Rime varie (Alfieri, 1912)/LI. Chiede a sé come possa aver vòlto il pensiero ad altra donna

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LI. Chiede a sé come possa aver vòlto il pensiero ad altra donna

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LI. Chiede a sé come possa aver vòlto il pensiero ad altra donna
L. È privo di notizie della sua donna, e se ne dispera LII. Al cavallo Fido, appartenuto alla sua donna

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LI [lxix].1

Chiede a sé come possa aver vòlto il pensiero

ad altra donna.

Un muover d’occhi tenero e protervo,
Un ragionar soavemente al core,2
E in nobil atto d’ogni grazia il fiore,
4Fatto or m’han quasi ad altra donna servo?
Eppure illeso entro il mio sen conservo
Non per assenza3 scemo il prisco amore:
Ma questa io sfuggo, e m’è il fuggir dolore,4
8Qual di saetta ad impiagato cervo.
Cor mio, che fu? ragion5 ne voglio intera.
Donna avvi al mondo oltre la donna mia?
11O son io amante di volgare schiera?6
Nol son; né stimo in terra altra ven sia.7
Debolezza ciò dunque in me non era;
14Ma forza era in costei di leggiadria.


Note

  1. Abbiamo detto, a proposito del son. Negri, vivaci, in dolce fuoco ardenti, che non di tutte le rime amorose dell’A. fu Musa ispiratrice la Contessa d’Allbany; ecco infatti un sonetto che non le appartiene. La signora, a cui il Poeta si rivolge con questi suoi versi, è, probabilmente, Alba Corner, moglie di un Vendramin, bailo di Venezia a Constantinopoli (Vegg. Bertana, op. cit., 209, in nota). Nell’epistolario alfieriano sono quattro brevi e appassionate lettere a questa signora, che recano la data: «Pisa, 1785». Esse non hanno dunque, apparentemente, nulla che fare con questo sonetto che ha nel ms. laurenziano l’indicazione: «Tra Lodi, Zurlesco e Piacenza, 27-28 luglio [1783]». Senonché, come bene osservò il Bertana, la data del 1785 dev’essere erronea, sia perché alcuni pensieri delle lettere coincidono con altri del sonetto, sia perché l’A. dice in una delle lettere alla signora Vendramin-Corner che «da sei anni in poi essa era stata la sola donna ch’egli aveva dovuto fuggire e che gli avesse lasciato sorgere il pensiero ch’altra donna esistesse al mondo che la sua». Ora, i sei anni, a partire dal 1785, ci conducono al 1779, data affatto insignificante nella vita dell’A., ma, a partire dal 1783, ci conducono al 1777, nel quale anno avvenne il suo innamoramento per la Contessa.
  2. 2. Un ragionare che scende direttamente al core: ricorda il verso del Petrarca (Rime, CCXIII):
    E ’l cantar che ne l’anima si sente,
  3. 6. Assenza, lontananza. In una delle cit. lett.: «... se io avessi conosciuto lei prima, non cadrebbe dubbio sull’animo mio».
  4. 7. «L’onesto procedere vuole dunque assolutamente ch’io m’allontani, e che dia cosí a lei il maggior segno di vivo sentimento che io le possa dare nelle mie circostanze presenti».
  5. 9. Ragion, spiegazione.
  6. 11. «Io non sono né di facile né di leggiera impressione; le cose o mi vanno all’osso o non mi toccano».
  7. 12. Né stimo che in terra altre donne sieno, oltre la mia.