Rinaldo/Torquato Tasso a i lettori

Da Wikisource.
Torquato Tasso a i lettori

../ ../Canto primo IncludiIntestazione 14 maggio 2022 25% Da definire

Rinaldo Canto primo

[p. 3 modifica]TORQUATO TASSO

A I LETTORI

Non m’era nuovo, benignissimi lettori, che si come nessuna azione umana mai fu in ogni parte perfetta, cosí ancora a nessuna mai mancarono i suoi riprensori. Laonde, quando diedi principio a quest’opera, la quale ora è per venire a le vostre mani, e quando di stamparla mi disposi, chiaramente previdi che alcuno, anzi molti sarebbono stati, i quali l’una e l’altra mia deliberazione avriano biasimata; giudicando poco convenevole a persona, che per attendere agli studi de le leggi in Padova dimori, spendere il tempo in cose tali; e disconvenevolissimo ad un giovine de la mia etá, la quale non ancora a xix anni arriva, presumere tant’oltre di se stesso, ch’ardisca mandar le primizie sue al cospetto de gli uomini, ad esser giudicate da tanta varietá di pareri: nulladimeno, spinto dal mio genio, il quale a la poesia sovra ad ogn’altra cosa m’inchina, e da le esortazioni de l’onoratissimo M. Danese Cattaneo, non meno ne lo scrivere, che ne lo scolpire eccellente; essendo poi in questa opinione confermato da M. Cesare Pavesi, gentiluomo e ne la poesia e ne le piú gravi lettere di filosofia degno di molta lode, osai di pormi a quest’impresa, ancorché sapessi che ciò non sarebbe per piacere a mio padre, il quale e per la lunga etá, e per li molti e vari negozi che per le mani passati gli sono, conoscendo l’instabilitá de la fortuna e la varietá de’ tempi presenti, avrebbe desiderato che a piú saldi studi mi fossi attenuto, co’ quali quello m’avessi io potuto acquistare ch’egli con la poesia, e molto piú col correr de le poste in servigio de’ principi, avendo giá acquistato, per la malignitá de la sua sorte perdé, né ancora ha potuto ricuperare: si ch’avendo io un si fermo appoggio com’è la scienza de le leggi, non dovessi poi incorrere in quegli incomodi, ne’ quali egli è alcuna volta incorso. Ma sendo [p. 4 modifica]4

TORQUATO TASSO

stata di maggior forza in me la mia naturale inclinazione, il desiderio di farmi conoscere (il che forse piú facilmente succede per lo mezzo de la poesia, che per quello de le leggi) e Pesortazioni di molti amici miei; cominciai a dar effetto al mio pensiero, cercando di tener quello ascoso a mio padre: ma non era giunto anco di grande spazio a quel termine che ne la mente proposto m’avea, ch’egli ne fu chiarissimo; ed ancorché molto li pesasse, pure si risolvè a la fine di lasciarmi correre dove il giovenil ardore mi trasportava. Si che avendo ne lo spazio di dieci mesi condotto a fine questo poema (come il signor Tommaso Lomellino, gentiluomo onoratissimo e di pulitissimi costumi, ed altri molti render ne possono testimonio), e mostrandolo a i datissimi signor Molino e Veniero, il valor de’ quali supera di gran lunga la grandissima fama; fui da loro esortato caldamente a darlo fuori: e si può veder una lettera del predetto signor Veniero, scritta in questa materia a mio padre, il quale senza l’autoritá ed il parere di questi dottissimi e giudiziosissimi gentiluomini non m’avrebbe giammai ciò permesso; ancorché dal Danese e dal Pavese, il giudizio dei quali è però da lui molto stimato, ne gli fosse prima stato scritto, non avendo egli veduto se non parte de l’opera mia. Viene dunque il mio Rinaldo a dimostrarsi al vostro cospetto, sicuro sotto lo scudo di tali autoritá da l’arme de le maldicenze altrui./, Pregherò ben voi, gentilissimi lettori, che lo vogliate considerare come parto d’un giovinetto, il qual se vedrá che questa sua prima fatica grata vi sia, s’affaticherá di darvi un giorno cosa piú degna di venir ne le vostre mani, e che a lui loda maggior! possa recare.*Né credo che vi sará grave che io, discostatomi al; quanto da la via de’ moderni, a quei migliori antichi piú tosto mi sia voluto accostare: ché non però mi vedrete astretto a le piú severe leggi d’Aristotile, le quali spesso hanno reso a voi poco grati que’ poemi che per altro gratissimi vi sarebbono stati; ma solamente quei precetti di lui ho seguito, i quali a voi non toglionoil diletto^ com’è, l’usare spesso gli episodi, ed, introducendo a parlar~altri,’spogliarsi de la persona di poeta, e far che vi nascano le agnizioni e le peripezie, o necessariamente o verisimilmente, e che vi siano i costumi e il discorso espressi.tíT ben vero che ne l’ordir il mio poema mi sono affaticato ancora un poco in far si che la favola fosse una, se non strettamente, almeno largamente considerata; e ancora ch’alcune parti di essa possano parere oziose, e non tali, che, sendo tolte via, il tutto si distruggesse, si [p. 5 modifica]A I LETTORI

5

come, tagliando un membro al corpo umano, quel manco ed imperfetto diviene; sono però queste parti tali, che, se non ciascuna per sé, almeno tutte insieme fanno non picciolo effetto, e simile a quello che fanno i capelli, la barba, e gli altri peli in esso corpo, de’ quali s’uno n’è levato via, non ne riceve apparente nocumento; ma se molti, bruttissimo e difforme ne rimanej Ma io desidererei, che le mie cose né da’ severi filosofi seguaci d’Aristotile, che hanno innanzi gli occhi il perfetto esempio di Virgilio e d’Omero, né riguardano mai al diletto ed a quel che richieggiono i costumi d’oggidi, né da i troppo affezionati de l’Ariosto fossero giudicate: ’pferò che quelli conceder non mi vorranno, ch’alcun poema sia degno di loda, nel qual sia qualche parte che non faccia apparente effetto, la qual tolta via non però ruini il tutto} ancorché molti di tali membri siano nel Furioso e ne 1 ’Amadigi ) ed alcuno ne gli antichi greci e latini; quest’altri gravemente mi riprenderanno che non usi ne’ principi de’ canti quelle moralitá, e que’ proemi ch’usa sempre l’Ariosto: e tanto piú che mio padre, uomo di quell’autoritá e di quel valore che ’l mondo sa, anch’ei talvolta da questa usanza s’è lasciato trasportare. Benché, d’altra parte, né il principe dei poeti Virgilio, né Omero, né gli altri antichi gli abbiano usati, ed Aristotile chiaramente dica ne la sua Poetica (la qual ora con gloria di sé e stupore e invidia altrui, espone in Padoa l’eloquentissimo Sigonio) che tanto il poeta è migliore, quanto imita piú, e tanto imita piú quanto men egli come poeta parla e piú introduce altri a parlare: il qual precetto ha benissimo servato il Danese, in un suo poema composto ad imitazione de gli antichi, e secondo la strada ch’insegna Aristotile; per la quale ancor me egli esortò a caminare. Ma non l’han giá servato coloro che tutte le moralitá e le sentenze dicono in persona del poeta; né solo in persona del poeta, ma sempre nel principio de’ canti: ch’oltre che ciò facendo non imitino, pare che siano talmente privi d’invenzione, che non sappiano tai cose in altra parte locare che nel principio del canto: e come questa ad alcuni potrebbe parere soverchia ambizione di voler mostrarsi dotto, o pur d’esser, scherzando, piacevole e faceto tenuto dal vulgo; cosí forse non è senza affettazione, ed io credo che vero sia, ciòcche il dottissimo signor Pigna dice in questa materia, che/l’Ariosto tai proemi non avrebbe fatto, se non avesse stimato che, trattando di vari cavalieri e di varie azioni, e tralasciando spesso una cosa e ripigliandone un’altra, gli era necessario render talvolta docili [p. 6 modifica]6

TORQUATO TASSO

gli auditori, il che quasi sempre in tai proemi si fa, preponendo quel che nel canto si dèe trattare e congiungendo le cose che s’hanno a dire con quelle che giá dette si sotioj* e la medesima cagione, oltre l’usanza, ha mosso mio padre ad imitarlo.;Ma io che tratto d’un sol cavaliero ristringendo (per quanto i presenti tempi comportano) tutti i suoi fatti in un’azione, e con perpetuo | e non interrotto filo tesso il mio poema, non so per qual cagione ciò mi dovessi farej e tanto piú, che vedeva la mia opinione dal Veniero, dal Molino, e dal Tasso essere approbata, l’autoritá de’ quali può molto appo ciascuna persona. Sapeva oltra ciò quest’essere prima stata opinione de lo Sperone, il quale tutte l’arti e le scienze interamente possedè. Non vi spiaccia dunque di vedere il mio Rinaldo parte ad imitazione de gli antichi e parte a quella de’ moderni composto; il quale, se da voi será benignamente accolto, un’altra volta in molte parti migliorato si lascerá vedere.

[>562] [p. 7 modifica]DEL

RINALDO *

di TORQUATO TASSO

a l’Illustrissimo e Reverendissimo Signor D. LUIGI D’ESTE Card.