Rime (Gianni)/Rime incertamente attribuite/Amor, i' veggio ben che tua virtute

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Rime incertamente attribuite Rime incertamente attribuite - Amor, i’ prego ch’alquanto sostegni
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XVIII.


      Amore, i’ veggo [ben] che tua virtute,
che m’innamora così coralmente,
non è tanto possente
che faccia questa donna esser pietosa.
5Chè sol per acquistare una salute
da gli occhi suoi, i’ porto nella mente
quel desio che sovente
mi fa di morte l’anima pensosa.
E questa disdegnosa,
10che porta quel negli occhi, ond’io son vago,
già non mi mira si ch’ i’ possa dire
che per lo mio desire,
ella li mova dove i raggi suoi
vegnan per pace de’ martiri tuoi.

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     15Questo non è, ch’ella non vuol sentire
de la tua gran possanza ov’io mi trovo,
ne la vita ch’io provo
per te crudele, e per lei poca e vile.
Che s’tu volessi mia ragion seguire
20od atar così ben com’io la movo,
le lagrime ch’io piovo
ti farian esser cortese ed umile;
poi non sei sì gentile
udendo ben com’io l’ho per mia donna
25che tu dicessi della sua ferezza
o s’ella è in tanta altezza
ch’ella non vuol di me la signoria,
e tu non dêi voler la morte mia.
     Ch’allor che tu venisti nella mente
30per quella segnoria che tu l’ai data
tu la m’avei donata
sì ch’io per te la chiesi donna pui.
Or ch’io veggio le mie virtudi spente
e questa donna vèr me sì adirata,
35ed è sì disdegnata

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ch’io non veggio pietà negli occhi sui;
tu, sì come colui
che le mi desti, atar mi dêi da lei,
che per sua guida venisti nel cuore.
40Allor d’ogni valore
mi tolse l’ombra d’una bella roba
onde venne vestita quella loba.
     Canzon tu movi piena di paura,
e con figura de la stretta mente
45isbigottitamente
ti metti per voler mia ragion dire.
Ora ti piaccia prender tanto ardire
dinanzi a quella a cui tu te ne vai,
che quando la vedrai
50tu dichi: Donna, se mercè t’è ’n noia
51la vita di costui conven che moia.


Questa canz. resta adesp. in un solo cod.: il Chig, l. viii, 305, da cui la trasse prima il Monaci (Una canz. d’amore del sec. XIII, Imola, Galeati 1874). Ma prima (Pisa, Ranieri Prosperi 1814 e Pistoia, Manfredini 1826, voi. ii, p. 277), [p. 72 modifica]era stata pubblicata come cosa di Cino dal Ciampi, traendola da un Codice posseduto dal Sig. Cav. Giuseppe Bossi pittore, nel quale sono contenute rime antiche di Dante, di Cino e di altri autori del sec. XIV. Riproduciamo quasi fedelmente la stampa del Monaci, dando le varianti di C. e di Ci.:

1. Ci. il veggo ben; 5. mia salute; 6. Ci. importo nella mente; 8. C. mi fa da; Ci. mi fa d’Amore; 11. C. M. si-cch’i’; Ci. possi; 14. C. uegnan; Ci. vgnian; 16. C. dovio mi tr.; 19. C. seltu uol; Ci. s’la vol; 20. Ci. ad atar; 22. C. fariano essere; Ci. faranno esser cortese et um.; 24. C. bene chomio; 25. C. chettu; 27. C. kella; 28. C. ettu; 30. C. sengnoria; Ci. sign.; 32. C. poi; 33. Ci. virtudi; 34. Ci. ver me sì ad.; 35. C. disdengnata; 36. C. suoi; 38. C. atare mi dei dallei; Ci. e at. etc.; 10. C. allor ogni; 43. C. e M. Cançone [mia] tu muovi di paura. (Riprodussi la lez. del Ciampi che mi parve migliore); 44. C. come; 46. C. ragione; 47. Ci. Or ti p. di prender; 48. C. acchui; 50. Ci. ti noia; 51. C. convene chemmoja.

[Canzono di tre stanze e congedo.

Stanze: ABbCABbCcXDdEE
Congedo: ABabCCDdEE.
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In questa canzone è osservabile che il v. 10 di ogni stanza non rima con nessun altro verso, e che il 1° verso del congedo ha la sua rima nel primo emistichio del secondo.]