passato tante ore felici. La storia di Cosema non aveva punto alterato i cruenti propositi della famiglia da lui disonorata, e il fucile brillava sempre nelle mani di Pietro, che si considerava la causa primiera della sventura di sua sorella.

E poi ora era una questione di vita o di morte. Perdonando Elias essi si perdevano perchè egli si sarebbe certamente vendicato di quella terribile notte, — vendicato a dovere, possente e ricco come egli era. Dunque doveva morire.

Nessun fremito di paura o di esitazione passava in quei cuori induriti da una vita aspra e stentata, che avevano per religione la vendetta, l’odio per Dio.

Una notte essi avevano giurato, intorno a quello stesso focolare, su quel medesimo fuoco che mai non si spegneva, di lavare col sangue l’offesa ricevuta, e, attesa per mesi ed anni, finalmente giungeva l’ora sognata.

E si accingevano a uccidere un uomo con un raccoglimento quasi religioso, sicuri di fare un dovere, convinti di mancarvi se perdonavano, a fronte alta, davanti a quel Dio di cui ignoravano le massime, che supponevano crudele al pari di loro...

— Vattene!.. — disse Pietro a Simona.

— No, rimango sino all’ultimo!... — rispose [p. 39 modifica]la giovine con voce ferma che fece trasalire vivamente Elias.

Pietro alzò il fucile...

Il vento, la pioggia, i tuoni scrosciavano fuori con indicibile fragore; parevano urli umani e rovinare di montagne; la giusta ira di Dio per il delitto che consumavasi in quella casa nera e desolata, abitata da demoni in vesta d’uomini.

Pietro mirò Elias; ma mentre stava per calcare il grilletto un colpo secco e sonoro, che non era certo causato dal vento, battè sulla porticina sprangata che dava sul cortile. Si guardarono tutti spaventati, le labbra pallide, il cuore immoto, e il fucile ricadde sulle ginocchia di Pietro.

Chi poteva essere? Erano dunque scoperti... perduti?...

Ma repente Simona si alzò di scatto e gridando con terrore, — Gabina! Gabina!.. — si slanciò verso la porta, a salti, fremendo, come una jena ferita, e aprì...

Trovò infatti la piccina, stesa per terra, bagnata e svenuta. — Gabina visto e udito tutto, non aveva potuto resistere, ed era svenuta, piena di spavento e d’orrore...

— Figlia mia!.. Gabina, Gabinedda... figliolina mia!.. diceva Simona prendendola fra le braccia e portandola accanto al focolare. Vistala così livida, fredda, bagnata, con gli occhi chiusi e il volto ancora scomposto dallo spavento, Simona la credè morta e — dimenticando del tutto [p. 40 modifica]Elias che divorava la bimba con gli occhi, — si mise a piangere spasmodicamente, chiamandola coi più dolci nomi e spogliandola dalle vesti inzuppate, riscaldandole i piedini contratti e baciandola furiosamente.

Ma Gabina non dava segno di vita.

— Gabinedda... Gabinedda mia... figlia mia... cuor mio, dolce cuor mio! Ahi! è morta... è morta... la figlia mia adorata, la sola mia gioia!... Fiorellino mio, Gabina, povera, povera... Come faccio io... Dio mio, Dio mio, come farò... È morta... vedete, babbo mio, toccate, è morta... è fredda... è morta, Dio mio!...

Simona gesticolava e smaniava; pareva impazzisse, e a momenti parlava, a momenti sorrideva sembrandole che Gabina tornasse in sè, poi ricominciava a piangere come una pazza.

Tanu e Pietro intanto si guardavano confusi e interdetti. Certo la piccina aveva inteso e visto tutto. Dunque?...

Elias taceva e fissava sempre la bimba, cupo e disperato.

— Oh, se fosse morta, se fosse morta davvero?.

Zio Tottoi invece, ch’era molto superstizioso, sorrideva amaramente pensando, che là sotto, stava la mano di Dio che li puniva, o almeno li avvertiva; la luce inondava l’anima del vecchio e un grande pensiero gli brillava nella mente.

Prese Gabina dal grembo di Simona e la pose fra le braccia di Tanu dicendogli: [p. 41 modifica]

— Portala su, al letto... e tu Pietro, corri e fa venire il medico...

— Babbo!?! — esclamò il giovine spalancando gli occhi e accennando Elias, mentre Tanu, obbediente, usciva con Gabina fra le braccia e Simona dietro col lume.

— Va! — rispose il vecchio. — Va ti dico. Non accadrà nulla di male!..

Fidente nel padre, Pietro che adorava la nipotina, che anch’egli credeva morta o in fin di vita, depose il fucile e uscì...

Dopo un momento zio Tottoi si avvicinò alla porta e chiamò:

— Simona, Simona! Scendi... — La giovine scese subito.

— Simona, — mormorò il padre con voce solenne e misteriosa. — Gabina ha visto tutto. È la mano di Dio... Simona...

La giovine comprese; rimase immobile, muta, gli occhi fissi su Elias, i grandi occhi nel cui fosco brillare si leggeva una vera battaglia interna. — È la mano di Dio!... — ripetè il vecchio.

A un tratto Simona si slanciò verso Elias e sciolse le corde; libero che fu lo prese per mano, lo condusse al cortile, gli aprì il vecchio portone e lo spinse nella via dicendogli:

— Vattene e ricordati di tua figlia!... E rimase lì finchè il passo di lui non morì In lontananza, fra gli urli della procella.

(1892)