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Saggio meteorologico/Parte prima/02

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Parte prima - II - Dell'azione del Sole per via del lume e del calore

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Parte prima - II - Dell'azione del Sole per via del lume e del calore
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ARTICOLO II.

Dell’azione del Sole per via del Lume e del Calore; dei vari gradi di Calore nelle varie stagioni, varie ore del giorno, ec.

C
Hiamasi una Causa Fisica, quando, certa è la causa, certo l’effetto, ma non è chiaro il modo, con cui la causa opera l’effetto (Wolfio Fisica Cap. I.). Causa Meccanica poi si dice, quando è chiaro il modo, con cui la cagione produce l’effetto, come nell’Impulso, e nella Trazione. Gli Astri, particolarmente il Sole, e la Luna fanno impressione sopra i corpi sublunari in ambedue questi modi; che perciò. noi distingueremo, riferendo alla causa Fisica l’azione del Lume, e del Calore, compresi altri effluvj che dagli Astri potessero emanare in terra; e alla causa Meccanica la Gravitazione, sia questo effetto d’Impulso, o di Attrazione. E prima parleremo del Calore del Sole, come di causa, la più generale, e la più feconda nelle mutazioni dell’aria. Prima poi di parlare degli effetti del Calore del Sole, non sarà inutile dir una parola della quantità, o misura del Calor Solare, che tanto varia da una stagione all’altra, e da un’ora all’altra.

La proporzione del calore che proviene dal Sole in un dato tempo, sopra un dato luogo, dipende da varj principj, o elementi; e prima dalla direzione più, o meno obliqua de’ raggi solari; poichè si sa dalla Meccanica, che un impulso imprime tutta la sua forza, quando cade perpendicolare; e che questa forza è scemata tanto più, quanto più il colpo cade obliquo. Ma in oltre nell’obliqua incidenza de’ raggi solari v’è un’altra cagione, che ne diminuisce la forza; poichè non sono essi corpi semplici, ma come tanti fascetti di fili paralleli, i quali perciò urtando seguono la legge de’ fluidi; e ne nasce questo effetto, che posta una medesima superficie obliqua, questa ne riceve in minor numero di quello che facesse espofta a’ medesimi a perpendicolo; in ragione del Seno totale al Seno dell’angolo d’incidenza; e perciò la diminuzione di forza ne’ raggi per queste due cagioni, dell’obliquità, e della rarità, cresce in ragion doppia.

In terzo luogo il più lungo tratto d’aria, che la luce deve traversare, quando il Sole è basso, come in Inverno, intercetta molti raggi, e n’estingue la forza, il che è cagione che si può mirare il Sole all’orizzonte senza che l’occhio ne resti offeso. Il Sig. Bouguer (Mem. Acad. Reg. Paris. 1726.) fa la luce della Luna che tramonta quattrocento volte più debole, che all’altezza di 66 gradi: e sebbene faccia la luce del Solstizio d’Inverno due terzi solamente di quella d’Estate; non ci sarà errore nel supporre scemato per tal conto il calore de’ raggi d’Inverno della metà di quello d’Estate. [p. 9 modifica]

In quarto luogo è da conwiderarsi, che il Sole la State dimora sopra l’orizzonte in questo Clima in circa 16 ore, vale a dire il doppio, che ne’ giorni d’Inverno; ed inoltre passa il doppio più alto; che vuol dire con doppia forza quasi per tutto il detto spazio di tempo.

Con questi principj il Sig. di Mairan (Acad. Reg. 1719.) calcolò la proporzione del calore estivo a quello d’Inverno per il nostro Clima: il suo calcolo è semplicissimo:

1. L’altezza del Sole nel Verno a quella d’Estate è meno del terzo: per esempio a Padova quella è di gradi 21, questa di 68 incirca. I Seni di questi angoli sono appresso poco come 3:9, o sia come 1:3. Facendo dunque i quadrati, conforme a quello si è detto nella nota qui sopra, sarà il calore dell’Inverno a quello dell’Estate, come 1:9. considerando solamente l’obliquità de’ raggi.

2. I Raggi medesimi dovendo nel Verno traversare uno spazio d’Atmosfera almeno doppio, restano intercetti mezzi; e resterà il calore del Verno la metà minore, cioè come 1:18.

3. Il Giorno solstiziale d’Estate è doppio di quello dell’Inverno. Dunque il calore d’Estate cresce ancora del doppio sopra quello del Verno; onde si ridurrà questo a quello come 1:36.

4. Ma inoltre il Sole del giorno Estivo marcia del doppio più alto; dunque quel calore, che già sarebbe doppio per la doppia durata, se anche il Sole passasse basso, sarà doppio del doppio, passando alto: e sarà in fine ridotto il calor del Verno a quello d’Estate, come 1:72. Fatte dal Sig. di Mairan alcune picciole detrazioni, ristringe questa propozione a 1:66.

Ma si osservi bene, che ciò procede solamente considerando la situazione, e l’azione del Sole. Attualmente questa proporzione col Termometro del Sig. Amontons, la cui scala è la più atta a manifestare essa proporzione, non si trova a Parigi che di ; a Padova poi, per le osservazioni del Sig. M.e Poleni di , perchè teneva il suo Termometro in Camera, possiamo supporre di 47:53. Questa apparente discrepanza si concilierà benissimo col supporre una cosa ben fondata, ed è questa; che si conserva in terra in tutte le stagioni un grado di calore costante, e permanente (per esempio di gradi 47, che sussistono anche nell’Inverno) sia questo prodotto dal moto dell’etere, o per le fermentazioni terrestri; o per l’esalazioni d’un fuoco centrale, o per un cumulo di calore solare raccolto da secoli, ed assorbito dal corpo della Terra esposta continuamente all’azione del Sole. Questo fondo di calore costante aggiunto all’uno, e all’altro termine della ragione data dal calcolo 1:66, renderà la proporzione 47:53 data dal Termometro1

Il celebre Hallejo ha dato una Tavola dei gradi di calore nelle varie [p. 10 modifica]stagioni, e per li varj climi, o gradi di latitudine Geografica: qual Tavola io non pongo qui, perchè è fallace a cagione del falso assunto dell’ Hallejo, che suppone la forza de’ raggi obliqui in ragione semplice dei Seni d’incidenza, quando, come s’è veduto, è doppia. Molto più sottilmente ha fatto questo calcolo il dotto P. Belgrado nella sua Dissertazione Del senso del caldo e del freddo.

Piuttosto è da levare un’altra difficoltà, che si presenta. Poichè secondo questi computi il massimo calore del giorno dovrebbe farsi sentire nel meriggio, quando il Sole è al colmo del suo cerchio diurno; nella state poi il dì del Solstizio, essendo allora il Sole prossimo al nostro Zenit. E pure ordinariamente il più gran bollore del giorno si prova due in tre ore dopo mezzodì; nella state dopo la metà di Luglio verso i primi di Agosto.

Ma anche qui si deve considerare oltre il Sole che riscalda, la terra che riceve il calore. Il calore non è come l’onda del fiume che scorre e passa: si addensa, si accumula nei corpi, e tanto più, quanto sono più densi, e vi si mantiene qualche tempo; che vuol dire il calore precedente si accoppia col conseguente, e perciò il caldo va crescendo fino ad un dato segno; non sempre, altrimenti il maggior caldo si farebbe sentire la sera al tramontare del Sole.

Bisogna distinguere due parti, o due serie di gradi nel calore: una che seguita l’andamento delle altezze giornaliere del Sole, e questa è una serie, i cui termini vanno crescendo fino alla massima altezza che è nel mezzodì, e poi scemando fino alla sera con egual passo. L’altra serie è dei gradi di calore aggiunto dalle ore precedenti.

Questa seconda serie, sebbene debba aver un massimo anche essa, deve però procedere un poco diversamente; prima perchè comincia qualche ora dopo il nascer del Sole; atteso che il tenue caldo delle prime ore si consuma, per così dire, a distruggere il freddo della notte precedente: poi perchè la ragione tra i termini di questa serie non sarà la stessa, che quella della prima; e quindi il massimo termine della seconda non coinciderà nell’ora del massimo termine dell’altra.

Non deve poi sempre crescere l’aggiunta; poichè se i corpi ritengono per qualche tempo il calore, cominciano anche a perderlo; e perchè il Sole muta direzione rispetto alla loro superfizie, e col farsi più obliquo sottragge il calore, è perchè sopravvengono a poco a poco le ombre, le quali privano affatto è corpi di calor nuovo, anzi raffreddandosi l’ambien[p. 11 modifica]te, comincia ad esalare il già concepito. Dunque se bene la sera debba aver più caldo, che la mattina, non ostante non può esser il massimo.

Come il grado massimo del caldo, risultante dall’unione dell’una e dell’altra serie, cada due in tre ore dopo mezzodi, si può vedere in grazia di esempio, sommando per ordine i termini di queste due serie, adattate su i fondamenti precedenti alle ore della mattina, e della sera.

Ore 
I. II. III. IV. V. VI. I. II. III. IV. V. VI.
Gradi del Calor assoluto. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 5. 4. 3. 2. 1. 0.
Gradi del Calor aggiunto. 0. 0. 1. 3. 5. 7. 9. 11. 9. 7 5. 3.
Calor effettivo. 1. 2. 4. 7. 10. 13. 14. 15. 12. 9. 6. 3.

Si vede in questo esempio, come il calore possa crescer nelle ore dopo mezzodi, ed il massimo cascare due ore dopo.

Non è così del calore scemato o negativo, o sia del freddo della notte. Il sommo grado del freddo si fa sentire non solo passata la mezza notte, ma la mattina mezz’ora in circa dopo il levare del Sole; e così deve essere. La ragion è, che il freddo tutta la notte cresce, niuna causa essendovi che lo diminuisca: e sebbene verso il nascer del Sole, e nell’Aurora, i raggi del Sole comincino a riscaldar l’aria, questo è nella regione superiore dell’Atmosfera, non presso terra, dove anzi deve aumentarsi il freddo per li vapori umidi e freddi, che cadono dall’aria alta già diradata; e quindi nasce quel fresco che ognuno può provare uscendo di casa, o viaggiando, verso il nascer del Sole.

Con questa discesa di vapori l’acuto P. Cabeo spiega ingegnosamente un fenomeno curioso e certissimo, potendosi osservare da ognuno che viaggi di notte. Questo è, che nelle notti senza Luna, alla sera dopo il crepusculo, e la mattina avanti l’aurora si fanno le tenebre assai più dense, e l’aria più oscura, che nella mezza notte: ciò proviene dalla discefa, e dalla condensazione de’ vapori. Per simile ragione, negli Ecclissi Lunari, si scorge la Luna più oscura verso i margini che nel mezzo.

Pongo qui una Tavoletta, composta dal Dottor Chiminello colle proprie osservazioni, che esprime la temperatura media per tutte le 24 ore del giorno; la qual Tavola può servire a’ Fisici per moltissimi usi; e dimostra le cose qui avanzate circa l’andamento del calore, e mille curiose considerazioni. Si noti ch’è presa nel progresso della stagione; perciò le ore del maggior freddo pajono un poco anticipate. Nella Meteorologia applicata (presso Storti 1775.) ho dato il Calendario Termometrico che si potrà consultare, per veder l’andamento del calore in tutto il corso dell’anno. [p. 12 modifica]Gradi del Termometro, o andamento del caldo, per le 24 ore del giorno, nel 1778.

Ore della mattina, o dopo mezza notte.
Ore. Inverno. Primav. Estate.
Ore della Sera, o dopo Mezzodì.
Ore. Inverno. Primav. Estate.
I 2,47 10,13 17,93 I 4,44 13,49 24,40
II 2,44 9,87 17,55 II 4,56 13,71 24,49
III 2,26 9,68 17,21 III 4,53 13,82 24,65
IV 2,21 9,40 16,92 IV 4,25 13,89 24,57
V 1,94 9,18 17,31 V 3,93 13,63 23,74
VI 1,86 9,39 18,48 VI 3,67 13,09 22,55
VII 1,73 9,96 19,98 VII 3,41 22,60 22,03
VIII 1,91 10,79 20,88 VIII 3,17 12,03 21,22
IX 2,31 11,64 22,50 IX 3,03 11,51 19,28
X 2,97 12,27 23,10 X 2,90 11,13 19,13
XI 3,62 12,68 23,58 XI 2,77 10,79 18,64
XII 4,07 13,12 24,02 XII 2,67 10,54 18,31
Somme — 397,36 = 11,04 456,57 = 12,74

Risulta il caldo delle ore pomeridiane sensibilmente maggiore di quello delle ore della mattina: infatti in queste si trova l’ora del sommo freddo, in quelle l’ora del maggior caldo.

Nel modo con cui si è spiegato l’andamento del caldo diurno, si congettura appresso poco il tempo del caldo massimo nella State, che deve succedere molti giorni dopo il solstizio. Passato l’Equinozio di Primavera, fannosi i giorni più lunghi delle notti, sempre più avanzando verso il soltizio: sicchè la notte più breve togliendo sempre meno di caldo di quello, che aggiunga di più il più lungo giorno, è manifesto, che la somma deve andare crescendo. E sebbene dopo il Solstizio cominciano a calare i giorni, e crescer le notti retrogradando, questo non fa se non che si aggiunga meno; ma si va tuttavia aggiungendo qualche grado di calore alla somma precedente. Questa aggiunta poi deve aver un termine massimo, come si è detto del caldo diurno; e finalmente dev’andare scemando, come di fatto si prova per esperienza; mentre i gran bollori della State si provano in circa 40 giorni dopo il solstizio verso il fine di Luglio, come per la stessa ragione il freddo suol infierire alla metà di Gennajo, o dopo. E si può osservare in passando, che 45 giorni in circa di ritardo, tanto per il caldo, come per il freddo, formano l’ottava parte dell’anno; come tre ore che ritarda il gran caldo dopo il mezzodì sono l’ottava parte del giorno naturale.

Quindi si può giustificare la divisione delle quattro Stagioni per li dodici mesi dell’anno, che a prima vista sembrerebbe mal disposta, ponendosi il principio per esempio della State, al punto, in cui rapporto al Sole, il calore dovrebbe essere al suo colmo, o sia nel mezzo della stagione; lo stesso potendosi dire del Verno. Ma considerando, che il gran caldo, ed il gran freddo, cade 40 giorni in circa dopo i Solstizj, si vede che [p. 13 modifica]quanto all’effetto le due stagioni estreme non sono mal disposte. Non ostante, se per evitare ancora la spezzatura de’ mesi, si volesse cominciare la State dal principio di Giugno, il Verno dal principio di Decembre, non avrei difficoltà di accordare, che questo fosse più congruente. Poichè allora il colmo, ed il mezzo della State cadrebbe nel suo vero sito alla metà di Luglio, il colmo dell’Inverno alla metà di Gennajo. L’Estate avrebbe i suoi tre mesi caldi, Giugno, Luglio, ed Agosto; l’Inverno i suoi tre mesi veramente freddi, Decembre, Gennajo, Febbrajo; le stagioni medie, ciascuna i suoi tre mesi temperati; la Primavera Marzo, Aprile, Maggio; l’Autunno Settembre, Ottobre, Novembre.

Nel mio Discorso (Giorn. Astrometeorol. 1778) ho mostrato doversi suddividere le dette quattro stagioni in otto, di 45 giorni incirca ciascuna: e i loro principj sono marcati da punti fisici nella temperatura, indicata dal Calendario Termometrico (Meteorologia applicata all’Agricoltura presso Storti, in Venezia 1775): la metà dell’Inverno dal sommo freddo dopo la metà di Gennajo; la metà dell’Estate dal sommo caldo dopo la metà di Luglio; la metà delle due Stagioni medie dal grado del temperato, che cade nel passaggio del freddo al caldo sulla fine d’Aprile; dal caldo al freddo agli ultimi di Ottobre. Ho mostrato pure che la stagione, in questi otto termini, colle nuove e piene Lune, prende una certa indole, serena, piovosa, ec. che dura per sei settimane incirca; e le Osservazioni pienamente il confermano.

Passiamo ormai a considerare alcuni effetti del calore Solare, poichè il descriverli tutti sarebbe lo stesso che voler descrivere tutte le produzioni della natura. Io non so, se mancando, ed estinguendosi il Sole resterebbe più alcun vestigio di vita, e di moto sulla terra; dal vedere il torpore dei Climi glaciali solamente per l’obliquo sguardo del Sole, sarebbe da sospettarsi, che per la totale absenza del medesimo divenisse la terra un caos informe, come secondo che sognò il Wiston, già fu avanti l’Opera dei sei giorni della Creazione, cioè come una Cometa proveniente dagl’intermondj di sopra Saturno. Certo questo immenso globo igneo, posto al centro del Sistema, sembra il fonte vitale, il motore, l’animatore della terra, e degli altri Pianeti tutti.

Il Sole circolando giornalmente intorno la Terra, conduce seco un emisfero di lume, e di calore con un gran promontorio di aria rarefatta (donde il vento orientale perpetuo della Zona torrida), il qual calore, e lume desta nei vegetabili, negli animali, ed anche nei corpi inanimati una certa agitazione, e vibrazione, un nuovo senso di vita. Lasciamo a’ Poeti la descrizione dell’Aurora, i saluti degli Augelli, le rose, ec. Gli animali, e gli Uomini meno alterati dal costume, che sentono, e secondano i moti della natura, allo spuntare del giorno destati ad operare, sono impazienti del letto, e del riposo, mentre gli Uomini du bel air dormono i sonni inquieti, e turbati per le vibrazioni dei dardi luminosi del giorno, le quali per via dell’aria più agitata penetrano anche nel fondo delle Alcove. Ho veduto de’ veri ciechi discernere, per la diversa impressione, l’aurora, il sereno, il nuvolo. [p. 14 modifica]

La luce, fuoco, o urto, vibrata con incredibile celerità, comunque d’infinita sottigliezza è atta a destar il fuoco, e molto più a scuotere, ed agitare i corpi spezialmente delicati, e deboli degl’infermi: anche i sani, e robusti ne soffrono, poichè i più indurati contadini se si arrischiano a dormire col capo scoperto al Sole, non solo contraggono insiammazioni resipolose alla cute, ma in oltre orribili dolori di capo, stupori, deliqui, delirj; il qual colpo di Sole da’ rustici nostri vien detto Solana. Nello Stato di Milano sono i contadini infestati da una malattia cutanea a guisa di lepra detta pelagra, che viene attribuita all’insolazione. E riferisce il Derham nella Teologia Fifica, che nel giorno 8 di Luglio 1707 in una Provincia d’Inghilterra vi fu un ardore di Sole così intenso, e bollore tale, che molti mietitori, e fino i buoi, e i giumenti morirono ne’ campi. E li 30 Luglio 1705, a Montpellier, per un calore estraordinario si ruppero i Termometri d’Aubin; l’aria divenne infocata come quella delle fornaci; fi cossero delle uova al Sole, le vigne restarono brugiate. E nella China, a Peking, l’anno 1743, dai 14 fino a’ 25 Luglio morirono undeci mille persone della plebe nelle strade per il caldo intollerabile, essendo ftato di gradi , vale a dire, 3 gradi sopra il calor naturale degli animali, in cui dunque l’uomo non può vivere lungamente.

Strani talora sono gli effetti che nascono in tempo delle Eclissi Solari, o sia per l’improvvisa mancanza di luce, o che la luce contragga qualche rea qualità per il contagio, e per gli effluvj del corpo lunare. Due casi insigni adduce il P. Belgrado nella sua Dissertazione dell’Influsso degli Astri; e poichè fa a proposito, giova qui recare per esteso l’intiero passo di questo elegante Scrittore.

La forza riscaldatrice del Sole si fa sentire non solo pei raggi diretti, ancor pe’ riflessi; non solo ne’ giorni chiari, ma ancora ne torbidi e foschi, avvegnachè inegualmente. Questa promove il succo, e l’alimento nelle trachee più sottili de’ vegetabili, e delle piante: questa s’insinua ne’ seni più cupi de’ monti, e vi perfeziona i metalli: questa conforta colla sua presenza gl’infermi, e partendo li rattrista. Questo fuoco è la Sorgente della vita, dello Spirito, della forza, e conseguentemente della sanità negli animali, che per i pori de’ loro corpi ne ricevono secreti influssi, sovente involti tra l’aere, che quasi di corteccia loro serve. Non v’ha chi non s’avvegga, che ne’ giorni puri le fibre son più rigide, e tese, i polsi più forti, e robusti, e tutta l’economia animale più sostenuta, come l’esperienza c’insegna. Nelle grandi ecclissi Solari son varie volte avvenuti deliquj, accidenti, che sembrarono fatali, e funesti. Un valente letterato mi disse, che ritrovavasi nel giorno di una celebre ecclissi dell’anno 1715. li 3. Maggio in Venezia nella gran sala del Palazzo pubblico, che chiamasi dello Scrutinio, ove era allora raunata gran quantità di Nobili, di Causidici, di Briganti, e Clienti; alcuni de’ quali verso il punto della massima oscurità, non solamente rimasero stupidi, e quasi storditi, ma ancora tramortirono, e venner meno. Nell’ecclissi dell’anno 1706 12 Maggio il Chiarissimo Vallisnieri, che era allora convalescente in Padova provò una maggior languidezza del solito, con certi tremori inusitati del corpo. Anche il Ramazzini aveva osservato in tal tempo ai polsi degl’infermi de’ moti irregolari, e [p. 15 modifica]confusi. Lo flesso asseriva d’aver sofferto nel capo, dove era sovente infestato dall’emicrania, un’afflizione, e un tormento maggiore. Il Signor Santuliana, che era allora col Vallisnieri, provò in quella torbida € funesta luce qualche infoscamento di vista, ed una certa confusione come forastiera negli spiriti: il che pensò procedere dal mancamento de’ raggi Solari, che vivificano il nostro corpo, o da una certa confusa alterazione dell’aria che sentono i nostri fluidi, e segnatamente que’ corpi egri, e languenti, ne’ quali qualche principio attivo del sangue si trova senza il dovuto freno, non avendo la massa degli umori questa necessaria armonia, nè quel conveniente equilibrio, quella proporzione, ed intreccio, o combaciamento di particelle, nè quella forza energetica, che si ricerca ad ogn’esterno, e molesto influsso. Osservò un altro fenomeno il Vallisnieri, che mostra rendere al mondo un non so che di più funesto la privazion della luce nell’ecclissi, di quello faccia la privazion della stessa nelle ore notturne. Era egli nella villereccia sua casa; cinto d’intorno d’una verde, e riden= te campagna: cantavano gli uccelli, e le rane, e i grilli, e gli altri animali assordavano l’aria colle solite loro strida; quando sopravvenendo all’improvviso le tenebre, attoniti, e quasi storditi ammutolirono affatto, in guisa che in ogni lato v’era un alto, e tristo silenzio, che non ebbe fine, se non al nuovo folgoreggiare de’ raggi solari, i quali tornarono a vivificar il mondo, a risvegliare gli uccelli al canto, e a render il primo sembiante all’intristita natura.

IL Mead nel suo libretto de Imperio Solis et Lunae descrive la medesima Ecclisse veduta a Venezia 3 Maggio 1715 che fu totale a Londra per più di tre minuti, descrive, dico, anche esso il silenzio e la costernazione dì tutta quella gran Città, il silenzio e il pavore degli animali; il tripudio, l’allegrezza, le grida quando tornò lo splendore al Sole, quasi fosse risuscitato il mondo. Adduce lo stesso dal Bellonio un altro esempio rimarcabile di una Dama inferma, per la quale mentre consultavano i medici, sopravvenne un’Ecclissi di Sole: partono i medici dall’ammalata per vedere il Cielo, senza prevedere, nè sospettare quello che arrivò; nell’atto che il Sole si oscurava, vengono chiamati in fretta, perchè l’inferma tramortiva; stupirono poi tutti, che non ritornò in se stessa, se non col ritornare il lume del Sole. Vedremo dopo altri effetti simili dell’Ecclissi di Luna.

Passiamo. ad altri effetti del Calore solare. Il Sig. Bouguer trovò, che il calor del Sole nella Zona torrida produce ne’ metalli un’estensione più grande, che l’acqua bollente, la quale pur distrugge in un momento l’organizzazione de’ corpi animati, e di tanto eccede il calore del lume solare. Esaminando poi la dilatazione di un pavimento di mattoni in un cortile, trovò che per 33 piedi si faceva un aumento di una linea per il calore della State. (Accad. Reg. 1745) E quali enormi variazioni devono soffrire gli edifizj, spezialmente isolati, non solo dall’Inverno all’Estate, ma dal giorno alla notte? E non deve la crosta della terra soffrire, per tale alternativa, una perpetua sistole e diasiole, con notabilisima differenza di effluvj? Ma quanto maggiore ancora, i fluidi ed i solidi dei vegetabili, e degli animali, che sono anche più mobili, e particolarmente l’aria, fluido il più suscettibile di dilatazione, e perciò di diradazione e leggierezza?

Il Montanari nel libro citato, ed altri dopo di lui, propongono un gio[p. 16 modifica]co, che molto spiega gli effetti varj provenienti da questa alternativa di condensazione, e rarefazione dell’aria, per il freddo della notte, e caldo del giorno. In vaso ripieno d’acqua sieno poste alcune pallottole, o figurine di vetro, con un pertugio interno che contenga più o meno d’aria, simili ai così detti Diavoli Cartesiani, sicchè la gravità specifica del totale poco differisca da quella dell’acqua. Queste figurine esposte nel giorno. al Sole verranno a gala, perchè l’aria rinchiusa rarefacendosi col caldo, rende più leggiera tutta la mole; all’opposto col freddo della notte discenderanno al fondo. Si consideri l’operazione del Sole sopra i fluidi e solidi, che tutti contengono parte d’aria, e si rifletta, quanta differenza del loro stato ci debba esser dal giorno alla notte. Si danno dei Termometri così sensibili, che all’entrare d’una persona nella stanza, dove sono posti, col solo alito d’essa si muovono per molti gradi. E non deve nascer un non so qual moto simile nelle macchine idrauliche degli animali, spezialmente nei fluidi di persone tenere, deboli, ed inferme, col variarsi il caldo dell’atmosfera nelle varie ore, e nelle varie stagioni? Le piante istesse risentono queste differenze; e quindi colle foglie e col fusto voltano verlo il Sole, e con esso girano non solo i girasoli, le malve, ma moltissime altre erbe2. Di qua nasce l’estensione maggiore negli anelli annui de’ tronchi, de’ rami delle piante, verso quella plaga, che riguarda il Sole, o il mezzodì. Ed il Cavalier Linneo (Philos. Botan. P. 271 propone come fattibile una spezie di Cronaca degl’Inverni più aspri, o più dolci, per via degli anelli, spezialmente della quercia, più angusti, o più larghi, secondo il grado del freddo.

Quindi da una stagione all’altra tutta cambiata si vede la faccia della matura; perchè il Sole col suo moto obliquo, coll’alzarsi e abbassarsi sopra un clima porta seco tutto il circolo delle generazioni in un anno; mentre sta lontano sottraendo il calore nel modo sopra (piegato, tutto resta condensato, e costipato, e cessa ogni sensibile vegetazione; ma alzandosi col caldo promove gli umori, e i succhi, ravviva, nutrisce, aumenta, matura ogni spezie di piante, e di frutti. Ognuno dei dodici mesi dell’anno, per un grado preciso di caldo, si vede partorire qualche pianta, qualche fiore, qualche frutto, e spesso qualche animale proprio di quel mese. Poichè siccome il fiorir di certe piante ricorre con regola dentro una settimana di un’appropriata stagione, sicchè come riflette il Sig. Linneo, il fiorir delle piante potrebbe servire per una spezie di Calendario, anzi di Orologio per via del loro sonno, e delle loro vigilie3; così tra’ pesci, volatili, qua[p. 17 modifica]drupedi, ed altri animali, ogni specie ha un certo mese per generare, siccome per far i suoi passaggi ec. Lascio le proprietà, che le sostanze, ed i succhi degli animali, e delle piante, acquistano particolarmente in questi tempi, le uova de’ pesci per esempio diventando venefiche, ed altri oggetti, che molto importa d’osservare alla medicina.

Quello, che più fa al proposito nostro, è, che ogni stagione per un corrispondente grado di calore, si trova disposta a produrre meteore sue proprie: per esempio nel verno, proprio essendo del freddo il condensare, regneranno le meteore acquose risultanti dalla condensazione de’ vapori, caligini, nebbie, nuvole, pioggie, brine, brume, nevi, geli: all’opposto nell’estate co’ vapori umidi, dall’ardore del Sole venendo esaltate esalazioni secche e minerali, regnar dovranno le meteore ignee; nelle medie stagioni le procelle, ed i venti, per lo sbilancio ed inegualità di caldo, e di freddo. Così, secondo i climi, e la situazione de’ luoghi si troverà qualche vento anniversario, e quasi fisso ad un mese; due esempj serviranno per molti.

Notissima è l’alternativa de’ Venti di Navigazione, dentro, e presso la Zona torrida. In poche parole l’Istoria è questa raccolta dalla diligenza [p. 18 modifica]di Hallejo l’Astronomo Trans. 1686 n. 283. Quando il Sole dall’Equatore comincia a declinare verso il Tropico del Cancro, il vento di Levante nei mari di qua dall’Equatore. viene generalmente dal Levante vero, o Equinoziale; ma nei mari di là dall’Equatore, dal Levante d’Inverno. All’opposto quando il Sole passa nei segni Australi, nei mari Australi il Vento spira dal Levante Equinoziale, nei mari di qua dalla Linea, dal Levante estivo, o sia di verso Greco.

La ragione di questa permutazione sarà evidente, considerando la diversa declinazione del Sole. Prima di tutto, come si accennò qui sopra, il Vento perpetuo della Zona Torrida da qualche plaga dell’Oriente, nasce perchè il Sole sempre imminente e verticale a qualche luogo della Zona medesima, riscalda una gran massa d’aria che vi è sotto, la quale perciò, o diventi più rara e leggiera, o più elastica, questo effetto avanzando col Sole verso Ponente, deve cagionare una corrente d’aria verso quella parte. Ma nello stesso tempo deve farsi un flusso d’aria d’incontro i Poli per la diversa azione del calore in distanza del Sole diretto; e componendosi in fine due direzioni nascerà un vento medio più o meno obliquo, secondo il sito, e la distanza del luogo dall’Equatore di qua, o di là, avendo riguardo insieme alla declinazione del Sole. Quindi la Mozione (così si chiama questo Vento dagli Olandesi) dovrà cambiarsi da un Equinozio all’altro, e secondo il sito de’ mari di qua e di là dalla Linea, esser qui di Levante, là di Scilocco, colà di Greco.

Osservabile è il fenomeno del vento nelle cave delle miniere, riferito da Giorgio Agricola Lib. 5, € da altri osservatori. Scavandosi le miniere, oltre le strade orizzontali, sono costretti i minatori di scavare di tratto in tratto dei pozzi verticali, per cambiare e ventilare l’aria, come di fatto succede, generandosi un vento molto sensibile. Ma il curioso è, che questo vento nei mesi dell’Inverno, cioè dopo l’Equinozio di Autunno fin dopo l’Equinozio di Primavera, entra sempre per le strade orizzontali, ed esce per li pozzi verticali. Dopo l’Equinozio di Primavera per tutta la State, il vento prende una direzione opposta, scendendo giù per li pozzi verticali, ed uscendo per le bocche orizzontali, con egual impeto. Intorno gli Equinozj, o il vento cessa, quasi equilibrato da una parte e dall’altra, o varia di ora in ora, or ascendendo, or discendendo, onde i Minatori lo chiamano Vento Folletto. Anche di questo fenomeno la cagione sembra manifesta: perchè l’aria interna delle Grotte ne!l’Inverno è più calda, e meno densa dell’aria esterna; più fredda e più grave nella State: in particolare poi nell’Inverno l’aria bassa delle Valli è più fredda dell’aria superiore; perciò deve entrare per le bocche orizzontali: all’opposto nella state, pel calore assorbito dal terreno, per tante riflessioni di luce, per tanti aliti caldi, l’aria bassa è più calda, e perciò più leggiera dell’aria interna delle Grotte, e anche dell’esterna più alta: perciò il corso del vento deve cambiarsi ed entrare per li pozzi, quando nell’Inverno entrava per le bocche basse. Che poi l’aria più bassa dell’Atmosfera sia più fredda nel Verno, più calda nell’Estate dell’aria alta; indizio, ed effetto pare che sia il generarsi nell’Estate nella regione supe[p. 19 modifica]riore dell’Atmosfera il forte ghiaccio della grandine, nell’Inverno nella regione più bassa la neve.

Ma basti il fin qui detto intorno alla causa generate delle meteore, ed altre impressioni, dipendente dal lume e dal calore del Sole. Veramente questa causa direttamente produce e governa le stagioni periodiche, e stabilmente ricorrenti. Non ostante molto influir deve anche sulle stagioni varianti, sulle meteore, e mutazioni del Cielo, in quanto prima fornisce loro la materia, e poi le modifica quanto alla spezie, ed ai gradi di veemenza, di estensione, e di durata. Passiamo a ragionare della seconda causa, che è il Moto.

Note

  1. Colla soluzione d’una semplicissima equazione si determina questo grado di calore costante, come a Padova. Si faccia
    risulterà , il qual numero aggiunto ai due termini 66:1. si averà , ch’è Ia proporzione di calore dall’Estate al Verno data. dall’osservazione.
    Oppure più brevemente si faccia, come 65:1 così 6 (differenza tra il caldo d’ Estate e il calda del Verno): . Onde il calar costante resterà .
    Il Sig. di Mairan, nella seconda Edizione 1765. ha modificato un poco questi elementi, con che ottenne la proporzione del caldo d’Estate a quello d’Inverno, come 16:1. Diversa pure fa la proporzione de’ due caldi attuali, segnati dal Termometro, 32:31; ma tutto ciò non cambia il fondo di questi computi.
  2. All’opposto le piante, e l’erbe, tenute coperte, e chiuse, diventano Spillonate, (Etiolées come i Francesi le chiamano) scolorate, bislunghe, sottili, ammalate, degenerate; perchè prive dell’anima, della luce, e del foco. La luce probabilmente s’incorpora nei fluidi, e si fissa ne’ solidi; quindi il bel colore, e lo squisito sapore delle frutta battiste dal Sole una camicia riscaldata al Sole ristora: tanto è il valore del fuoco celeste.
  3. Osservabili sono i passi del Cavalier Linneo.
    Circa il Moto delle piante (Philosoph. Botan. pag. 88.)
    Osservano l’ora del giorno i fiori Semiflosculosi, e varj altri.
    Di notte si piega a basso la Draba, il Partenico (Foliis ovatis Crenatis), la Trientale. Si appassisce l’Impaziente (Bell’uomo), l’Amorfa.
    Si riflette la Sigesbeckia, la Triomfetta.
    Si chiudono le Sensitive, e quelle a fior di Papiglione, o a grappolo; si compone il Tamarindo.
    Di giorno tutte queste vegliano colle foglie aperte.
    Seguita il Sole la Reseda Luteola, e i fiori semiflosculosi.
    Il difetto di moto procede per ombra, o imboscamento.
    E alla pag. 270. Il vegliar delle piante succede in ore determinate del giorno, alle quali ciascun dì aprono i loro fiori, e li chiudono. Chiamansi Fiori Solari, e sono di tre fpezie. 1. Li Meteorici, i quali non osservano tanto esattamente l’ora per aprirsi, ma lo fanno più presto, o più tardi, secondo l’ombra, l’umidità, o siccità dell’aria, la pressione maggiore, o minore dell’Atmosfera. 2. I Tropici si aprono la mattina, e avanti sera si chiudono ogni giorno: ma l’ora dell’aprirsi va alta, o bassa, secondo che i giorni cresceno, o calano, osservando le ore Ebraiche, o antiche. 3. Gli Equinoziali, che osservano le ore Astronomiche, e sempre si chiudono ed aprono all’istessa ora. Notissime sono, dice, le vigilie de’ Fiori Solari, e ne dà una lunga lista colle ore. Soggiugne poi: Gli Orologi Florali devono farsi per ogni clima particolare; dopo di che, senza orologio, e senza vedere il Sole, potrà ognuno conoscere certe ore del giorno, dall’aprirsi o chiudersi i fiori, e le foglie di certe piante. Un tale Orologio si può vedere eseguito nella Villa elegantissima d’Altichiero di S. E. Sig. Angelo Quirini.
    Il simile deve dirsi de’ Calendari di Flora. Fioriscono le Piante in ogni clima un certo dì d’un dato mese. Per esempio in Upsal 1748 fiorì l’Epatica li 17 Aprile; la Fumaria li 18 ec.
    Li varj Cardi non fioriscono avanti il Solstizio.
    La Parnassia (pianta di luoghi umidi) quando fiorisce, indica la stagione di tagliare i Fieni.
    Il Colchico annunzia l’Autunno, ed il freddo.
    La Calendula Africana entra in veglia tra l’ora sesta e settima della mattina; e veglia fino all’ora quarta della sera, se fa buon tempo, (ed ecco anche de’ presagi da aggiugnere alla nostra Liata della Terza Parte): se non osserva l’ordine delle sue vigilie, se non apre i fiori all’ore sette della mattina, costantemente annunzia pioggia.
    Parimenti il Sonco se la notte si chiude, il giorno seguente per lo più farà sereno: all’opposto, se tiene la notte il fiore aperto, la seguente giornata sarà piovosa.
    La Carlina (pure mi asserifce il Sig. Pietro Arduini degnissimo nostro Professore di Agricoltura Sperimentale) quando si rompe il tempo, tiene il fior chiuso; e se l’aveva aperto, lo chiude; anche se sia in camera, anche secca.
    Il Giranio (cicuta folio acu longissima) somministra un fedelissimo Igrometro.