Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato (Vol. I)/II. Mantova/III. Relazione di Mantova del clarissimo messer Francesco Contarini al duca vincenzo (3 ottobre 1588)

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III. Relazione di Mantova del clarissimo messer Francesco Contarini al duca vincenzo (3 ottobre 1588)

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III. Relazione di Mantova del clarissimo messer Francesco Contarini al duca vincenzo (3 ottobre 1588)
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III

RELAZIONE DI MANTOVA

del clarissimo MESSER FRANCESCO CONTARINI,

ritornato dalla straordinaria legazione

al duca Vincenzo, riferita in

senato, 3 ottobre 1588

Serenissimo Principe, illustrissimi signori, se bene i principi non si sogliono mover, se non per propri interessi, a conservar buona amicizia ed intelligenza tra di loro, tuttavia i offici e complimenti fatti da ambasciatori e suoi ministri scambievolmente han potere molte volte d’introdurla, accrescerla e conservarla. Il che, per quanto han comportato le forze mie, mi sono affaticato d’effettuare, sapendo quale fosse la mente e ferma intenzione della Serenitá Vostra. E, se bene il Stato del signor duca di Mantova è cosí vicino a quello della Serenitá Vostra ed esso duca sia stato molte volte in questa cittá, e perciò l’un e l’altro notissimo alle Signorie Vostre eccellentissime, procurerò nondimeno di rifferirle con brevitá quel che possi esser di maggior suo gusto. Il che spero li potrá esser grato, se non come cosa nova, almeno come pittura che rappresenta persona da esse riconosciuta.

Mantova, cittá nobilissima, fu edificata 500 anni avanti Roma e, come permette la variazion de’ tempi, fu da’ barbari quatro volte distrutta, sin che la contessa Matilde la ridusse in buonissima forma. Questa fu retta da Filippo Gonzaga, suo vicario, e da suoi discendenti, sin che nel 1432 fu da Sigismondo imperatore investito marchese d’essa Giovan Francesco Gonzaga, [p. 78 modifica]e nel 1530 investito duca Federico Gonzaga da Carlo V imperatore. Circonda questa cittá miglia quatro e mezzo: è attorniata dal lago formato dal fiume Mincio, il qual lago, se ben li rende l’estate cattivo aere, tuttavia apporta grandissima fortezza. Per la copia di molti, belli e gran palazzi riesce gratissima, e massime per le strade spaziose, che sono longhe e dritte a meraviglia. Numerasi in essa 40.000 anime, delle quali il quinto sono ebrei, che, per esser riposti in essi li dazi e mercanzie, sono di gran utilitá e beneficio al signor duca; poiché i nobili, se bene sono ricchi, e qualchedun d’essi ha di rendita sin a 10.000 ducati all’anno, non vogliono attender a simili essercizi. Il suo contado è di longhezza miglia 30 e di larghezza 20, tutto abbondante ed abitato, numerandovisi 80.000 anime, delle quali 6000 sono descritti soldati; i quali, se ben non mostrano gran riuscita, non resta però il signor duca d’essercitarli, a ciò che procurino di superar la dapocagine nativa. Mantien per sua guardia 50 alabardieri, 50 arcieri a cavallo, che servono ancora con archibuso, e 50 celate per guardia della sua persona propria; le quali sono benissimo montate, per poseder quel duca cosí nobil razza de’ cavalli, della qual ne possono sempre traer 500 che serviriano per eccellenza, mantenendo ora in stalla 150 bellissimi a meraviglia.

Confina il suo Stato col Veronese, Bresciano, Mirandola, Ferrarese e Parmesan. E cosí, come posseduto da principe amico e confidente della Serenitá Vostra, com’è questo, può apportar e ricever molti commodi; ché, posseduto da persona poco bene affetta, apportarla e riceveria maleficio grande. I commodi che può apportar è il dar la tratta a’ tormenti ed altre sorti di grani, che quel territorio produce in gran quantitá e di che il Veronese patisce molto; ed il maleficio saria ogni volta che la Serenitá Vostra si rissolvesse di condur per novo canal l’acqua del lago di Garda nell’Adese, perché veneria a levar la commoditá a’ mercadanti di dover condur molta quantitá di robbe per Mantova, che li accresce molto i dazi, e, quel ch’è peggio, renderia inabitabile quella cittá per il cattivo aere che renderia quel lago, ogni volta che non corressero Tacque. Questo [p. 79 modifica]taglio fu tentato sotto i duchi di Milano dal conte di Virtú, ma non ebbe effetto, perché intestò solamente la bocca del fiume Mincio, credendo che il lago da se stesso dovesse aprire la via. Di questo ducato, ch’è feudo imperiale, ne trae il signor duca all’anno 200.000 ducati: cioè di sue possessioni 50.000, da’ molini 20.000, ed il rimanente da’ dazi. Ritrovò alla morte del signor duca Guglielmo suo padre un milione e 700.000 ducati de tante doble, de’ quali 75.000 ha speso in pagar suoi debiti, 60.000 ne ha consegnati a suo zio il duca di Nivers, come si dirá poi, 100.000 ne ha spesi nel funeral ed essequie del padre e donativi, 300.000 ne ha prestati al re di Spagna e 25.000 a Massimiliano, ha donato e restituito liberamente le facoltá confiscate dal padre a’ suoi padroni per ducati 200.000, e levati alcuni dazi, tra’ quali la metá del dazio del vin.

Fu la nobilissima famiglia Gonzaga principiata in Italia nel 1328 da Luigi Gonzaga tedesco, che per succession continua di 600 anni teneva origine descendente da certo re di Germania. Non mi estenderò a raccontar le persone onoratissime di questa stirpe. Solamente dirò che Vicenzo Gonzaga fu figliolo del duca Guglielmo: è il principal di questa famiglia ed ora duca di Mantova e Monferrato. Le cui parti esteriori sendo benissimo note alle Signorie Vostre eccellentissime, parlerò solamente dell’interiori, tra’ quali principalmente rilucono la liberalitá ed umanitá, per le quali ha acquistato sinora nome del piú splendido duca che sia stato in quella cittá e l’amor universal cosí de’ nobili come del popolo, avendo accresciuto la guardia della sua persona, fatto molti doni e levate molte gabelle, e trattando con suoi sudditi con molta affabilitá, in modo però tale che da ognuno è onorato, temuto e riverito. Ascolta con molta pazienza domande ed aggravi d’ognuno, le suppliche; il che non era fatto dal padre, e però lo rendeva tanto odioso quanto questo benevolo e grato. Si diletta molto delle cacce, nelle quali spende quasi tutto il suo tempo, volendo con le proprie mani, e non senza suo pericolo, ammazzar le fiere, se ben si trattasse della propria vita. Da che si può comprender la propria inclinazione alla milizia, della qual è cosí inamorato, che [p. 80 modifica]non pensa e parla d’altro; anzi desidera occasione d’adempir questo suo ardentissimo desiderio.

Nacque questo duca, come ho detto, da Guglielmo, duca di Mantova, e madama Leonora, figliola dell’imperator Ferdinando, la quale, cosí come in vita del marito abitava in Porto fuori della cittá, ora, ritornata in Mantova, ha avuto dal figliolo, che la riverisce oltre ogni creder, le stanze del duca morto, avendoli accresciuto, oltre 12.000 ducati di vecchia provisione, altri 6000, sendo essa donna di gran spirito e valore e di cosí nobil famiglia. Ebbe questa signora, oltre il signor duca, due figliole: una maritata nel duca di Ferrara, e l’altra nell’arciduca Ferdinando.

Giá sei anni che fu in Germania, s’accese il signor duca grandemente nella bellezza della figliola della sorella del duca di Baviera, ora maritata nel principe di Clèves, in modo tale che ne ricercò piú volte instantemente il padre, il quale, non perché non fosse di nobilissimo sangue, ma perché aveva solamente 60.000 ducati di dote, non volse mai acconsentir. Prese dopo per moglie la sorella del duca di Parma, quale amava cosí ardentemente, che, se ben per un anno continuo non potè seco consumar il matrimonio, non ne fece mai motto ad alcuno; sin che il padre, avendo presentito che la principessa altre volte era stata medicata, con la solita sua astuzia interrogandola, ne ritrasse l’impotenza sua. Onde che, dopo aver esperimentato per via de’ medici e medicine ogni prova (contentandosi essa piú tosto di morir che di privarsi della pratica del marito), con dispensa del pontefice, si congionse in matrimonio con la figliola del granduca Francesco di Toscana, con dote di 300.000 ducati, con la quale ha avuto due figlioli maschi con infinito suo contento, vedendo ferma e stabilita la sua successione.

Il piú prossimo parente da parte del padre è il signor Lodovico Gonzaga, suo zio paterno, duca di Nivers, il quale da lui per il molto suo valore e riputazione è grandemente stimato, tuttoché continuamente abiti in Francia. Vivevan tra questo ed il duca morto molte difficoltá, tra quali era principalmente la [p. 81 modifica]pretensione ch’egli avea sopra la mira del Monferrato. Di che, se bene il duca Guglielmo ne tenea poco conto, in fine, dubitando che a persuasion di questo cavalier potesse quel Stato ricever qualche importante danno dall’armi francesi, rimesse tutte le sue difficoltá nel re cristianissimo. 11 quale terminò che il duca Guglielmo dovesse, per contribuzione del Monferrato ed assettamento di tutte le sue difficoltá, dar al duca di Nivers suo fratello ducati 157.000; i quali danari soprasedé a esborsarli il duca Guglielmo, dopo che vide il fratello, collegato con guiscardi, mover guerra alla corona di Francia, parendogli questa buona scusa ed occasion di compiacer al cristianissimo. Ora, sendosi accomodate in quel regno le difficoltá, sendo vicino alla morte, commise al signor duca che dovesse per assicurazion delle cose sue pagar questo debito al fratello, onde che sinora ha esborsato 60.000 ducati, e gli altri dará in certo tempo.

Oltre il duca di Nivers, vi sono nella casa Gonzaga 85 signori e cavalieri di molta stima, tra’ quali 24 feudatari imperiali; e tre di loro di molta considerazione, che sono il duca di Sabbioneda, il duca di Guastalla e il marchese di Castiglion. E tutti tre hanno poco buona intelligenza col signor duca; perché il primo, non avendo figlioli e potendo investir il signor duca, vuol che il suo cadi libero nelle mani imperiali; il secondo, se ben invitato a star a Mantova con obligo di pagarli 100.000 scudi de’ debiti, vuol ostinatamente vivere ne’ suoi luochi; l’ultimo, contro l’intento di Sua Eccellenza, dá ricapito ad ogni sorte de banditi, il che apporta molto travaglio al signor duca. Avanti la morte del duca Guglielmo mostrava Sua Eccellenza grand’inclinazione alla parte francese, si per propria natura, come perché, essendo suo desiderio di far qualche notabil progresso nell’armi e vedendo che il duca di Parma per la parte spagnola li levava ogni buona occasione, li pareva che convenisse star bene con quella nazione. Anzi, se la spesa non avesse ritardato il padre, era seguito appuntamento che il signor duca dovesse servir Sua Maestá cristianissima con 1000 lance per capitan generale della cavalleria. Ora mò, sendo pervenuto al ducato e considerando bene le cose sue, si dimostra in ogni [p. 82 modifica]parte dipendente alla parte spagnola, perché, oltre a molte dimostrazioni, ha prestato contro il consiglio de’ suoi a Sua Maestá, com’ho detto, ducati 300.000. Il qual imprestido, fatto con tanta prontezza, ha acquistato intieramente l’animo di Sua Maestá; perché, sendo nata differenza tra il duca di Savoia e Sua Eccellenza per la fortificazion d’Alba nel Monferrato, avendosi l’Altezza di Savoia lamentato presso Sua Maestá che non doveva fabricar il duca di Mantova sul Monferrato contro le convenzioni a suo pregiudizio, rispose che ognuno sopra il suo poteva fabricar quanto piú li piaceva. Oltre che ho inteso, per buona e secreta via, che il governator di Milano aveva ordine da Sua Maestá cattolica d’agiutar il signor duca ne’ moti di Ferrara; credendo anco che possi facilitar il cambio di Monferrato con Cremona, tanto da Sua Eccellenza desiderato.

Possedè il signor duca, oltre il ducato di Mantova, il marchesato di Monferrato, feudo imperiale, posto, come la Mesopotamia, tra due principalissimi fiumi, Po e Tanaro; fertilissimo e popolatissimo, numerandovisi zoo. 000 anime, tra quali vi sono 10.000 soldati attissimi ad ogni sorte di fazione, de’ quali il signor duca si promette molto. Le cittá principali sono Casale, Alba e Acqui, de quali Casal è tenuto assai forte, benché se li oppone al suo castello che ha molto scarsa la ritirata. Vi mantien per sua difesa 300 fanti, e nella cittadella 200, molto ben pagati e perciò attissimi a quel servizio. In Alba ancora ne tien 300, ed in altri luoghi di minor importanza secondo il bisogno di quel Stato; dal qual, computato ogni cosa, ne trae 120.000 ducati di rendita all’anno.

Possedè questo Stato il duca di Mantova per ereditá di donna, sendo che Margherita, madre del padre del presente duca, fu sorella unica di Bonifacio Paleologo, marchese di Monferrato, il quale non lasciando se non Gioan Giorgio suo zio, che poco poi mori, necessariamente venne a cader nel 1533 ne’ duchi di Mantova, come eredi piú prossimi. Se ben vi tiene sopra grandissime pretensioni il duca di Savoia, come quello che discende da Violante, figliola di Teodoro marchese di Monferrato, maritata in Aimone duca di Savoia con condizione che, mancando [p. 83 modifica]successori maschi, dovesse lei esser erede: oltre che, sendo stato dal duca di Milano spogliato del Monferrato il marchese Gioan Giacomo, fu da Amedeo di Savoia aiutato a ricuperarlo sotto condizione che dovesse riconoscerlo per feudo da lui; onde che, non v’essendo piú descendenti della famiglia Paleologa, conviene questo Stato, come feudo, cader nelle mani del principe. Fu presso Carlo l’agitata questa causa; e, se bene il padre del presente duca di Savoia fosse suo nipote, ebbe la causa in suo disfavore, mosso forse per rispetto di Stato, non volendo accrescer il duca di Savoia di Stato e riputazione in Italia. Il quale appellandosi di questa sentenza alla Camera imperiale, fu terminato che possesso di sorte alcuna del duca di Mantova e suoi successori non potesse pregiudicar alle ragioni di Savoia. Pensi dunque la Serenitá Vostra con quanta gelosia, sospetto e pericolo possedi il signor duca quel Stato, cosí vicino a quel del duca di Savoia, principe ripieno di pensieri altissimi, e cosí disgionto per tanto spazio dal suo ducato; onde per tal rispetto ha trattato molte volte di cambiarlo con Sua Maestá cattolica con la cittá di Cremona, parendoli in tal maniera d’assicurar le cose sue unendo il suo Stato.

Ora vengo a parlar dell’intelligenze che il signor duca mantiene con principi della cristianitá. E prima dico che con Sua Santitá si ritrova in assai buon stato d’amicizia e d’amore, si per li molti favori che riceve continuamente da lei, come per l’elezione del Cardinal Scipione Gonzaga ad instanza di Sua Eccellenza; il qual Cardinal, sendo molto stimato dal signor duca e pensionato di 3000 ducati all’anno, procurerá sempre di tenerlo ben unito con Sua Beatitudine e tutta la corte di Roma.

Con l’imperator non può se non intendersi bene, poiché è figliolo di madama Leonora, figliola di Ferdinando imperatore, ha maritata sua sorella in Ferdinando arciduca d’Austria ed esso ha preso per moglie una figliola di Giovanna, figliola di Ferdinando imperatore. Dalla qual strettezza di parentado per tanti rispetti non può derivar se non effetti pieni d’amor benefico e commodo commune. Oltre che, avendo Sua Eccellenza imprestato [p. 84 modifica]prontamente 25.000 ducati per l’impresa di Massimiliano, con prometter ogni sorte d’aiuto a quell’impresa, se n’è mostrato l’imperatore molto contento e sodisfatto. Per la qual causa è sicuro il signor duca che l’Altezza di Savoia non potrá appresso Sua cesarea Maestá ottener cos’alcuna circa il marchesato di Monferrato: oltre che passano tra quell’Altezza e Sua Maestá molti disgusti per occasione d’alcuni feudatari imperiali, che de facto sono stati spogliati dal signor duca di Savoia, e specialmente quello di Zuccarella; onde per tal effetto l’imperator vuol mandar suoi commissari in Piemonte.

Con il re cristianissimo si ritrova benissimo animato e, se non fosse per timor di Spagna, si mostreria aperto amico de’ francesi, e massime potendo alcuna volta dubitar di guerra in Italia, come par che per questi moti si vada mettendo all’ordine; onde che il Monferrato veneria a ritrovarsi in gran pericolo, sendo cosí vicino e commodo a’ francesi.

Per l’imprestito fatto al re di Spagna con tanta prontezza e liberalitá, possedè ottimamente la grazia sua; onde che, dalle cose raccontate di sopra, si può permettere il signor duca ogni onesta dimanda.

Per la contenzione di Monferrato non può col duca di Savoia vivere buona intelligenza, anzi piú tosto odio e sdegno grandissimo, vedendosi quell’Altezza priva di quel Stato, che pretende di ragione esser indubitatamente suo, e che, contro l’intenzion e suoi patti, com’egli afferma, sia in piú passi fortificato contro ogni dovere.

Osserva e riverisce grandemente il Cardinal granduca di Fiorenza suo zio, come principe amico e parente, di molte forze e riputazione, col qual communica ogni suo pensiero; e non son molti giorni che andò con la moglie a visitarlo e seco domesticamente trattenersi.

Col duca di Ferrara, se ben suo cognato, si ritrova in gran sdegno, sendosi venuto quasi all’armi: de’ quali dispiaceri, avendone dato ragguaglio in scrittura alla Serenitá Vostra, non ne dirò altro, massime sendosi essi principi rimessi nel granduca di Toscana; onde se ne spera buona pace. [p. 85 modifica]

Se ben pareva ch’avendo presa Sua Eccellenza la dispensa per disciogliere il matrimonio con la principessa di Parma, quel duca ne fosse restato molto risentito, tuttavia, inteso diligentemente come passava il negozio e la buona compagnia ricevuta dal marito, par che sia restato sodisfatto, massime sendosi con la nuova moglie veduta prole: dal che resta persuaso che il mancamento procedeva dalla sola principessa.

Per fuggir la lunghezza, non voglio raccontar i molti ed infiniti favori che, come suo ministro e rappresentante, ho ricevuto da Sua Eccellenza; da’ quali potria la Serenitá Vostra chiaramente comprendere l’ardente volontá e desiderio di quel principe di mantener viva quella buona intelligenza, che in vita di suo padre era alquanto rallentata. Per questo rispetto, subito assunto al ducato, senza aver riguardo de’ titoli, destinò e poco dopo mandò suo ambasciatore residente a questa republica, non lasciando operazione alcuna nella qual possi credere che fosse di sodisfazione alle Signorie Vostre eccellentissime.

Di me non dirò cos’alcuna, perché son sicuro che le mie deboli forze non han potuto corrisponder a quell’ardente desiderio ch’io porto di servir la Serenitá Vostra. Al che hanno supplito sufficientemente molti gentiluomini, che s’han degnato in questo mio breve viaggio d’onorarmi e favorirmi con la presenza loro, a’ quali convengo per infiniti rispetti restar perpetuamente obligato.

Mi ha servito per secretano messer Gioan Batista Padavin, conosciuto in tanti carichi dalle Signorie Vostre eccellentissii suo diligentissimo e fedelissimo ministro; nel quale avendo ritrovato modestia suprema e indicibil valore, merita possed la grazia assolutamente della Serenitá Vostra e di cadauna de» Signorie Vostre eccellentissime.

Piacque al signor duca di presentarmi di quella catena che si ritrova a’ piedi di Vostra Serenitá, la quale, se piacerá concedermela, gratamente servirá in parte alla ricompensa di tante spese fatte in questa legazione e per chiaro e cortese testimonio dell’amore e molta sua liberalitá.