Rime varie (Alfieri, 1912)/XVIII. Amò altre volte, ma senza che Amore gli ispirasse nulla di buono

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XVIII. Amò altre volte, ma senza che Amore gli ispirasse nulla di buono

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XVIII. Amò altre volte, ma senza che Amore gli ispirasse nulla di buono
XVII. Le parole non valgono ad esprimere il suo affetto XIX. Gli piace il volto, e più ancora l'animo della sua donna

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XVIII [xxii].1

Amò altre volte, ma senza che Amore

gli ispirasse nulla di buono.

Adulto appena, alla festiva reggia

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Mi appresentai dell’immortale arciero;2
E un biondo crin fu il laccio mio primiero,
4Mercé il gran Dio che il mondo signoreggia.
Quindi, negli anni in cui piú l’uom vaneggia,3
Feci mio dolce ed unico pensiero
Altra beltà dall’occhio ardente e nero:
8Senza uscir pur dalla volgare greggia.4
Sperava io poi d’ogni servaggio il fine;
Nol volle Amore; e mi additò costei,
11Che negro ardente ha l’occhio, ed auro il crine.5
Mostrolla, e disse: In questa amar tu dei,
Piú che il bel volto, le virtú divine,
14Ch’io per bearti ho tutte accolte in lei.


Note

  1. In questo sonetto, pure del 1778, l’A. accenna a due sole fra le passioni amorose onde fu preso prima che lo stringesse quella piú costante per la contessa d’Albany, ma, secondo l’Aut., esse furono almeno tre, non considerando, come neppure l’A. mostra di considerar vero amore quello che provò nel 1765 per una giovane signora da lui conosciuta in villeggiatura, «brunetta piena di brio e di una certa protervia che gli faceva grandissima forza (Aut., II, 10)»: la prima vera passione divampò nel cuor suo tre anni dopo, per una signora dell’Haja, sposa da un anno, «piena di grazie naturali, di modesta bellezza e di una soave ingenuità, che gli toccò vivissimamente il cuore»: venne poi, nel ’71, la tempestosa passione per Penelope Pitt, l’infedele moglie di Lord Edoardo Ligonier, con tutte le sue tragiche conseguenze, delle quali è ampiamente discorso nell’Autobiografia (Ep. III, cap. 10°-11°, Ep. IV, cap. 16°): due anni dopo, a Torino, l’A. è novamente acceso per Gabriella Falletti, moglie di Giovanni Turinetti, marchese di Prié, ed eccolo trascinare lungamente le sue vergognose, aborrite catene. A quale di questi amori allude il Poeta nel presente sonetto? Probabilmente nella prima quartina egli intende riferirsi alla Signora dell’Haja, della quale s’invaghí quando aveva diciannove anni, il che dà ragione dell’adulto appena del primo verso; l’altra donna poi dall’occhio ardente e nero è, forse, Gabriella Falletti e me lo fa supporre il verso:
    Sperava io poi d’ogni servaggio il fine;
    Ma gli accenni sono, per altro, troppo vaghi in questo sonetto, perché si possa venire ad una conclusione sicura.
  2. 2. Di Amore.
  3. 5. Il Tasso (Gerus. lib., VII, 12):
    Tempo già fu, quando piú l’uom vaneggia
    Nell’età prima, ch’ebbi altro desio...
  4. 8. Dante (Inf., II. 104 e segg.):
    Che non soccorri quei che t’amò tanto,
    Ch’uscío per te dalla volgare schiera?
  5. 11. Veggasi la nota prima del sonetto XVI.