Rime (Rinuccini)/Tu vuoi ch'io parli, Amor, della bellezza

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Tu vuoi ch'io parli, Amor, della bellezza

../Chi è costei, Amor, che quando appare ../Quel dolce lume, che mi gira e volve IncludiIntestazione 20 agosto 2012 100% letteratura

Cino Rinuccini - Rime (XIV secolo)
Tu vuoi ch'io parli, Amor, della bellezza
Chi è costei, Amor, che quando appare Quel dolce lume, che mi gira e volve


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Tu vuoi ch’io parli, Amor, della bellezza
     D’un miracol ch’è al mondo,
     3Il qual non ha secondo;
     Come il potrò io far senza tua aita?
     Aiutami, signor, dammi fortezza
     6Ch’io sopporti tal pondo,
     E fa ch’io sia facondo
     A ritrar sua biltà, ch’è infinita.
     9Se ’l mio intelletto, ch’ha virtù finita,
     Tal leggiadria e tal miracol novo,
     E ’l foco in ch’io mi trovo
     12Mostrar non può, fanne tu degna scusa
     E dì che mal s’ausa
     Lingua mortale a parlar del divino,

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     15Ch’ha ’n se la bella donna dentro ascusa.
     Perchè umìl mi dichino
     A domandar perdono, a voi dicendo
     18Ch’io non posso ridir quel ch’io comprendo.
I capei d’oro, la spaziosa fronte
     Dove ridon le rose,
     21Nere ciglia amorose,
     Con una via di latte che divide
     Dall’altro a l’uno infin ch’al naso smonte,
     24Dove drittura pose
     Natura, e dove ascose
     Degli occhi il lume di mie stelle fide,
     27Disparir fanno il sol, dove Amor ride;
     Con guance che di perla orientale
     Hanno color, nè tale
     30Più visto fu la piccioletta bocca,
     Co’ sottil labbri fiocca
     Soave odore da’ suoi nivei denti
     33E ’l mento è sì pulito, che si scocca
     Policreto e sue genti.
     Quando riguardo tal bellezze fiso,
     36Non so s’io sono in terra o ’n paradiso.
La svelta gola è colonna polita,
     Che sostien la cervice
     39D’esta bella Fenice,
     Con color cristallin che sempre splende.
     E l’ampie spalle ov’è biltà compita,
     42E’ bracci a cui ne lice
     Ciò che ’l pensier ne dice,
     Se tra lor fossi, o beata tua vita.
     45Le bianche man, le sottilette dita

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     E ’l suo latteo petto e le mammelle,
     Che chi da lor si svelle,
     48Non può dolce sentire in alcun loco.
     Per onestà vo poco
     Trattar dell’altre parti ascoste, Amore.
     51Il suo soave andar saetta foco
     A chi ’l guarda nel core;
     Ond’io contento ciò ch’è maraviglia,
     54E spesso dico il suo fattor somiglia.
Fra divine bellezze Amore ha ascoso
     Un cor tanto gentile,
     57Con vago aspetto umìle,
     Da fare innamorar te, sommo Giove.
     Nel suo bel viso siede ogni riposo,
     60E ciascun atto vile
     Vi pere, sicchè simile
     Si vien d’ogni virtù, che da lei piove.
     63Negli occhi suoi, se avvien ch’ella gli muove,
     Si veggon cose ch’uom non sa ridire,
     Ma convienvi perire
     66Siccome occhio mortal nel divin sole.
     Con qual degne parole
     Potrei io mai ritrar la sua virtute?
     69Far nol so io, ma chi in un punto vuole
     Veder tutta salute,
     Guardi il miracol che dal terzo cielo
     72Produsse Dio quaggiù nel mortal velo.
Per lei son io, signor, venuto a tale
     Che or d’un sasso duro
     75Tutto mi trasfiguro
     E diveng’uomo e poi pallido amante.

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     O contraria a Medusa, a me non vale
     78Fuggir, sicchè sicuro
     Da te più non mi furo,
     Perchè mi sgrida Amore; ond’io tremante
     81A lui m’assegno, ed a te vengo avante,
     Che siedi com’ei vuol nella mia mente,
     Ad esso obbedïente.
     84Comanda tu, che mi sentenzi a morte.
     O trista, o dura sorte!
     Allor guard’io se alcun atto pietoso
     87Rimaso è ’n te, ch’hai ’l cor di diamante,
     E veggio sì cruccioso
     Il tuo aspetto, ch’altro non mi giova
     90Che chiamar morte, morte, morte a prova.
Descritto hai, Canzon mia, piccola parte
     Di quel ch’io ho dentro, che non so mostrare.
     93Ma basti questo a fare
     Muover gli amanti che truovi a pietade
     Dì loro in veritade,
     96Che per la fe ch’ad una donna porto,
     Io son venuto al punto ov’io son morto.
     E poi con umiltade,
     99Nelle man della bella donna mia,
     Raccomanda lo spirto che va via.