Rime varie (Alfieri, 1912)/CXXXV. Mentre corregge le bozze delle tragedie

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CXXXV. Mentre corregge le bozze delle tragedie

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CXXXV. Mentre corregge le bozze delle tragedie
CXXXIV. Perché abbandonò la città nativa CXXXVI. Per il sepolcro del Tasso

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CXXXV [clxxxiv].1

Mentre corregge le bozze delle tragedie.

Oh stolta in ver mia giovenil baldanza,
Che acciecata la mente un tempo m’ebbe!2
Error, che a molti innanzi a me già increbbe;
4 Credersi in Pindo aver secura stanza.3

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Deh, quanto ancor dell’aspra via m’avanza
Che a corre4 il vero alloro guidar debbe!
Aspra piú all’uom, quanto in piú fama ei crebbe
8 Caldo il cor di tenace alta costanza.
Ben non so s’io di Cirra5 ebro, o d’orgoglio,
Fossi il dí che stampai tragici carmi,
11 Di cui piú ch’altri io stesso, e in van, mi doglio:
Ma immaturi eran certo: onde a scolparmi,
Sudo or sovr’essi; e o dargli il fuoco io voglio,
14 O trargli a tal d’esser scolpiti in marmi.6


Note

  1. La malattia che colpí l’A. nell’estate del 1787, gli lasciò le sue tracce, ed egli «rimase cosí indebolito.... della mente, che tutte le prove delle tre prime tragedie, che successivamente nello spazio di circa quattro mesi in quell’anno gli passarono sotto gli occhi, non ricevettero da lui né la decima parte delle emendazioni ch’avrebbe dovuto farvi». (Aut., IV, 17°). Questo stato di debolezza mentale del Poeta ci dà pure la spiegazione del lungo silenzio che intercede fra la composizione dell’ultimo sonetto da me commentato (10 nov. 1787) e di quello che ora ci apprestiamo a commentare (17 maggio 1788).
  2. 1-2. Allude l’A. alla edizione senese del 1783.
  3. 4. Credere di aver acquistata fama immortale nel regno della poesia.
  4. 6. Corre, cogliere.
  5. 9. Cirra era il giogo di Parnaso abitato da Apollo; Dante (Par., I, 35 e seg.):
    Forse diretro a me con miglior voci
    Si pregherà perché Cirra risponda.
  6. 12-14... a scolparmi Sudo sovr’essi: «Mi sono poi ben convinto in appresso, quando io fui all’atto pratico di quella stampa che durò poi quasi tre anni, che atteso l’assiduo, e lunghissimo e tediosissimo lavoro che mi vi convenne di farvi sopra le prove, se poco era il fatto sino a quel punto, ove fossi mancato io, quello che lasciava sarebbe veramente stato un nulla, ed ogni fatica precedente a quella dello stampare era intieramente perduta, se quest’ultima non sopravveniva per convalidarla (Aut., IV, 17°). — A tal, a tal grado di perfezione.