Seconda parte del Re Enrico VI/Atto quinto

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Atto quinto

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Atto quarto

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ATTO QUINTO


SCENA I

Un campo fra Dartford e Blackheath.

Il campo del Re da un lato, dall'altro York col suo esercito a qualche distanza.

York. Così York ritorna dalle rive d’Irlanda per rivendicare i suoi diritti, e strappare la corona dalla testa del debole Enrico. Campane, intronate da lungi le arie, fuochi d’allegrezza, brillate, e la vostra fiamma s’innalzi fino al firmamento per annunziare e accogliere il monarca legittimo dell’Inghilterra. Oh Maestà sacra chi non vorrebbe comprarti al più alto prezzo! Obbediscano coloro che non sanno comandare. Questa mano non fu fatta che per trattare uno scettro: ma non posso dare effetto alle mie parole, se essa non brandisce una spada. Uno scettro avrò se vero è ch’io possegga un’anima, e con esso distruggerò i fiordalisi di Francia (entra Buckingham). Che veggo! Buckingham viene ad infestarmi? Il re lo ha certo spedito: bisogna ch’io dissimuli.

Buck. York, se intendi al bene, io ti saluto.

York. Umfredo di Buckingham, accetto il tuo saluto. Sei tu messaggiere, o vieni di moto tuo?

Buck. Messaggiere di Enrico, nostro temuto signore, e vengo per conoscere la ragione di questo armamento: e perchè tu suddito come io, contro quanto giurasti e la tua sudditanza, raduni senza ordine del re così gran numero di soldati, e osi con un esercito avvicinarti tanto alla Corte?

York. (a parte) A stento posso frenare la mia collera! Nacqui più in alto di questo re ch’egli celebra; più che lui a un re rassomiglio ma debbo fingere e mostrarmi placido ancora per qualche giorno, fino a che Enrico sia più debole di me. — Oh! Buckingham, perdonami, se fino ad ora non ti ho risposto; la mia anima era immersa in una profonda malinconia. — Il mio Intento, conducendo questo esercito, è stato di fare espellere il superbo Sommerset, sedizioso verso il re e lo Stato.

Buck. Presuntuosa assai è la voglia tua, ma se le tue armi ad altro non tendono, il re l’ha appagata. Il duca di Sommerset è alla Torre. [p. 140 modifica]

York. Sull’onor tuo, egli è prigioniero?

Buck. Sull’onor mio, così è.

York. Dunque, Buckingham, io licenzio il mio esercito. — Soldati, vi ringrazio; disperdetevi; siate domani nel campo di San Giorgio dove riceverete il vostro stipendio ed ogni cosa che desiderate. Il mio sovrano, il virtuoso Enrico, disponga del mio figlio maggiore, anzi di tutti i figli miei: io glieli invierò tatti come pegno della mia fedeltà e del mio amore. Terre, beni, cavalli, armature, tutto quello ch’io possiedo è soggetto a’ suoi cenni, come è vero ch’io desidero che muoia Sommerset.

Buck. York, lodo questa bella sommissione: andremo insieme alla tenda di Sua Altezza. (entra il re Enrico con seguito)

Enr. Buckingham, non aveva dunque York alcun disegno di nuocerci, ch’ei vien così con te dandoti braccio?

York. In segno della sua sommissione ed umiltà, York si presenta a Vostra Altezza.

Enr. A che accennava allora quell’esercito?

York. Volli mettere un freno al traditore Sommerset, e combattere l’infame ribelle Cade, che poscia ho saputo essere stata disfatto. (entra Iden colla testa di Cade)

Iden. Se un uomo il di cui nome non ha nulla d’illustre può venire alla presenza d’un re, ecco io vi offro la testa d’un traditore, la testa di Cade che ho ucciso in duello.

Enr. La testa di Cade? Gran Dio, quanto giusto tu sei! Oh lasciatemi vedere questo volto morto, che vivo mi fe’ tanto pensare! Dimmi, amico, fosti tu che l’uccidesti?

Iden. Sì; così piaccia a Vostra Maestà.

Enr. Come ti chiami? Qual è il tuo stato?

Iden. Alessandro Iden è il mio nome; povero scudiere di Kent, che ama il suo re.

Buck. Ei dovrebbe, milord, esser creato cavaliere per sì buon servigio.

Enr. Iden, inginocchiati, e sorgi cavaliere. Noi ti diamo per ricompensa mille marchi, e vogliamo che di qui innanzi sii del nostro seguito.

Iden. Possa Iden vivere per corrispondere a tanta bontà, e non viva mai fuorchè per essere fedele al suo sovrano!

Enr. Vedi, Buckingham! Sommerset viene colla regina. Va, digli di nascondersi tosto agli occhi del duca.

(a parte; entrano la regina Margherita e Sommerset)

Mar. Per mille York ei non nasconderà il suo capo; ma audacemente gli starà innanzi, e lo affronterà. [p. 141 modifica]

York. Che veggo! Sommerset è libero? Dunque, York, sciogli il freno a’ tuoi reconditi pensieri, e fa che la tua lingua esponga i sentimenti del tuo cuore. Debb’io soffrire la vista di Sommerset? Vil re, perchè mi hai tu mancato di fede, sapendo quanto doro mi sia il tellerare gli oltraggi? Re ti chiamai io? No, tu non sei re: inetto sei a reggere i popoli, tu che punire non sai neppure un traditore. A questa tua testa non si addice una corona: la tua mano è fatta per impugnare la mazza del pellegrino, non lo scettro de’ sovrani. Quel cerchio d’oro deve cingere la mia fronte, di cui l’aggrottarsi o il diradarsi darà vita o morte come la lancia di Achille. Questa è la mano che deve trattare lo scettro, e confermare, o rivocare le leggi; cedimi il luogo! tu non tenerai più sopra colui che il Cielo volle che fosse monarca.

Somm. Oh insigne traditore! io ti arresto, York, per tradimento capitale contro il re e la corona: obbedisci, audace, e intercedi inginocchiato la tua grazia.

York. Io inginocchiarmi? Prima lascia che interroghi i miei figli per sapere da loro se permettano ch’io m’inginocchi. Amico, falli avvicinare, (esce uno del seguito) So bene che innanzi che mi lascino condurre prigione le loro spade tuteleranno la mia libertà.

Mar. Si faccia venire Clifford; e ch’ei ne dica se la schiatta bugiarda di York può servire d’ostaggio pel suo padre traditore.

York. Oh Napoletana feroce, abbominio di Napoli, flagello d’Inghilterra! I figli di York, di nascita migliore della tua, saran garanti per suo padre; e maledizione a colui che non li accettasse. (entrano Eduardo e Riccardo Plantageneto coll’esercito da un lato; dall’altro pure coll’esercito Clifford e suo figlio)

York. Vedi, essi vengono; ti do fede che sosterranno le mie parole.

Mar. E viene anche Clifford per confonderli.

Cliff. Salute e gioia al mio sovrano! (inginocchiandosi)

York. Ti ringrazio, Clifford: quali novelle? Non ci atterrire con severi sguardi: noi siamo il tuo sovrano; Clifford, inginocchiati di nuovo e ti condoniamo l’errore occorso.

Cliff.. Questi è il mio re, York, io non erro: bensì tu molto t’inganni sul mio conto, credendolo. — È egli insensato?

Enr. Sì, Clifford; una stolta ambizione lo spinge ad opporsi al suo sovrano.

Cliff. È un traditore: sia condotto alla Torre, e troncato gli venga quel capo sedizioso.

Mar. È già arrestato, ma non vuole obbedire; i suoi figli, egli dice, saranno cauzione per lui. [p. 142 modifica]

York. Non accettate, miei figli?

Ed. Sì, nobile padre, se le nostre parole a ciò valgono.

Ricc. E se non le parole, varranno le armi.

Cliff. Che! Quale stirpe di traditori è questa?

York. Contemplati nello specchio e chiama te stesso così. Io sono il tuo re e tu un perfido ribelle. Si conducano qui i miei due nobili campioni, che scuotendo le armi soltanto porranno in fuga questi codardi. Dite a Salisbury e a Warwick di venire oltre.

(suono di tamburo. Entrano Warwick e Salisbury coll’esercito)

Cliff. Son questi i campioni tuoi? Noi li uccideremo, se ardiscono sostenerti.

Ricc. Ho veduto spesso nei combattimenti cani furiosi commuoversi e mordere per di dietro l’orso incatenato; ma venuti alle prese con lui abbassavano le orecchie e latravano spaventati. Così avverrà di Clifford s’egli ardisce opporsi a noi e lottar con Warwick.

Cliff. Via di qui, mostro deforme; orrendo d’anima e di corpo!

York. Fra poco ti faremo avvampar di collera.

Cliff. Bada di non divenir vittima tu stesso della tua soverchia foga.

Enr. Perchè, Warwick, le tue ginocchia han disimparato a curvarsi? Vecchio Salisbury... vergogna a’ tuoi bianchi capelli! Insensato che guidi sulla via di perdizione il figliuol tuo! Vuoi tu sul tuo letto di morte oprar da scellerato? e cerchi i guai, allorchè mestieri non hai che di riposo? Oh! dov’è la fede? dove la lealtà? Se bandite esse sono dai capi canuti, dove troveranno un ricovero? Vuoi tu scavarti la tomba colla guerra, e bruttar di sangue la tua onorata vecchiaia? Vecchio tu sei e difetti di esperienza? O se ne hai, in tal guisa ne abusi? Rientra in te, e per vergogna, piega innanzi a me quelle ginocchia che il peso degli anni ha già fatto entrare a metà nel sepolcro.

Sal. Milord, ho esaminati i titoli di questo illustre duca, e in coscienza debbo crederlo il legittimo erede del trono d’Inghilterra.

Enr. Non hai tu giurata obbedienza a me?

Sal. Sì.

Enr. Puoi tu ritogliere al Cielo un tal giuramento?

Sal. È un gran delitto il giurare un delitto; ma più grande ancora il mantenere un voto colpevole. Qual promessa abbastanza solenne può costringere a compiere un omicidio, a derubare un amico, ad oltraggiare il pudore d’una vergine innocente, a rapire il patrimonio d’un orfano, a privare una vedova de’ suoi [p. 143 modifica]diritti, senz’altra ragione di tali opere che il vincolo d’un giuramento?

Mar. Un traditore raffinato non abbisogna di sofisti.

Enr. Chiamate Buckingham e ditegli d’armarsi.

York. Chiama Backingham e tutti i tuoi amici; son risolato di morire, o di diventar re.

Cliff. Morrai se i sogni non mentono.

War. Meglio faresti a tornar nel tuo letto per sognarvi di nuovo senza esporti ai pericoli del campo.

Cliff. Warwick, son fermo di voler sostenere una tempesta più terribile di quella che è in tuo potere di suscitare oggi; giuro di provarlo col tuo sangue se mi sarà dato nello scontro di riconoscerti.

War. Per lo stemma de’ miei padri, per l’antico scudo dei Nevil, formato di un orso che rompe i ceppi, mi farò conoscere a te, e porterò il mio pennacchio alto e superbo, come la quercia piantata sulla montagna che serba il fogliame in onta degli uragani; la sua vista ti agghiaccerà di spavento: ma le penne io strapperò dal tuo elmo sdruscito e le calpesterò con disprezzo, quale che siasi la tua spada e lo stemma tuo.

Il figlio di Clifford. All’armi, all’armi, generoso padre; atterriamo questi ribelli, e i loro complici.

Ricc. Vergogna! abbi mansuetudine: non parlare con tanto disprezzo, perchè tu andrai in cielo questa notte.

Il figlio di Clifford. Orrenda creatura, tanto non puoi predire.

Ricc. Se non in cielo, andrai certo almeno in inferno.

(escono da varie parti)


SCENA II.

Sant'Albano.

Allarme. Escursioni. Entra Warwick.

War. Clifford di Cumberlandia, è Warwick che ti chiama: e se non ti ascondi dall’orso ora che la tromba ha dato l’allarme, e le grida dei morenti riempiono l’aere, esci e combatti con me. Superbo lord, Warwick è ròco pel lungo appellarti. (entra York) Come! signore? Voi a piedi?

York. Clifford mi uccise il cavallo; ma lo vendicai, e feci dono ai corvi del bel destriero ch’egli saliva. (entra Clifford)

War. L’uno di noi, o entrambi sono alla loro ultima ora. [p. 144 modifica]

York. Fermati, Warwick, e cerca qualche altra caccia, perchè io stesso debbo condurre a morte questa fiera.

War. Combatti dunque nobilmente, York, è per una corona che combatti. Clifford, quanto è vero ch’io vincerò oggi, la mia anima si duole di lasciarti così senza battaglie. (esce)

Cliff. Che miri in me, York? Perchè ti arresti?

York. Io amerei quel tuo altero portamento se tu non mi fossi così acerbo nemico.

Cliff. E il tuo valore avrebbe la mia lode e la mia ammirazione, se tu non l’impiegassi per una causa ignobile e un tradimento.

York. Esso mi aiuti contro la tua spada come vero è che sostiene solo la giustizia e la buona causa.

Cliff. La mia anima e il mio corpo sull’onore della mia!

York. Tremenda scommessa! Pensa a sostenerla.

(combattono e Cliff. cade)


Cliff. Il fine corona le opere. (muore)

York. Così la guerra ti ha dato pace, e per sempre. — La tua anima abbia riposo se tale è il volere del Cielo!

(esce: entra il figlio di Clifford)

Cliff. Onta e disonore! Tutto è perduto. La paura crea il disordine, e il disordine toglie il senno. Oh! guerra figlia d’inferno, che il Cielo irritato usa per la sua collera, getta ne’ cuori agghiacciati de’ nostri soldati i fuochi ardenti della vendetta! Non ne lasciar fuggire un solo! L’uomo che si è veracemente consacrato alla guerra ha fatto divorzio coll’amore di sè. Chiunque ami la propria persona, ha solo per caso i segni del valore. — Oh! questo vil mondo finisca una volta (vedendo suo padre morto) e le fiamme dell’ultimo giorno confondano prima del tempo la terra e il cielo accesi insieme! Tromba universale, manda il tuo orribile squillo e fa tacere le vane querele dei mortali! Mio padre, mio sfortunato padre, eri tu dunque destinato a perdere la tua giovinezza in seno alla pace, a toccare l’età veneranda dei capelli bianchi e della prudenza, per venire alla stagione del riposo a morire inonorato in una mischia di ribelli! A questa vista il mio cuore impietrisce, e di pietra resterà finchè io vivo. York, non risparmiare i nostri vecchi, perchè io giuro che non perdonerò neppure ai lattanti. Le lagrime delle vergini stesse non faranno su di me che l’effetto della rugiada sul fuoco; e la beltà che spesso placa i tiranni infiammerà vieppiù la mia rabbia. La pietà mi sarà d’ora innanzi sconosciuta: e se mi abbatto in qualche figlio di York lo farò in brani, come Medea il giovine [p. 145 modifica]Assirto: per crudeltà vo’ divenire famoso. Rialzati tu, ruina dell’antica casa dei Clifford; (prendendo il cadavere di suo padre) come Enea fe’ col vecchio Anchise, io ti porterò sui miei omeri: ma oimè! Enea sorreggeva un corpo vivo, e lieve era il suo carico appo questo dolorosissimo mio.

(esce; entrano Riccardo Plantageneto e Sommerset combattendo; Sommerset rimane ucciso)

Ricc. Rimanti qui sotto l’insegna di questo misero albergo del castello di Sant’Albano. Sommerset muore e la sua morte fa avverare la predizione della maga. — Spada, serba la tua tempera: cuore, mantieni la tua collera; i sacerdoti pregano pei nemici, ma i principi gli uccidono.

(esce; allarme: escursioni. Entrano il re Enrico e la regina Margherita ed altri ritirandosi)

Mar. Fuggite, signore! siete troppo lento; per pietà fuggite!

Enr. Possiam noi sottrarci ai voleri del Cielo? Buona Margherita, fermati.

Mar. Di qual natura siete voi dunque? Voi non volete nè combattere nè fuggire. Ora è saviezza, virtù e coraggio il cedere il campo al nemico, e tutelarci con tutti i mezzi che ci restano, non potendo omai più che fuggire. (si ode un allarme lontano) Se voi cadete nelle loro mani siamo al termine di tutte le speranze: ma se vi sottraete ad essi, come lo possiamo, ove sia rapida la vostra fuga, andremo a Londra dove siete amato, e dove questa breccia fatta nelle nostre fortune può venire subitamente riparata.

(entra il giovine Clifford)

Cliff. Se non fosse che la mia anima confida nella vendetta avvenire, vorrei imprecare al Cielo prima che dirvi di partire: ma partire è d’uopo: un terribile sgomento regna nei nostri. Fuggite per vostra salvezza e vivremo per vedere il giorno della loro disfatta e della nostra gloria: venite, milord, venite!

(escono)


SCENA III.

I campi di Sant’Albano.

Allarme, e ritirata. Squillo di trombe; quindi entrano York, Riccardo Plantageneto, Warwick, e soldati con tamburi e bandiere.

York. Oh Salisbury! chi potrà esprimere qual fu il tuo coraggio? Tu eri simile ad un leone che nella sua collera obbliando [p. 146 modifica]le ferite di cento battaglie, e tutti gli assalti dell’età, disputa l’onore alla giovinezza e ammenda gli anni col valore. Tutta la felicità di questo bel giorno svanisce, e nulla abbiamo ottenuto so ci manca Salisbury.

Ricc. Mio nobile padre, tre volte l’ho aiutato oggi a risalire a cavallo; tre volte l’ho veduto atterrato: e ho protetta la sua caduta colle mie armi; tre volte l’ho condotto fuor della mischia esortandolo ad abbandonare il campo di battaglia, ma sempre lo trovai dove era maggiore il pericolo. La sua grand’anima nel suo corpo indebolito e esausto dall’età era simile ad un ricco drappo in un’umile capanna. Ma mirate! egli s’avanza in tutta la maestà del suo valore. (entra Salisbury)

Sal. Per la mia spada, tu hai bene combattuto oggi, Riccardo. e tutti lo abbiam fatto. Te ne ringrazio. Dio sa quanti giorni ancora mi rimangono, ed egli ha permesso che tu m’abbia sottratto oggi tre volte ad una morte sicura. Ma, signori, quello che abbiam guadagnato non è ancor nostro: non basta che i nostri nemici siano fuggiti, perocchè essi ripareranno in breve a questa sconfitta e torneranno più tremendi.

York. So che la nostra sicurezza richiede che li inseguiamo perchè mi vien detto che il re sia accorso a Londra per radunarvi il Parlamento. Andiamogli dietro prima che avvenga tale riunione; che pensa di ciò lord Warwick?

War. Seguitiamoli, o anzi raggiungiamoli se ci è dato di farlo. Per la mia fede, signori, questo fu un glorioso giorno. La battaglia di Sant’Albano vinta dal gran York vivrà eterna nei secoli avvenire. — Suonate, tamburi e trombe; a Londra, voliamo a Londra; e possa questo giorno precederne molti altri del pari fortunati.

(escono)


fine della seconda parte del re enrico vi.