Rime (Vittoria Colonna)/Sonetto XLV

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Sonetto XLV

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SONETTO XLIV


Alzata al Ciel da quel solingo e raro
   Pensier, che sopra il corso uman mi spinge
   Veder mi parve il volto, che depinge
   Amor al cor, ma più splendente e chiaro.
E di veder sopra quei cerchi imparo,
   Come un solo voler li muove e cinge,
   Come una sola mano allarga e stringe
   Quanto piove fra noi di dolce e amaro.
L’ intelletto tra ’l lume, e le parole
   D’ un’ alta meraviglia sopragiunto,
   Fiso nel mio, non scorse il maggior Sole:
Perchè già al fin del desiderio giunto,
   Non sofferse la gloria, onde mi duole,
   Che ’l giunger, e ’l sparir fosse in un punto.


SONETTO XLV


Quando già stanco il mio dolce pensiero
   Del suo felice corso giunge a riva,
   Dimostra il sonno poi l’ immagin viva
   Con altro inganno più simile al vero.
Quel fa, ch’ io segni bianco il giorno nero,
   Questo d’ oscurità la notte priva,
   E se già l’ aprir gli occhi mi nodriva,
   Il chiudergli ora è cagion, ch’ io non pero.
E se col tempo il gran martir s’ avanza,
   Più salda ognor nella memoria siede
   Col sonno, e col pensier l’ alma sembianza.
E ’l proprio ardor rinova la mercede,
   Che se fuggì il piacere, e la speranza,
   Con maggior forza allor s’ armò la fede.