Ricordi del 1870-71/Le immagini bianche

Da Wikisource.
Le “immagini bianche”

../Il circolo filologico di Torino IncludiIntestazione 11 ottobre 2022 75% Da definire

Il circolo filologico di Torino

[p. 226 modifica]

LE “IMMAGINI BIANCHE.”


a M.a e G.a E.

Quando ho studiato una gran parte della giornata, mi piace passar la sera in una stanzina modesta, con pochi visini ridenti, intorno a una tavola su cui tra i libri e le carte si veggano panierini da lavoro e telai da ricamo e forbici e refe e mani in moto. E che il lume batta bene su quei visi, per vedere se è gente che sente quello che dice.

Io m’immagino che in questo crocchio vi siano due signorine dai quindici ai diciassette anni, sorelle, simpatiche, nelle quali un’educazione prudente e sagace sia riuscita a mantenere il difficile accordo dell’ingegno colla modestia, della coltura colla semplicità; ragazze in cui sia stato sciolto il problema dell’istruzione della donna sovra il dato: «Nè idiota, nè letterata;» ragazze che faccian dire a chi odia ugualmente i due estremi: «Così basta e sta bene.»

Sediamoci e sentiamo: il caso è raro, e val la pena di badarci.

Si parla di letteratura fin dalle prime parole; non di articoli, di casi, di tempi; ma di libri. E, cosa singolare! è difficile ricordarsi del come si sia entrati in questo discorso. Forse perchè gli autori non si sono afferrati l’un dopo l’altro, levati su di peso e lasciati [p. 227 modifica]cadere sulla tavola, dicendo: «Attenti! Ora si ragiona di costui.» Ma perchè il discorso li chiama e li conduce, ed essi son là prima che si sia pensato a evocarli, saltan su all’improvviso dietro un’idea gentile; vengono, scompaiono, riappariscono, leggeri e rapidi, senza farsi sentire. Non sono ombre, come nelle conversazioni dei pedanti, lunghe e lente; ma bagliori che tremolano un istante, e via. Non c’è tempo a trattenerli perchè si lavora e si ride; s’inchinano e si salutano e si congedano; e così tutto procede sollecito e allegro: le parole, il ricamo, il tempo.

“Che cosa facevano, signorine, prima ch’io venissi?”

Aspettatevi una risposta diversa perchè hanno la giornata diversamente divisa.

“Io ho studiato un canto di Dante.”

“Io ho rimendato panni vecchi.”

Accennate loro di volo un passo d’un autore, interrogandole collo sguardo per sapere se ne ricordano. L’una guarderà l’altra, starà un po’ pensando, e poi, volgendosi verso di voi, con un’aria umile e una voce sommessa, come di chi confessa un peccato, vi dirà:

«Non lo so.»

E l’altra subito: «Non lo so.»

All’una o all’altra, nel discorrere, si presenterà opportuna la citazione del passo d’un libro, d’una sentenza, d’un verso. Non è mica facile il farla bene. O ci si mette, senz’addarsene, un po’ di tono di pretensione; o il timore che altri ce lo senta, questo tono, ci fa esitare e confondere; o il buttar là le parole alla libera può parere una pretensione più accorta. Ma esse, senza tanti rigiri, vi dicono ingenuamente: «Aspetti!» e volgendo gli occhi in su, cercano di ridursi alla mente la frase esatta; l’una guarda l’altra, s’aiutano, sorridono, e la citazione vien fuori, fresca, modesta e cara, come se fosse uscita alla prima.

Voi esprimete il vostro parere sur un libro che hanno letto, e questo parere sarà uguale al loro. Allora [p. 228 modifica]esse acconsentono collo sguardo, col sorriso, coi gesti, con tutta la persona ad ogni vostra parola; si guardano, dicendosi l’una all’altra: «Ma sì!» e precorrono coll’espressione del viso il vostro discorso; e se vi manca l’ultima parola d’una frase, ve la dicono, è quella; e se v’interrompono con un’osservazione, completano il vostro pensiero; ed esclamano poi ad una voce, con un accento pieno di vigore e di grazia: «Come è vero!» Ma se di quel libro non avranno lo stesso concetto, non v’aspettate finzioni o silenzi; esse vi diranno con un’aria di rincrescimento sincero: «Non ci piace;» e si guarderanno di nuovo nell’atto di dirsi: «Peccato!»

Ah! le avete toccate nel vivo, avete nominato uno dei loro libri prediletti, un amico della loro infanzia, ora lasciate che s’aprano e si sfoghino. Ecco, da un moto della loro fronte s’indovina che quel nome ha destato una folla di ricordi cari e gentili, e ravvivata tutta la gioia delle prime letture. Non sanno come cominciare, ma è impossibile che tacciano. Ebbene, diranno le parole solite: «Ho provato questo, ho sentito quest’altro, mi pareva, pensavo, l’anima, il cuore, la vita;» ma ve le diranno in modo che vi parranno nuove, come tutte le parole in cui si versa l’affetto nel suo imperioso prorompere. L’una ricorderà concitatamente una scena, l’altra, impaziente, coglierà un’istantanea sospensione della prima, per tagliare il discorso e ricordare la sua; le voci si confonderanno: «È così, non è così, aspetta, senti;» tratto tratto usciranno in una esclamazione impetuosa e sonora: «Bello!» e dall’accento, dall’occhio, dai gesti, da tutto quello che in una creatura umana si muove ed esprime, trasparirà la loro anima, bella innocente e buona; finchè all’improvviso taceranno tutt’e due insieme, e chineranno il viso sul lavoro, per rialzarlo dopo un istante soffuso di rossore, e dirvi con un timido sorriso:

— Che furia, eh? —

Fatele ancora parlare, interrogatele, forzatele ad [p. 229 modifica]esprimere i loro pensieri e i loro sentimenti più famigliari e più occulti. Voi vedrete che in quelle loro menti limpide, ogni libro letto o discorso udito ha lasciato un’impronta netta e spiccata come una mano nella neve. E vi son pur rimasti i modi e le forme pellegrine delle scritture forbite, onde qualche volta, parlando, vestono in gala, senza addarsene, un pensiero comune e dimesso, e ne riesce un contrasto graziosissimo tra la cosa e la parola; senonchè l’intimo senso, educato alla semplicità e all’armonia, ne le avverte subito, e si ripigliano con una sollecitudine e un turbamento più grazioso ancora del contrasto. E ogni titolo di libro richiama alla loro memoria immagini varie e gradite, un’amica del collegio, una gita in campagna; ed hanno per ogni ricordo una parola che lo colora e lo illumina. E vorrebbero dir tutto in fretta, tutt’e due; ma se il bisogno di aprirsi le spinge, il timore di dir troppo le frena; onde, parlando, s’interrogano, s’interrompono a un tratto, ricominciano; e le parole ora si svolgono lente e peritose; ora si affollano e si espandono con libera foga. Da ultimo libere e continue, e allora i visi si fanno più rosei, la voce prorompe più tremola, le mani stropicciano il ricamo; e segue una vicenda rapidissima di aneddoti, di scherzi, di nomi d’autori, di versi, di vezzi, di rossori, di risa; e voi restate là come un fanciullo sotto una pioggia di fiori, di dolci e di ninnoli, che vorrebbe afferrarli tutti, e non può, e stende e ritira le mani, e poi finisce col giungerle esclamando: — Che piacere!

Così veramente hanno da essere congiunti in una donna la coltura e la grazia, il cuore e l’ingegno! Allora la sua immagine vi resterà nella mente come dovrebbe sempre restarvi, o sia una madre, o un’amante, o un’amica: ella vi resterà splendida e bianca.

Grande è la potenza di queste immagini bianche nella vita dell’uomo! [p. 230 modifica]

Io vi pongo innanzi queste due, e vi dico che vi fanno del bene.

Quando voi, che avete il bisogno e l’uso di scrivere, state nella vostra stanza, a tavolino, scrivendo; e tutto ad un tratto, per una cagione ignota, inesplicabile, ma non rara nelle anime giovanili, i libri, l’arte, l’avvenire, ogni cosa impallidisce e s’agghiaccia dinanzi a voi e dentro di voi; e una folla di gente che voi travedevate col desiderio muta ed ansiosa intorno al vostro tavolino, prorompe in una risata sonora; e le pareti della stanza pare che s’accostino e s’abbassino per soffocarvi, e la penna vi scivola di mano, e la testa vi cade sul petto; in quel momento in cui vi sembra di misurare per la prima volta, con un sentimento di mestizia infinita, lo spazio solitario ed oscuro che vi separa dal mondo degli svaghi, degli amori e delle ebbrezze, a cui avete dato un addio, stolti! per gli studi e la gloria; — in quel momento, forse, quelle due immagini bianche vi torneranno dinanzi, e vi domanderanno con un sorriso amorevole: — E noi? — Ah sì! — voi esclamerete allora, ripigliando la penna rasserenati e animosi: — non foss’altro che per voi, io lavoro!

E quando voi, mettendovi a scrivere colla impressione viva di letture, di persone o di spettacoli che abbiano risvegliata ad un tratto la parte meno degna dell’anima vostra, ripeterete a voi stessi quella frase d’uno scrittore che io conosco: — Non voglio imbrattar carta pei bambini o per le femminuccie; — e una folla fantastica di cortigiane, di giocatori, di libertini, di adultere vi verranno intorno coi volti accesi e convulsi, e vi diranno: — Scrivi per gli uomini; noi siamo la vita: ritrai; — e voi, forzando vigliaccamente la vostra natura per non parer semplici e sciocchi, comincierete a ritrarre; — allora vi ricompariranno dinanzi quelle due immagini bianche, e accennando la carta che avrete nascosta arrossendo, vi domanderanno con un viso turbato e severo: — Che scrivi? — Ah no! — [p. 231 modifica]voi esclamerete allora lacerando lo scritto: — Mai! non foss’altro che per rispetto vostro, mai!

E quando, scrivendo con un’ispirazione serena ed onesta, vi tremolerà alla mente, or sì or no, un concetto alto e bello, e starete là immobili, intenti, coll’arco dell’intelletto teso, per colpirlo nel punto in cui vi balena; e dopo molto sforzo riuscirete a coglierne un raggio, e vi fallirà il vigore per prolungar la prova, e direte a voi stessi: — Basta, forse c’è già un’evidenza ch’io non ci scorgo, forse il lettore afferrerà il concetto intero alla prima; — (artificiose illusioni di artisti sfibrati) allora, forse, vedrete qualcosa agitarsi sul vostro capo, ed alzando gli occhi vi appariranno le due immagini bianche, su, molto in su, sorridenti e serene, le quali vi accenneranno: — Qui, bisogna salir fin qui, ancora uno sforzo, fino a noi! — E allora voi vi riporrete intorno al vostro concetto, lo afferrerete forse subito, forse lo avrete già afferrato.

Ah, voi, immagini bianche, non credete di poter tanto, voi, innocenti e modeste? E se vi dicessi che v’è qualcuno che, parlando con voi, sente e si rimprovera altamente e amaramente le lacune che ha nel capo; — che, uscendo da casa vostra, rinnova ogni giorno il proposito di mettersi a studiar molto, molte cose, ed in furia, per ridursi presto in grado di rispondere a tutte le vostre domande e soddisfare tutte le vostre curiosità; — che la sera tardi, forse mentre a voi, prese dal sonno, sfugge il libro di mano, egli apre i suoi, ne apre uno, lo smette, ne apre un altro, lo chiude, vorrebbe scorrerli tutti insieme, non lo può, s’inquieta e si rattrista, dicendo: — Dovevo studiar prima, — e si conforta: — Avrò tempo a studiar poi, — e si rallegra: — Mi faranno studiar loro!

Benedette le donne che fanno amare il lavoro!

Voi siete di queste, e avete diritto a un ringraziamento; e più che a un ringraziamento, a un augurio; e io ve lo faccio a mio modo. [p. 232 modifica]

Possa esser reso a chi verrà da voi, — e da tutte le immagini bianche come voi, — la serenità e l’ardore del lavoro e l’amore della vita raccolta e pura, che voi ispirate a tutti coloro che vi si avvicinano e v’ascoltano. Se avrete nella vita delle ore vuote o dolorose, vi possano venir dinanzi tutti quelli che da voi hanno attinto forza, ispirazioni gentili, e pace, e dirvi l’uno: — Ho scritto un romanzo, il più nobile personaggio è una donna, leggete, siete voi; — e un altro: — Ho fatto una statua che rappresenta un angelo; venite a vedere; ho colto l’espressione del vostro viso quando dite dei versi che vi fanno piangere; — e un terzo: — Ho scritto un’opera di matematica, ridete pure, non è cosa per voi; ma molte volte, quando mi cadeva la testa dalla stanchezza e dal sonno, mi ricordavo di voi e ripigliavo coraggio; vi porgo il libro per questo. — E... sentite ancora, vi dirò una bizzarria, ma la dico col cuore. Possa venire un giorno in cui ciascuna di voi, madre d’un uomo onesto, operoso ed insigne, stando la sera nella sua stanza a rileggere un libro che gli ricordi il collegio o le sue conversazioni di fanciulla, oda a un tratto nella via un gridìo confuso e un suono di banda; e giunga in quel punto, a passi concitati, un amico che le dica: — È il popolo che acclama vostro figlio! — e questo figlio sia presente, e afferrandovi per un braccio e accennandovi il balcone illuminato dal riflesso di cento fiaccole, le gridi: — Madre! il tuo posto è là!

E chi può affermare che non spunterà un tal giorno per voi? Oh! tremolatemi sempre dinanzi agli occhi, care immagini bianche.

Fine.