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Saggio meteorologico/Parte prima/01

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Parte prima - I - Premessa generale: degli effetti grandi de' moti piccoli

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Parte prima - I - Premessa generale: degli effetti grandi de' moti piccoli
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ARTICOLO I.

Premessa generale: degli effetti grandi de’ moti piccoli.

A Tutto quello, che siamo per ragionare, e dimostrare sopra l’azione, ed influenza degli Astri, particolarmente della Luna, e del Sole, sopra le Meteore, e le mutazioni dell’aria; opportuno, anzi necessario sembra premettere, come Lemma universale, la considerazione della gran forza de’ moti piccoli, o simultanei, o raccolti, per produrre grandissimi effetti; mentre da per tutto lenta, nascosta, e quasi misteriosa si osserva la maniera di operare della natura, e per lo più tenui, e solamente accumulate grado a grado sono le emanazioni degli Astri per commovere, ed alterare e l’Oceano, e l’Atmosfera, e gli altri fluidi, e solidi corpi attinenti al nostro Globo.

Del grande effetto dei piccoli moti, innumerabili esempi familiari si presentano a chiunque per poco osserva e riflette. Ognuno può vedere, come radici minutissime, e tenerissime d’ellera, di caprifichi, ed altri alberi, s’aprono a poco a poco la strada per entro le commissure angustissime di muraglie marmoree, per le vene delle rupi, e degli scogli, dove i cunei di ferro non si sarebbero cacciati coi martelli de’ Ciclopi; e dentro crescendo e dilatandosi, squarciano e spaccano queste durissime masse; effetto che da altro non proviene se non che dal continuato comunque tenuissimo urto del succo nutricio assorbito dai tubi capillari de’ vasi della pianta. Le goccie d’acqua cadendo da’ stillicidj, le pietre più dure incavano, con tenui, ma replicati colpi, commovendo a poco a poco, e distaccando le parti delle medesime; nel qual modo vengono logorate e consunte le moli delle piramidi, e le masse de’ metalli, dal tempo, cioè dalla forza predatrice dell’aria, e dell’etere, la quale in altro non consiste, se non in pic[p. 2 modifica]coli urti continuati, coi quali l’aria battendo alla superfizie, e l’etere penetrando, e scorrendo per gl’interstizj interni, va scuotendo, e separando le molecule, comunque aderentî, che compongono i solidi.

Boyle nel Trattato de Cosmicis rerum qualitatibus, riferisce l’esperienza che fece più volte sopra grani di fava secca, i quali immersi nell’acqua, gonfiansi, e crescono con forza tale, che giunge a farne scoppiare il vaso, se sia ben chiuso, o pure ad inalzare un peso di cento libbre posto sopra il coperchio. Simile è la forza con cui si dilata l’acqua congelandosi nel noto esperimento, in cui una canna da moschetto quantunque forte si spacca con fragore simile allo sparo della polvere. Chi non sa, come bagnandosi le funi si accorciano in modo da sollevare enormi pesi? e chi non ha inteso, come da una massa di pietra arenaria si separino ad una ad una le mole da macina, solamente col bagnare alcuni cavicchi di legno secco conficcati in bucchi ben distribuiti; mentre gonfiandosi il legno arriva a sollevare, e distaccare una mola dall’altra prontissimamente?

Tutte queste immense forze e del legno, e delle funi, e delle fave bagnate, e del gelo, e delle radici ancora, non sono che piccole azioni raccolte delle molecule d’aria, alle quali, l’umido lubricando le fibre rispettive de’ solidi, dà adito di andarsi sviluppando, e riacquistare il proprio elaterio. Nè in diverso modo, secondo molti, nasce la forza della tensione de’ muscoli per l’ingresso del fluido animale, che gonfia i piccoli anelli, o vessichette delle fibre, forza che dal Borelli, e da altri viene valutata equivalente al peso di molte centinaja di libbre in un sol muscolo.

Gli esperimenti, e gli esempj sono in tanto numero, che non so quali sciegliere, o quali omettere. Riferisce il Montanari (Astrol. convin.) trovarsi nella Stiria, presso la via che dall’Italia conduce a Vienna, una spelonca di tal natura, che gittandovisi un sassolino, s’inalza un vapore tale, che dentro mezz’ora eccita intorno quel monte una procella con pioggia, grandine, tuoni e fulmini; il luogo fi chiama Kopffenberg, ed è descritto anche nelle Transazioni Filosofiche n. 191. Caverna simile viene riferita da Plinio (L. 11. C. 45.). sulla spiaggia della Dalmazia, che secondo lo Scheuckzero deve chiamarsi Senta. Simili esempj somministra l’Istoria della China (Kirch. Chin. illustr. P. 4. C. 4.). Nella Provincia di Xengi v’è un monte detto Taipa, ove battendo un tamburo, ben tosto si eccitano lampi, tuoni, fulmini, ed orribile procella; onde è vietato con severissime pene di toccare alcuno strumento intorno quel luogo. Nella Provincia Quanton v’è un altro: monte orrido, ove in alcuna delle sue voragini gittando un sasso, si sente un orrendo fracasso di tuoni, e ben tosto turbato il cielo si scatenano nembi rovinosi1. Molte altre simili [p. 3 modifica]caverne s’incontrano riferite nell’Istoria naturale, le quali provano gli effetti terribili, che possono sorgere da un principio di piccolo moto.

Io non ho difficoltà di riferire a questo genere la forza degli odori sopra i corpi animati, ne’ quali un semplice alito cagiona sincopi, e deliquj mortali; quella de’ veleni, de’ miasmi pestilenziali, degli effluvj delle caverne, o solamente delle fresche intonacature di calce, che talora uccidono. Chi non conosce la forza del solletico e della titillazione nell’agitare i corpi, che supera l’urto delle percosse più forti2? E in qual altro modo opera la Musica destando le passioni, o l’aspetto di qualche oggetto amabile per accendere l’amore, o di un odioso per l’ira? In tutti questi casi, i fluidi, e i solidi adagio adagio si vanno vibrando agitando in modo da produrre una perturbazione, e scuotimento, che forse in vano con qualunque grande impulso repentino si tenterebbe. Anzi una forza grande tutta insieme applicata potrebbe impedire l’effetto, impedendo se stessa; come quando una gran folla concorre per uscire da una porta, e niuno può uscirne, perchè uno sostenta l’altro a guisa delle pietre di un ponte, o di un arco.

Un certo dominio di terrore, o di amore, che alcuni animali esercitano colla sola vista sopra degli altri, o uomini sopra altri uomini, ch’è come una specie d’incanto, e di fascinazione, non si deve ripeter altronde, che dalla vibrazione o di effluvj, o solamente di percosse vive nell’aria intermedia, che batte i fluidi, e la macchina de’ soccombenti. Non si troverà assurdo, che tali vibrazioni, replicate, moltiplicate, e condensate, si potessero propagare in distanza, a commovere un volume d’aria rimota, per esempio coi clamori intensi, e continuati d’un numeroso popolo, aggiontovi il rimbombo di molti stromenti: e se fossero verificati certi quasi magici, ed istantanei cambiamenti d’aria in simili casi, non si [p. 4 modifica]potrebbe fisicamente concepire, che arrivassero in modo molto diverso da quello, con cui i clamori de’ Crociati sotto Tolemaide fecero cader dall’alto la Colomba messaggiera, che all’uso di que’ paesi portava lettera d’avviso agli assediati; o pure come accade talor di vedere a chi viaggia in tempo di neve per profonde valli tra l’Alpi, che ad un semplice sternuto, o altro piccolo suono, staccandosi per sì tenue tremore un fiocco di neve dalla fronda di un albero, o dalla cima prominente di un sasso, questo fiocco rotolando giù, e involgendo la neve che incontra, cresce alla mole d’una montagna, che schianta tutto ciò, che incontra per via, seppellisce vetture e case riempie gli alvei e le valli, fa cambiar letto ai torrenti, eccita nell’aria una tal onda, che forma un vero uragano.

Più che si considera la maniera di operare dalla natura, tanto nel produrre, quanto nel distruggere le cose, si troverà, che ella procede adagio, con silenzio, con tempo, con moti piccoli, lenti, e misurati; sicchè un effetto non si produce mai, se non con un grado preciso, e quasi atomo di azione, e questo compartito a misura. Possono attestarlo i più intimi esploratori della natura, voglio dire i Chimici, i quali per effettuare qualche soluzione, digestione, coagulazione, o altro, sono costretti a compartire tanto scrupolosamente i gradi del fuoco, ed attendere i giorni, le settimane, i mesi, e gli anni; anzi ciò si vede nelle operazioni più comuni, ne’ lavori de’ cuochi, nel fermento del pane, nella formazione del cascio, e del butirro. Ma chi avrebbe creduto, che per accelerare la formazione del gelo, cioè per fissar l’acqua, come si pratica artifizialmente, fosse giovevole qualche piccola scossa del vaso, o un leggiero vento? E pure così è, quasi che con questo piccolo scuotimento le particelle erette dell’acqua si pieghino, e cadano le une su l’altre, o pure più prontamente si scacci l’aria ed il fuoco, che le teneva in soluzione. Così il Sig. Frievvald (T. XIV. Comment. Petrop.) mentre in stagione fredda faceva esperienze sopra le congelazioni, posto casualmente il dito su la pelle che copriva l’ampolla de’ Diavoli Cartesiani, con istupore vide in un subito per sì leggiero tocco tutta l’acqua convertirsi in lamelle di ghiaccio. Ciò accade a grado dello Sperimentatore ogni volta, che in tempo di gran freddo tenga delle bottiglie o tazze d’acqua coperte e difese dall’aria: benchè l’acqua abbia concepito molti gradi di freddo, 6, 10, 12, sotto il grado del gelo, non si gela: ma un piccolo tocco che la scuota, la fa tosto gelare. V. M.r de Mairan, Diss. Sur la Glace. p. 11. Sect. 3. Il qual fenomeno sulla formazione del gelo col tremito, ci fa capire quello che si osserva in tempo di nubi procellose, che allo scoccare di un tuono, cade tosto la grandine o la pioggia, simile a’ frutti maturi che cadono al crollarsi di un albero; e fa insieme arguire, quanto pericoloso sia il far rumori grandi, come suonar le campane in tempo di temporali3. [p. 5 modifica]

Nel volume II. delle Memorie adottate dall’Accademia di Parigi v’è questa Istoria. Li 26. Maggio 1750. dopo una leggiera scossa di [p. 6 modifica]moto un macellajo vide nel suo macello tutte le carni lucenti, spezialmente le parti grasse, e presso le ossa: il chiaro che mandavano, faceva distinguere le persone: e ciò che è notabile, queste carni diventavano meno fosforiche a misura, che si corrompevano, sicchè quando furono da gittar via non lucevano più. Dunque non è propriamente la corruzione quella, che rende le carni, i pesci, e i legni fosforici. Come poi queste carni contraessero tal luce con quella leggiera scossa di terremoto, se acquistando le parti una vibrazione, o pure una spezie d’alito, ed effluvio elettrico, o per altro modo, non è facile a decidere; quanto è chiaro il nostro principio generale, che piccoli moti fanno effetti maravigliosi. Simile è l’effetto de’ tuoni, degli spari de’ mortaj, e molto più dei fulmini, che fanno perdere il magnetismo agli aghi, e più frequentemente guastano i vini nelle cantine, come fa pure il tremore delle carrozze che passano: cosa curiosa, mentre il vino condotto su’ carri a molte miglia per vie sassose, riceve più tosto benefizio, che danno: tanto è determinato il grado, e la spezie de’ moti, onde la natura produce i suoi effetti.

Generalmente la natura esige tempo, successione, e dispensazione di moto: la quale economia chi sapesse imitare, imitarebbe le opere più grandi della natura. S’è ciò ottenuto nel far nascere i polli senza l’incubazione della chioccia, ne’ forni: arte da antico tempo, e casualmente posseduta dagli Egizj, ma ragionatamente scoperta, e stabilita dal celebre Sig. Reaumur; il quale considerando, che il calore della Gallina non poteva esser altro, che quello dell’animale, ritrovato costante di 33 gradi nella scala del suo Termometro, applicando un tal grado di calore per 21 giorni alle uova, ottenne finalmente il bramato effetto, in vano prima più volte tentato in Italia, ed in Vienna nel secolo passato, di veder nascere felicemente i polli. Ma conviene leggere il suo libro per vedere l’estreme difficoltà, e le infinite prove occorse, prima d’incontrare il preciso grado, e qualità del caldo, avendo adoprato or letame, or carbone, or legna, e nella materia, e forma dei forni stessi, e nel mantenere costante il grado del calore, (poichè un piccolo colpo di caldo più acuto uccideva tosto i teneri feti,) e nell’allontanare gli effluvj nocivi, e nel rinovar l’aria, e in mille altri riguardi, che tutti provano la misurata, delicata, e precisa operazione della natura. Questa è quella, che impedisce ai grossolani organi nostri la produzione artifiziale di animali più perfetti [p. 7 modifica]vivipari (che lo spirito idealmente non trova impossibile). Poichè oltre la difficoltà di formare un forno, o matrice artifiziale, oltre quella di somministrare succo e alimento opportuno, oltre il grado di calore, vi sarebbe quella di applicare una spezie di moto peristaltico ed animato, che serve allo sviluppo de’ germi nelle macchine viventi. Ma oltre tanti ingredienti in grado fisso ed individuo bisognerebbe sostentare tutto questo composto di azioni per tutto il tempo determinato dalla natura al nascer di un animale. Poichè se uno per far nascere i polli dicesse, che richiedendosi 33 gradi di calore sostenuto per 21 giorni, dunque si potrebbe far nascere le uova in un giorno solo, coll’applicare un calore di 33 gradi moltiplicato 21 volte, che sarebbe uno de’ più ardenti fuochi della Chimica; questo al più potrebbe cuocere, calcinare, e vitrificare le uova; ma non ingannare le regole eterne della natura.

Io conchiudo finalmente applicando il fin qui detto al mio scopo principale: se tanta è la forza dei piccoli moti, o simultanei, o successivamente accumulati; se la natura per operare esige gradi quasi individui di moto; per quanto piccole fieno le emanazioni, ed impulsioni degli Astri sopra i fluidi, e solidi sublunari, possono tuttavia essere efficacissime a produrre almeno cooperando validamente le meteore, le mutazioni di tempo, ed impressioni sensibili sulle piante, e sugli animali. Chiuderò questo Articolo con un passo del Montanari, preso da quel Libro istesso, in cui confuta gli Astrologi (Pag. 16. Astrol. Conv. di falso).

Applicando queste dottrine del calore, e del moto a quelle fermentazioni, o sia movimenti interni delle particole componenti che nell’aria vediamo farsi, che or sereno, or nebbia, or nuvolo, ora pioggia, ed altre meteore producono; io non ardirei negare, che i moti, e il calore, non solamente del Sole, e della Luna, ma delle altre Stelle ancora, potessero ciascuna proporzionatamente concorrere a temperare il calore, e il moto di quest’aria, in modo di produrre colla diversità de’ suoi gradi, la varietà degli effetti, che vediamo. E ciò che dico dell’aria, può dirsi della terra, delle piante, degli animali, e de’ corpi nostri ancora: e forse certe infirmità, che regnano alle volte in certe stagioni, o in certi luoghi particolari, o in certa spezie di animali, da determinati gradi di calore e di moto, o, se vogliamo dirlo in una parola, da diversi gradi di fermentazione, che nell’aria, nel sangue, ed in altre cose si produce, hanno l’origine. Nè io saprei convincere direttamente di falso, per quanto ingannato io stimassi uno che mi dicesse, che a un tale effetto potesse esser necessario un raggio di Marte, o di Saturno, perchè conosco, che per quanto debole sia il lume, e la mozione, che può quaggiù produrre una stella così lontana, pure può ella esser quella, che costituisca in essere quel grado preciso di calore, e di moto, che a quell’effetto si richiede. Vedete il seg. Art. XI.

  1. „In prova dei grandi effetti cagionati da piccole cagioni nell’aria le dirò un fatto sicuro . A Segna regna un Borea feroce più che a Trieste; e quando uno voglia far sorgere cotesto vento che agita, e sconvolge il mare, e cagiona tempesta per li vascelli, basta che sulla sommità della montagna, appiedi di cui giace Segna, accenda un piccolo fuoco. Questo fatto è sicuro; e replicatamente anche ne ha fatto l’esperienza.il Tenente Colonnello Bonomo, ch’ora è qui a Milano, al servizio Austriaco, è che per molto tempo è stato colà„. (Articolo di lettera de’ 28 Ottob. 1781. di S. E. S. Presidente Co: Carli. )
    E il dotto P. Panigai di ritorno da Costantinopoli ove dimorò tre anni coll’Eccellentiss. Bailo K.r Giustinian, m’assicurava, che l’accensione de’ vasti boschi che succede talora nel Cuban, ed altre provincie deserte tra l’Asia, e l’Europa, produce grandissimi sconvoglimenti nell’atmosfera.
  2. Una semplice vellicazione è la puntura delle Mosche, degli Ali, o Tafani, che pongono in disperazione gli armenti, e il tocco di penna, o di goccia di sudore alla cima del naso, che si dice essere uno de’ maggiori tormenti de’ torturati. In fatti per destare un moto veemente ne’ corpi animati, mezzo più sicuro forse non v’è che quello della vellicazione: e trattandosi, per esempio, di sciogliere costipazioni, e ostruzioni, di provocar sudore, promovere il moto degl’intestini, ec. sempre più efficace riuscirà una superficialissima, e leggerissima frizione, almeno nel principio, che un violento strofinamento, il quale facendo vibrare con troppo forte undulazione i vasi, piuttosto fa stringere i gruppi loro, che scioglierli; quando un leggero moto apre a poco a poco i pori, promove i fluidi, e dislega i solidi. Nella Medicina Elettrica s’è osservato, che le forti commozioni fanno più di male che di bene agli ammalati; perciò si consiglia di cominciare con iscosse leggere, ed aumentarle a poco a poco. Per la stessa ragione maggior profitto recherà un dolce passeggio a piedi, ed a cavallo, che il correre, come si dice, quattro poste di galoppo; e sempre sarà da preferire una blanda e lunga medicatura, la quale adagio dispone, ad un potente medicamento, che o troppa materia, o troppo impeto promove. Il che è detto in generale; potendovi essere qualche caso di eccezione, come quello che si legge nelle transazioni Filosofiche (Bibl. Ingl. T. 1. P. 2.) di un Giovine, il quale avendo inghiottite le ossa delle prune che mangiate avea, l’ebbe nello stomaco per dieci anni, senza poterle dislaccare con vomitivi, ed altri rimedj praticati: corse alcune miglia a cavallo trottando forte, e questa scossa del ventricolo fece finalmente sollevarlo.
  3. Per dissipare i nembi, e le gragnuole suonansi le Campane, sulle navi si sparano le artiglierie: non mancò in conseguenza chi suggerì di disporre di distanza in distanza de’ pezzi di cannone, o mortari, da sparare contro le nuvole procellose. Abbiamo inteso più d’una volta da’ nostri militari (dice il Cav. di Jaucourt Artic. Orage Encicl.) che lo strepito del cannone dissipa le procelle, e che non si vede mai gragnuola nelle Città assediate. Forse, dice, col mezzo di questa spezie di moto di undulazione che desterebbe nell’aria l’esplosione di molti cannoni sparati gli uni dopo gli altri, si potrebbe scuotere, dividere, rompere, dissipare una nuvola, o gruppo di nuvole, che cominciasse a fermentare, ec.
    Che i suoni forti, e gli spari imprimano un gran tremore nell’aria, capace di produrre effetti diversi dal suono, non possiamo negarlo, provandosi per esperienza, che per tal mezzo si guastano i vini nelle cantine, restano infrante le vetriate, e spaccate le muraglie; e qui sopra si è insinuato, che simili commozioni potrebbero produrre delle mutazioni d’aria quasi improvvise.
    Tutto quello però che dallo sparo del cannone, e dal rimbombo delle campane si potrebbe aspettare (prescindendo dalla forza spirituale delle Benedizioni, e considerandola come causa fisica) sarebbe d’impedire forse, che un nembo in quel luogo istesso non si formasse, o di squarciare una Tromba formata; questo è il più che si potesse sperare. E certamente sarebbe questo mezzo più valido, che non sia il Segno di Salomone usato a farsi dalla superstizione de’ nostri Marinari, con coltello a manico nero, tutto di seguito, pronunziando il primo Versetto dell’Evangelio di S. Giovanni. Ma che un tal rimbombo possa dissipare un nembo già formato, nè da vicino, nè da lontano, non è credibile.
    Quanto poi alle Gragnuole, s’è mostrato qui sopra, che il tremore contribuisce piuttosto alla formazione del gelo. Se nelle Città assediate cada gragnuola, o no, io non saprei dirlo: so bene, che nelle Città grandi, ove numerosissime, e grandissime campane di ogni sorte in caso di temporali suonate fanno un rimbombo terribile, per esempio in Padova, e in Venezia, vengono spesso e gragnuole, e uragani; del che abbiamo esempj in questi stessi giorni.
    Ma quello che spezialmente è da considerare, è il pericolo di attirare, suonando le campane, i fulmini nei campanili colla rovina delle fabbriche, ed uccisione delle persone. Essendo i campanili corpi isolati, elevati, per lo più di figura piramidale, con croce di metallo in cima: di metallo le campane, le corde che tengono i suonatori, di canape: tutto ciò è atto a provocare, e condurre i fulmini, non essendo questi altro che esplosione di fuoco elettrico, come si sa di recente, e si esporrà nella Terza Parte. Aggiungasi ora il tremore dell’aria eccitato col suono delle campane: questo senza dubbio determina più tosto la corrente dell’elettricismo da quella parte: perchè il suono forte col suo tremito fa nell’aria due effetti: fa soffregare tra loro le parti, e ne dirada la massa: il fregamento, come è noto, desta il fuoco elettrico: la diradazione lo chiama, diminuendo la resistenza dell’aria e il tremore in genere piuttosto unisce che disgregare. S’è veduto qui sopra gli esempj singolari de’ tuoni, de’ nembi, de’ fulmini, eccitati col batter il tamburo, col gittare un sasso in una caverna. Si è veduto lampeggiar le campane ad ogni colpo del battente, mentre si suonava per il Tempo di notte.
    Parlando del suono delle campane, nell’Istoria dell’Accademia Regia di Parigi 1719. è riferito questo fatto notabile. La notte dei 14— 15 del mese di Aprile 1718. vi fu un orrendo temporale nella bassa Bretagna verfo Brest, ove dopo varj giorni di pioggia, ed une notte di lampi continui, scoppiarono dei fulmini con tal fragore che atterrirono i cuori più arditi. La stessa notte 14. Chiese in vicinanza furono colpite dal fulmine, e in tutte queste si suonavano le campane: restarono immuni quelle, ove non si suonavano. Il popolo giudicando al modo suo, se ne prese alla violazione del Venerdì Santo, poichè cadeva a tal giorno, in cui le campane devono stare legate. Questa sola istoria basterebbe per provare il pericolo, che vi è nel suonare le campane, quando la nube procellosa è già arrivata sopra il luogo. Ma non passa anno, in cui non s’oda di simili disgrazie di campanili colpiti, di persone uccise dal fulmine.

    Si dirà dunque esser questo un pericoloso costume di suonar le campane nei temporali? Certamente che rispetto al fulmine, e alla gragnuola, non pare da dubitarsi. Tuttavia io non condanno un costume generalmente ricevuto: a fronte della inutilità, o anche del pericolo rapporto agli effetti fisici, v’è la considerazione degli effetti morali. Poichè 1. i Libri Rituali dichiarano, che in tempo di procella si suonano le campane per eccitare il popolo alle Preghiere. 2. Il suono delle campane in tal caso particolarmente esercita il vero suo uso, che è di avvisare il popolo: avvisa gli abitanti, o dei luoghi baffi, o chiusi nelle loro case, spezialmente di notte, che si avvicina un temporale, onde possano prender le loro misure, per portar al coperto della roba che fosse esposta, meglio chiudere le fineste, munirsi in fatti contro i danni della sorpresa. 3. Tanto rumore di campane smorza in parte lo strepito, e toglie al senso il tumulto del temporale. 4. Porta qualche parte di coraggio, e di conforto con una spezie di compagnia, facendo tacitamente conoscere, che vi sono persone in moto, e pronte al soccorso; ed în oltre il rimbombo stordisce gli animi, come le trombe, i corni i tamburi, ed altri stromenti militari ne’ giorni delle battaglie scemano la trepidazione de’ poveri soldati.

    Se poi il suono delle campane attirasse nel campanile tutte quelle saette che fossero per cadere nelle case della contrada, e del vicinato, questo sarebbe un altro reale vantaggio; ma il fatto è, che quest’uso uccide ogni anno molti suonatori di campane. Per evitare il pericolo si deve praticare il rimedio suggerito dalla Providenza, di applicare ai Campanili un Conduttore Elettrico
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